Tornano le atmosfere nostalgiche e retrò con cui l’artista ci aveva conquistato nel 2019 con il primo album Minuetto, caratterizzato da 10 tracce in equilibrio tra un presente denso di ricordi e di attese piene di sentimento. “Cambi Stagionali”, anticipato dla singolo Amarti, una ballad pop terribilmente intensa e un po’ spregiudicata, è la conferma e testimonianza dell’indiscussa capacità di NOSTROMO di dipingere con i suoni e le liriche il suo mondo fatto di ricordi, di vecchie e nuove consapevolezze e di paure: sono canzoni nate da storie che hanno urgenza di essere raccontate ma, soprattutto, ascoltate.
Un disco certamente più maturo in cui, ancora una volta, Niccolò unisce abilmente musica, parole e interpretazione, su un letto di suoni in cui chiari sono i rimandi alla musica italiana degli anni ’60, ’70, impreziositi da elementi di elettronica.
Di questo disco noi eravamo decisamente curiosi, ed ecco cosa abbiamo combinato con lui. Buona lettura!
- Cosa ti ha lasciato il cantautorato degli anni Sessanta e Settanta? E a quali nomi sei più legato per il tuo percorso musicale?
Il cantautorato anni 60 e 70 è una bella finestra sul mondo della musica, rappresenta un percorso fatto non solo di apparenze ma anche di contenuti. Ciò che mi affascina è proprio questo, la possibilità di comunicare ad un mondo pop qualcosa di diverso dal solito. Bertoli, Stefano Rosso, Guccini, de Andrè, Dalla, Rino Gaetano, tutti grandi artisti che hanno raccontato ciò che accadeva intorno a loro, spesso anche lontano dal proprio naso.
- Perchè “Cambi stagionali”, il tuo nuovo album, lo definisci un lavoro senza troppe pretese? E che tipo di ambizioni hai per il tuo progetto artistico?
Cambi stagionali è un lavoro senza troppe pretese, sì, ma come aggiungo nelle varie descrizioni, l’unica è quella di parlare chiaro. Ciò che volevo fare era raccontare un piccolo percorso di crescita, fatto di dolori e belle scoperte, morti interiori e luminosissime rinascite e in alcuni brani sono sicuro di avercela fatta. Ciò a cui ambisco è, dopo aver riconosciuto l’importanza della musica nella mia vita, non perdere la possibilità di pubblicare dischi, tutto qui.
- In cosa credi di essere cambiato dai tempi di “Minuetto”?
Sicuramente sono diventato una specie di adulto. Ho un lavoro, mi sostengo da solo e ho persino cambiato residenza (cosa che ha provocato una sorta di crisi interiore, l’abbandono ufficiale del nido). La leggerezza un pochino se n’è andata e cazzo, sono ancora giovane, chissà cosa ne sarà di me a cinquant’ Devo andare in analisi, anche questo è un passo decisamente importante.
- Il disco si conclude con una sorta di presa di posizione sulla consapevolezza che “Nessuno basta a sè stesso”. È stato doloroso arrivarci?
Affatto, anzi, è stata una bella scoperta, un piccolo atto rivoluzionario in questo universo fatto tutto di individualismo. Ed è un pochino come andare controcorrente, scegliere non solo per sé ma anche in funzione di un sistema più grande, un atto di responsabilità, nella speranza che non sia a senso unico.
- E che rapporto hai con la solitudine?
Devo ammettere che il lockdown mi ha dato qualche strumento in più per affrontare la tanto temuta solitudine. Ho imparato a gestirmi, a non impazzire nei momenti morti e a riflettere con più calma sulle questioni esistenziali. Ora sto bene, non troppo sia mai, ma riesco a cavarmela.