Amarsi prima di essere amati. Anita guarda se stessa e alla fine… si riconosce? Eccolo il secondo Ep della giovanissima storyteller Elisabetta Arpellino, astigiana ma figlia di una canzone d’autore che ha più radici romane che altro. Apolide e liquida, sottilissima nella sua semplicità che non manca anche di soluzioni digitali pur sempre restando nella sua leggerissima quiete. Sul suo canale Instagram è uscito un video ufficiale… l’invito a seguirla visto che con lei si rinnova questa nuova scrittura italiana che sempre più spesso ricerca le radici prima ancora che il futuro.
Tornano in scena i cantastorie? Che significato attribuisci a questa parola?
Ho letto recentemente in un intervista di Daniele Silvestri che dice che è tornato a fare il cantastorie, è proprio vero che stanno tornando in scena, per me significa che all’interno della canzone si raccontano delle storie, mettere in musica delle storie che incontro per strada o che le persone mi donano.
Il suono diviene semplice. La semplicità è un punto di arrivo o di partenza?
È un punto di arrivo, fa sempre paura la semplicità perché sembra banale, oppure si tende sempre a stra fare. Ed è proprio stato questo il lavoro che abbiamo fatto io e Veronica Gori, la produttrice del mio ultimo Ep, siamo andata a lavorare per sottrazione, arrivando quindi ad un suono semplice, essenziale.
E Anita in realtà chi rappresenta?
Rappresenta tutte le donne e le ragazze che non trovano una via di fuga dal loro dolore, che ogni giorno si sentono scomparire che vogliono scomparire per non sentire più il dolore.
Oggi il tempo che viviamo, quello digitale, non ha tempo per le storie… cosa ne pensi?
Penso che di storie ci sia sempre bisogno, noi stessi siamo una bellissima storia da raccontare, ognuno con le sue fragilità e le sue qualità. Per cui non penso che non abbiamo più tempo per le storie, ma dobbiamo tornare ad emozionarci con le storie perché le storie fanno parte della nostra quotidianità.
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