Ciao! Benvenuti nel Meiweb, per i lettori che non vi conoscono: raccontateci di voi e della vostra passione per la musica?
Claudio Todesco (chitarra) – Grazie dell’accoglienza. La mia passione nasce, come spesso accade, grazie ai miei cugini più grandi che mi fecero ascoltare classici del rock come Pink Floyd e Led Zeppelin. Negli ’80 amavo i ’70 ma anche la musica che sentivo nelle radio e che rifiutavo per spirito di ribellione, ha definito la mia formazione musicale in maniera determinante. Il risultato di tutto ciò è che ora gli ’80, e soprattutto la new wave e il post-punk, sono il mio linguaggio sonoro.
Francesco Chini (voce e basso) – La nostra è una storia di ragazzi fragili e curiosi che vengono folgorati dall’ascolto di un disco e, scoperto il potere veicolante delle parole e quello della vibrazione fisica degli strumenti musicali, ne fanno il loro mezzo di trasporto nel mondo. Ai nostri occhi è una storia talmente tipica che fino a qualche anno fa ci saremmo sentiti quasi in imbarazzo a rispondere a questa domanda, dato il contesto in cui abbiamo iniziato a fare musica, che era completamente diverso da quello di oggi al punto che ci pareva che non ci fosse davvero niente di speciale nella nostra storia. Invece è interessante notare che se si pone la stessa domanda a chi inizia a fare musica oggi si possono ascoltare racconti completamente differenti, eppure mossi da una molla di urgenza di salvarsi in cui ci riconosciamo.
Leonardo Sentinelli (batteria) – Anche se quando entrai nella band avevo meno di diciotto anni, già avevo i miei ascolti e sicuramente il fatto di imparare a suonare presto il mio strumento mi ha reso curioso fin da subito. Ho capito che per mantenere viva la passione bisogna prima di tutto divertirsi e godere dei momenti mentre si suona.
Come nasce il vostro ultimo album da poco uscito? Da cosa avete tratto ispirazione?
Claudio Todesco (chitarra) – Non c’è stato un momento in cui abbiamo detto: “ora scriviamo un album!”. Da qualche anno stavamo componendo e testando alcuni dei nuovi i brani dal vivo come si faceva in era “pre-social”. Abbiamo notato che la direzione degli argomenti era la stessa, quindi abbiamo seguito questo percorso arrivando a scrivere circa 15 brani di cui poi ne sono stati selezionati 9: i più coerenti tra loro. Tenevamo molto al fatto che l’album fosse come un film senza interruzioni pubblicitarie. L’ispirazione nasce sempre in maniera istintiva durante le jam in sala prove. Registriamo tutto e poi selezioniamo i momenti migliori, li riascoltiamo e metabolizziamo. Questi ci ispirano a loro volta permettendoci di scrivere un testo con un argomento che potrebbe avere quella “colonna sonora”. Tutto deve essere fluido e coerente.
C’è un filo conduttore che lega i vostri brani?
Claudio Todesco (chitarra) – Il filo conduttore che lega i brani è senza dubbio il tema del viaggio pertanto l’album non può che svilupparsi in tappe. A titolo di esempio c’è la scoperta e lo stupore con Marco Polo in “Kublai Khan”, l’impresa dell’aviatrice Amelia Earhart che tenta di fare il giro del mondo col suo aeroplano; il brano diventa un tributo al coraggio delle donne: “Amelia”. C’è l’aspetto animalista in “Cosmorandagio” che racconta il volo nello spazio della sfortunata cagnetta sovietica Laika.
Ha ancora senso parlare di new wave oggi?
Francesco Chini (voce e basso) – Per noi rispondere a questa domanda significa per forza di cose portarla al livello immediatamente successivo, ossia: ha ancora senso, oggi, il concetto di “genere musicale” con cui siamo cresciuti? E la nostra risposta è che data l’ampiezza e il grado di contaminazione del panorama musicale attuale sarebbe molto facile rispondere di no. Forse troppo facile, in effetti. E infatti chi ascolta con curiosità un messaggio veicolato in musica finisce sempre per domandarsi da dove vengano davvero certe atmosfere, certe intuizioni, perfino certi temi. Ed è proprio nel territorio che si raggiunge ponendoci certe domande, che si recuperano l’eredità e l’attualità – in una parola, il senso – dei generi musicali per come li abbiamo conosciuti. Sono coordinate, archetipi, bussole con cui scegliere il campo comunicativo. E noi siamo assolutamente orgogliosi di scegliere ancora quello della new wave per parlare l’oggi.
Parlateci della collaborazione con Miro Sassolini.
Claudio Todesco (chitarra) – Miro Sassolini con i Diaframma ha cantato la canzone simbolo della new wave italiana: “Siberia”. Basta questo per comprendere quanto per noi fosse importante poter interagire con lui. Ma siamo andati oltre grazie a questo suo regalo. Ci ha donato la sua voce con un featuring che ha dato magia e prestigio al brano “Di Nostalgia” e pertanto all’intero l’album. Grazie Miro!
Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?
Claudio Todesco (chitarra) – Continuare a promuovere questo album dal vivo, magari con qualche tour all’estero, con il supporto, non solo tecnico ma anche umano, dell’etichetta kuTso Noise Home e l’ufficio stampa Davvero Comunicazione. Contestualmente ricominciare a scrivere nuovi brani. Risposta apparentemente scontata ma la voglia di comporre è tanta. Restate in contatto con noi sui nostri social. Grazie al MEI e a tutti i lettori.
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