Un jazz a contorno, tanta contaminazione apolide, quel peso che il suono e la forma di Miles Davis inevitabilmente ha innestato in tutte le generazioni a venire. Sono i Flaming Fingers e questo eponimo disco apre una nuova linea editoriale a casa Lobello Records. Produzioni esclusivamente (o quasi) in musicassetta per un suono e una forma che pretendono un ascolto ricco di immersione e contemplazione. E noi come sempre indaghiamo da vicino…
Il jazz in cassetta. Partiamo da qui: la qualità del suono sembra venir meno come punto della produzione? Più la moda che la tecnica? O sbaglio?
L’idea della musicassetta nasce dalla nostra etichetta, che da sempre ha un tocco di vintage. Vintage che, molto spesso, è avanguardia: tutti gli artisti traggono ispirazione da quanto è stato già costruito per poter fare qualcosa di nuovo.
Riguardo la qualità, crediamo che il tempo e la giusta attenzione che una persona riesce a dedicare siano i veri parametri da avere per un buon ascolto. E di questi tempi non è facile. Per questo motivo i supporti tangibili (nel nostro caso musicassetta e CD) rappresentano ancora quella dimensione di ascolto fatto con cura, magari a casa a fine giornata con un buon impianto.
Il mondo… dentro questo disco c’è forte la contaminazione verso culture altre che non sia solo il Jazz tout-court… vero?
Quotidianamente ascoltiamo di tutto: reggae, prog, metal, musica elettronica, world music, jazz, tra gli altri. Secondo noi è però importante costruire una propria identità sonora, far convergere tutti questi ascolti e le nostre personalità in un obiettivo comune. Il jazz quindi rappresenta per noi un macro contenitore nel quale potersi muovere cercando di adattare tutte le nostre influenze e poter dare, come fine ultimo, sfogo alla nostra creatività.
L’incontro con Tobia Lamare e la Lobello Records? Sta nascendo una nuova linea editoriale a quanto pare…
Da anni siamo legati a Tobia da una forte stima reciproca e amicizia. Rappresenta uno dei capisaldi della musica salentina ed è sempre propenso a nuovi esperimenti.
Ecco perché siamo felici di collaborare con lui e la sua etichetta, cercando di portare (senza alcuna presunzione) il jazz in contesti nuovi e non lasciarlo, come spesso è idea comune, ad una dimensione elitaria.
Il jazz è pur sempre nato per strada, dal popolo. Il jazz è popolare.
Quanto spazio ha trovato l’improvvisazione? Penso sia anche questo un punto chiave…
Il jazz è costituito da due punti fondanti: una coralità pensata ed una estemporanea.
Quella pensata è rappresentata dai vari temi, stacchi, bridge che sono nati in fase di scrittura del brano, con foglio e penna alla mano. Quella estemporanea invece è frutto dell’interazione e dell’ascolto reciproco tra il solista e chi dà man forte al suo discorso musicale.
Nel nostro modo di vedere, entrambi gli aspetti hanno la stessa importanza perché, come una società che si rispetti, l’obiettivo è comune ma la personalità dei singoli non deve essere eclissata.
E invece dal passato? Miles Davis su tutto… ma esiste anche una certa letteratura che credete si debba sottolineare? Magari per i palati fini in ascolto…
Miles Davis ha avuto la grande sensibilità ed intelligenza per capire come la musica stava evolvendosi e riuscire a valorizzarne per primo i cambiamenti.
Ma, giusto per citarne alcuni, altri artisti che hanno fatto grande il jazz per noi sono: Ornette Coleman, Art Blakey, Weather Report, il quartetto di John Coltrane.
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