Altrove la stiamo conoscendo in questo tempo in modo più approfondito, con questo singolo assai intrigante che porta come titolo “Tossica Animica”, che poi da un titolo a tutto il suo disco d’esordio che celebriamo qui con estremo piacere. Tra Italia e Sudan, dentro questa continua ricerca di individualità, personalità, di un pop colorato di vita… questa vita che Altrove ricerca e morde, che “vampirizza” nelle sue sfaccettature, nelle sue contemplazioni visto che questo disco non è solo pop ma anche poesia, parola non cantata, declamata invece, suoni altri, elettronica, industrializzazione e sospensione. C’è gusto… c’è vita…
Esordio discografico per Altrove… teatro, cinema, musica: la tua dimensione preferita?
Da quando ho scoperto l’azione salvifica dell’arte ho scoperto anche quanto abbia più a che fare con la creatività in sé che con il mezzo con cui la esprimi. E, forse per la mia storia, ho imparato fin da molto piccola che la “salvezza” va spesso cercata oltre i confini. Fin dall’inizio ho vissuto il teatro come un immenso contenitore, dove all’interno vivono immagini, suoni, corpi e che questi possono mischiarsi e creare in infinite maniere. Quindi, dopo tanto arrovellarmi, mi sono lasciata andare alla mia natura, quella che aveva un bisogno disperato di trasformare la sofferenza in qualcosa di benefico, nella molteplicità delle forme che quel bisogno richiedeva.
Cosa ti porta a fare un disco? Qual è la ragione primigenia del tutto?
La ragione primigenia è che la musica è stata la prima forma d’arte che ho amato veramente, ma anche quella che in qualche modo mi è stata proibita o mi sono auto-proibita. Era qualcosa che solo le “divinità” potevano fare, e quando ero piccola le divinità erano quelli che avevano i mezzi per studiarla. Io non li avevo. Ma stavo ore chiusa nella mia stanza di adolescente a scrivere canzoni sulla pelle della mia sgangherata chitarra. Poi sono andata a Londra, con nella testa Tracy Chapman, Ani Di Franco, Pj Harvey, Tori Amos, Leonard Cohen… amavo il cantautorato rivoluzionario anglossassone e statunitense e giravo per i locali con la mia chitarra.. poi sono successe alcune cose che hanno bloccato quel percorso… anzi lo hanno trasformato.. e tutto è diventato quell’enorme contenitore che chiamo teatro.
E quanto teatro hai portato nel disco o viceversa?
Questa è una splendida domanda! Quanto teatro… tanto! Il teatro è racconto, è parola musicale e ritmica, è corpo. Negli anni ho messo la musica a servizio del teatro, e la maggior parte degli spettacoli che ho fatto erano spettacoli musicali (nel 2012 Senza Radici vinse un concorso chiamato TAT – Talenti a Teatro e aprì la stagione del Teatro Olimpico di Roma e una delle tracce di questo disco, Radicantico era già presente nello spettacolo), in cui la musica era spesso suonata dal vivo a supporto del racconto. Ora, con questo nuovo lavoro, metto il teatro a servizio della musica. La traccia La Terra all’umano ad esempio nasce molti anni fa dalla genesi di uno spettacolo teatrale multimediale che feci ispirandomi alla mia tesi di laurea “A piedi nudi sul cemento” e a marzo 2023 (il 10 marzo al Goethe Institut di Roma) sarà nuovamente drammatizzata, all’interno di un grande progetto teatrale multimediale “Indeterminazioni poetiche. XP-PX = iħ” per la regia di Federica Altieri e la scenografia di Flavia Mastrella, dove ci saranno tra gli altri anche contributi di Antonio Rezza, artisti che adoro e stimo artisticamente e con cui sono onorata di collaborare.
Ci sembra che il disco abbia anche tanta leggerezza oltre che tanta libertà: ingredienti che tornano importanti nella vita di oggi? Cose che stiamo dimenticando?
Mi sono stupita tantissimo di questo mio lato e piacevolmente. Devo dire che la mia “vita passata” è stata caratterizzata da molta pesantezza e credo che in questa rinnovata leggerezza ci sia un po’ di saggezza trovata, questo un po’ me lo voglio riconoscere. Ho la sensazione che una delle più grandi alchimie dell’arte sia proprio quella di essere capace di tirare fuori parti di noi che non pensavamo di avere. E mentre l’arte le tira fuori, la vita imparar a metterle in pratica. Questo disco ha innescato questo processo alchemico con me ed è stato un ponte verso quella leggerezza, che chiamo saggezza e che non è costante, ma quando c’è aiuta a vivere e fa tanto bene al cuore.
E poi anche la poesia recitata su un letto di suoni quasi distopici: come nasce anche questo lato di Altrove?
Ah ecco involontariamente ne ho già parlato in una domanda precedente: nasce dal mio lato teatrale e forse dalla mia passione antica per la poesia e la letteratura. Mia mamma scriveva poesie in rima quando era giovane, le sapeva tutte a memoria e me le recitava continuamente…chissà forse mi ha influenzata. Io ricordo che ho iniziato a scrivere quelle che chiamavo poesie già dalle elementari… nel teatro ho utilizzato spesso la parola in metrica con la musica e l’anno scorso ho collaborato ad un disco jazz sperimentale, dell’Electric Ship Collective per la direzione artistica del trombettista Angelo Olivieri dove io ero la spokenwordist. Lo spoken word non è “recitazione” come intesa in maniera tradizionale… non è canto.. è più vicina alla declamazione. È qualcosa che mi è venuto naturale: ricordo che un giorno Angelo mi ha portata in studio di registrazione senza nemmeno dirmi che cosa dovessi fare, senza farmi ascoltare nulla. Poi arrivati lì mi ha detto ascolta questa musica, è dedicata alla vicenda di Jerry Masslo.. dovevo entrare 10 minuti dopo in sala rec… mi sono sentita diventare un canale ed è uscito un pezzo che io amo davvero molto di quel disco dal titolo Jerry Masslo appunto. Non sempre si crea quella magia, ma quando si crea si diventa un canale, è come se non fossi tu ma un messaggio che passa attraverso di te, la parola fluisce ed è una parola pronunciata a fil di musica.
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