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Dopo anni di ricerca personale e artistica, Gionata torna con “Groviglio”, un singolo che mette a nudo la vulnerabilità con una sincerità rara. La sua scrittura – che intreccia musica, letteratura e visione cinematografica – si fa rifugio e rivelazione, restituendo al pubblico un luogo emotivo stratificato, disilluso, ma ancora capace di sperare.

In questa intervista per il MEI, l’artista ci accompagna tra le pieghe più intime del brano e del videoclip che lo accompagna, raccontandoci la nascita di un linguaggio personale, fatto di immagini oniriche, cronaca del quotidiano e caos interiore. Un dialogo profondo che attraversa assenze, fragilità e la voglia – ostinata – di restare visibili, anche quando il mondo sembra distogliere lo sguardo.

“Groviglio” è una dichiarazione d’amore disillusa e confusa, ma anche estremamente sincera: quanto ti è costato metterti così a nudo nella scrittura di questo brano?

Col senno di poi molto, se mi ritrovassi a scrivere di quel sentimento adesso probabilmente avrei più timore.

Non avevo ancora imparato cosa volesse dire mettersi a nudo e riporre una parte fragile di sé in un’altra persona. Quando l’ho scritta, ormai quasi 4 anni fa, ero più incosciente e forse la vita non mi aveva ancora dato la batosta che poi ho preso.

Nonostante ciò, sono contento di come siano andate le cose perché ho imparato molto, e adesso sto trovando di nuovo la forza per mostrarmi fragile, gradualmente.

In definitiva, più impari cose importanti per crescere, più il prezzo è alto. E non lo dico in senso negativo, anzi, è proprio il bello della vita.

“Groviglio” sembra nascere da frammenti di momenti diversi, intrecciati tra loro. Quando scrivi, ti guida di più il desiderio di raccontare fedelmente i ricordi oppure ti lasci ispirare dalle emozioni che ti hanno lasciato?

Mi faccio totalmente ispirare dalle immagini mentali che le emozioni mi suggeriscono. 

Ci ho messo un po’ di tempo a fare pace con questo mio modo di scrivere, per anni volevo essere il più chiaro possibile ma poi finivo sempre col raccontare gli eventi in modo non proprio immediato, spesso confuso e disordinato.

In particolare, ho imparato a dare valore a questo mio modo di esprimermi dopo la pubblicazione del mio primo libro, in cui mi sono concesso la massima libertà creativa. E grazie anche ad autori come Dino Buzzati, Borges, Calvino, Rodari. L’esperienza letteraria mi ha permesso di rafforzare la mia identità musicale.

Per comprendere a pieno le mie canzoni le si devono immagine come dei quadri surrealisti o racconti appartenenti al realismo magico.

Il videoclip di “Groviglio”, uscito lo scorso 11 giugno, si muove tra cronaca e mondo onirico: come è nata l’idea di raccontare una scomparsa per parlare, in realtà, di un’assenza interiore?

L’idea è nata, così come per il video del precedente singolo, da numerosi momenti di confronto con Pietro Lorenzini, che sta curando tutta la parte visuale del progetto.

L’impostazione del video è stata sin da subito un’osservazione del quotidiano, una cronaca, nella quale volevamo inserire uno smarrimento, anche se non sapevamo in che modo. Smarrimento che, nella vita, è conseguente a una perdita, un’assenza.

L’inserimento di una giornalista fittizia ha permesso di raccontare una storia, a tratti surreale, che accompagnasse l’osservatore sino al luogo metaforico di perdizione, ispirati dalla Loggia Nera presente in Twin peaks.

La giornalista distratta del video pare riflettere, non a caso, l’indifferenza del mondo verso il disagio emotivo. Ti riconosci in questo tipo di invisibilità?

Non ci avevo mai pensato e non saprei dare una risposta precisa.

Mi sono sentito per anni invisibile e penso che chi faccia arte sia mosso in parte da questo desiderio di sentirsi riconosciuto. Sono fortunato perché ho delle persone attorno a me con cui riusciamo, insieme, a superare questo disagio, imparando a riconoscere il proprio valore in base a ciò che siamo e non solo in base a ciò che facciamo. È importante scegliere le persone che ci fanno sentire ok anche quando non siamo al top.

Sul finale entri in una stanza che richiama la Loggia Nera di Twin Peaks. Quanto ti influenzano il cinema e la serialità nella costruzione del tuo immaginario visivo?

Tantissimo, mi aiutano a dare una forma precisa al contenuto. 

Libri, film, videogiochi: sono tutte fonti di ispirazione per la realizzazione del mio universo musicale.

Immagini, colori, scene mi aiutano a visualizzare i testi (come dicevo nella seconda domanda), che immagino già come dei racconti cinematografici, romanzati. 

Per questo terzo disco in particolare il cinema è stato preponderante, tanto è che ha ispirato il titolo dell’album, che ancora però non voglio spoilerare.

Il “groviglio” non è solo nel testo, ma si riflette anche nel montaggio e nei movimenti della camera: come hai lavorato con il regista per tradurre visivamente il caos emotivo della canzone?

Siamo partiti da una volontà di inserire molte piccole scene slegate l’una dall’altra all’interno di una linea narrativa più solida, il resto è venuto in modo abbastanza spontaneo, lasciandoci ispirare sul momento (alcune scene non erano scriptate e questo ci ha dato libertà creativa durante le riprese e il montaggio). 

https://youtu.be/5bOPm1lOIpg?si=tno52qUO_kBWn-md 

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