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In “Banana”, il nuovo singolo di Francesco Mircoli, la satira si veste da frutto e scende in piazza. Tra ritmo dance rock e una scrittura pungente, il cantautore dà voce a una visione del mondo lucida e dissacrante, dove la follia non è quella dei personaggi grotteschi, ma della società che li giudica. Il brano, che mescola suggestioni punk alla Skiantos con echi di Bennato e Buscaglione, è una commedia amara in forma musicale, capace di ironizzare sulla virtualità dominante e sulla narrazione distorta del reale.

 

Mircoli, con la sua consueta attitudine cinematografica, costruisce un immaginario surreale e provocatorio, culminato nel videoclip dove un uomo travestito da banana si aggira per la fiera del paese tra sguardi diffidenti e ipocrisie borghesi. L’intervista è l’occasione per approfondire l’ispirazione del brano, il rapporto con la commedia all’italiana, il confine tra ironia e dissacrazione e una riflessione più ampia sul ruolo dell’artista nel raccontare il presente.

 

Hai definito il brano cinematografico. Se fosse un film, che genere sarebbe?

Una commedia amara probabilmente, però molto dinamica con un montaggio serrato e dialoghi molto spigolosi 

che mirano a evidenziare questa nostra società un po’ alla frutta dove il matrimonio è più importante dell’amore, il funerale conta più del morto

E l’APP più scaricata è l’App………arenza.

 

Il protagonista del videoclip è un uomo travestito da banana. Com’è nata questa idea?

Diciamo che non abbiamo molto budget per girare clip allora mi sono dovuto inventare una situazione che avesse un significato

Con quello che avevo a disposizione. In quel periodo si sarebbe celebrata l’annuale Festa del patrono compresa di fiera nel mio paese.

Era lo scenario giusto per buttare giù una storia che fosse collegata al testo della canzone, un testo piuttosto “peloso”!

 

La tua satira sembra rifarsi alla commedia all’italiana. È un riferimento consapevole?

Bellissima domanda, tra l’altro, sono amante delle commedie italiane dal dopoguerra in poi. Mi hai fatto voglia di rivedere “Il Commissario Logatto”

con Lino Banfi per la regia di Dino Risi. Durante la scrittura del videoclip mi sono venuti in mente dei titoli utili a farmi ispirare; uno di questi anche se non è italiano

  è “prendi i soldi e scappa” di Woody Allen dove il protagonista è un rapinatore di banche goffo e inetto. Un altro che ti posso citare è “Il fascino discreto della borghesia”

di Bunuel.

 

Qual è il confine tra ironia e dissacrazione?

Sono concetti distinti ma interconnessi che sono utili a evidenziare la realtà. In un mondo virtuale fatto di algoritmi che possono bandire, scremare, spostare certe opinioni della massa distratta questo tipo di tecnica può far anche riflettere partendo da un’iniziale risata. Si prende di mira così il potere con le sue ipocrisie. 

 

Umanità e follia: chi vince in “Banana”?

Umanità e follia perdono, vince la razionalità cieca che ritiene che il poveraccio vestito da Banana sia il problema, sia il mostro da rinchiudere in un centro d’igiene mentale.

E sbatterlo in prima pagina magari raccontando la vicenda attraverso i mezzi di comunicazione di massa come menu del giorno! In realtà questo uomo banana ruba davvero quasi nulla: un panino con la porchetta.

Un cucchiaio ed un telo da mare. È una metafora di come, se si vuole, si può strumentalizzare il più debole per arrivare alle proprie demistificazioni della realtà!

 

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