Decisamente internazionale il profilo di questo primo lavoro di Lain, al secolo Leonardo Guarracino che pubblica con Soundinside Records questo disco dal titolo “Line of Light”. Parliamo di folk americano nell’accezione più attuale e moderna del termine, dove il pop e i suoni digitali fanno da corona ad uno scheletro che certamente deve i natali al vecchio stile dello storytelling più classico. Lain ci regala un ascolto introspettivo, classico nella forma dentro cui rintracciare una personalità dedita all’immersione e alla spirituale contemplazione di se. Linee di luce che lasciano intravedere e immaginare, liriche allegoriche che disegnano più che fotografare. E poi questo suono, un poco distopico ma anche molto accomodante nel suo romanticismo pop.
Esordio davvero interessante e soprattutto sghembo rispetto ai cliché della moda comune. Come nasce “Line of light”?
È una raccolta di canzoni che ho scritto tra il 2013 e il 2018. Nasce da una lunga serie di eventi e persone che mi hanno portato allo studio di registrazione che oggi è la casa discografica a cui sono legato.
Elettronica e suono acustico. Un incontro agrodolce. Come l’hai gestito questo equilibrio che impiega pochissimo a prendere strade decisamente costrittive e violente?
C’è stato un grandissimo lavoro di produzione da parte di Stefano Bruno e Jex Sagristano che hanno saputo giocare con lo stile ibrido di questo progetto. Sono stato molto fortunato a poter collaborare con loro e con alcuni musicisti straordinari.
Parlaci delle liriche. Come le hai pensate? Direttamente in inglese o hai fatto una qualche traduzione?
No, no, nessuna traduzione. L’inglese mi aiuta ad essere semplice e diretto nei testi, riesco ad aprirmi di più e questa sincerità credo arrivi all’ascoltatore.
E non hai mai pensato di scrivere in italiano? Questione di suono e di melodia o un riferimento diretto alla tradizione del folk?
Mi diverto a scrivere in italiano… sono per lo più racconti e poesie in cui non riesco a vedere melodie.
Quando ho provato a scrivere canzoni in italiano, mi sono ritrovato troppo condizionato dalla forma e perdevo di vista il senso, tra un’assonanza a cui non volevo rinunciare e una sillaba che non suonava bene. Magari diventerò più bravo in futuro e proverò con l’italiano.
Col senno di poi? Questo disco ha confermato le tue aspettative o sei ancora in cerca e in rivoluzione?
Questo disco ha messo in risalto il mio potenziale. È di certo un ottimo inizio. Il risultato finale va ben oltre le mie aspettative, considerando che è stata la mia prima volta in uno studio di registrazione e che le tracce che compongono l’album sono le uniche 8 che abbia mai registrato. Ovviamente cambierò io e con me la mia musica, ma qui ho lasciato un pezzo di cuore e credo si senta. Sarà bello guardarsi indietro tra qualche anno.