“Sono d’accordo sul fatto che non ci debbano essere steccati tra generi”, ha premesso Gianmarco Mazzi, iniziando il suo lungo intervento: “Tengo lontana la politica da questo luogo, perché ritengo sarebbe sbagliato, e soprattutto perché non vengo dalla politica, ma dall’industria musicale. Stiamo lavorando al codice dello spettacolo, iniziando dall’indennità di discontinuità, provvedimento che rispetta la legge delega: non si perderà nulla della copertura finanziaria già annunciata. Uno degli obiettivi del governo è portare la musica e la cultura in ogni angolo del Paese: siamo attenti anche a fenomeni culturali come la danza, spesso trascurata ma che coinvolge oltre tre milioni di famiglie in Italia. Voglio essere il sottosegretario della cultura popolare: ci sono zone del paese, come le periferie, che dalla parola cultura non vengono toccate, e per noi è molto grave. Non mi occupo della cultura delle élite. E’ importante riconoscere le figure professionali, perché in questo settore ci sono enormi opportunità di lavoro. C’è stata grande attenzione su quei settori artistici a ‘rischio cultura’, ovvero quelli che non si sostengono da soli sul mercato. Chi si presume che possa farcela da sola si tende e non aiutarlo, ma credo non sia giusto, perché bisogna premiare il merito. Chi non si sostiene sui mercati va aiutato con i finanziamenti, e chi ci riesce con il tax credit. Sull’intelligenza artificiale: crea preoccupazione, per la prima volta nella storia dell’umanità si sta sviluppando una tecnologia potenzialmente alternativa all’uomo. Sono tre rischi che vedo: che vengano spazzati via milioni di posti di lavoro, che si permetta la concentrazione di ricchezze enormi in poche mani, che si vada incontro al rischio di non distinguere più ciò che è vero da ciò che non lo è. D’accordo sulla vigilanza sul mercato a tutela dei lavoratori: terremo conto della possibilità di tariffa unica sul mercato dei diritti connessi. Ho sempre pensato che al centro ci fosse l’industria culturale, con una parte economica e una culturale: la musica ben rappresenta una realtà del genere. Entrambe devono andare a braccetto. C’era chi diceva che con la cultura non si mangia… noi riteniamo che con la cultura si possa sia mangiare, che rappresentare bene il proprio Paese. La musica è sia un’espressione culturale che un’espressione economica, e anche una valenza sociale. Quando in un paese sono crescenti i fronti di crisi, arrivare coi problemi del mondo della musica richiede consapevolezza di sapere chi si rappresenta. La musica ha una grande rilevanza sociale, perché aggrega, e perché entra nel processo di formazione dei giovani: è un punto di riferimento importante, la musica”.
“Siamo cresciuti con artisti che sono stati anche maestri di vita”, ha proseguito Mazzi introducendo la parte del suo intervento che ha suscitato più dibattito, e che sicuramente ne susciterà nei giorni a venire: “Molti di loro hanno contribuito alla mia formazione. Per sostenere questo ambiente occorre che questo ambiente difenda la sua reputazione sociale. Non ho risposte, in questo senso, ma solo domande. Amo tutte le musiche, ma oggi ci sono testi che sono inni alla violenza contro le donne: non dobbiamo combattere la violenza sulle donne, ma gli uomini che diffondono la cultura che la promuove. Questa deriva è pericolose e allarmante. Il problema della reputazione lo faccio partire da alcuni testi, che hanno dietro aziende rappresentate su questo palcoscenico, e che fanno business su questi testi”. Dopo aver letto alcuni versi di brani rap / trap (dei quali non cita gli autori) con espressioni sessiste e volgari, il Sottosegretario prosegue: “Sono pronto a battermi per questo settore, ma come faccio con questi testi che girano? Dietro questi testi ci sono Sony Music, Universal Music e Warner Music: qualcuno dice che questi testi sono un riscatto, ma si può permettere un riscatto di qualcuno ai danni di una generazione – quella che ascolta queste canzoni? Questa è cultura? Di fronte a questi testi, cosa possiamo fare? Questo panel si intitola ‘Le aspettative del 2024 della musica italiana’? Cosa mi aspetto io? Che chi è seduto qui si ponga questo problema. La musica è la mia comunità, ed è composta da persone molto solidali – i produttori e organizzatori italiani sono i migliori del mondo. Per Italia Loves Romagna industria e artisti mi hanno aiutato, raccogliendo 3 milioni di euro in una sera. So quanto la comunità della musica sappia essere solidale, ma forse il tempo dei simbolismi è finito: bisogna alzarsi con indignazione per far ragionare chi danneggia non solo la comunità della musica, ma tutta la comunità. Sono per la totale libertà di espressione, ma io sono anche per la responsabilità sociale. Contesto che le aziende sostengano questo tipo di musica, perché le aziende hanno un codice etico, che hanno inventato proprio loro, le multinazionali americane. Se lo impongono ai loro lavoratori, perché non lo impongono anche fuori? Non sopporto che si faccia business su queste cosa: la tolleranza in merito dovrebbe finire”.