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Sembra arrivato dal nulla, ma il disco di Milena Paris è una di rara bellezza in questa scena bulimica di uscite martellanti. È davvero così bello, finalmente, ritrovarsi tra le mani e le orecchie questo piccolo disco, questo EP di debutto dal titolo “Oltremare”, a digestione lenta, da dosare emotivamente e non da consumare in momenti di vuoto, come un sottofondo qualsiasi. Con un innegabile background jazz, Milena Paris si rivela però a suo agio con i ritmi di un pop d’autore: una nemesi aurea e chiara di Amy Winehouse, a base di neve e malinconici abbracci. Un amore puro, lontano da quelli tormentati della Winehouse, momenti R’n’B che ci accompagnano in tunnel autobiografici dai colori pastello. 

 

Complice l’abile e simbiotica produzione di Daykoda, Milena Paris ci regala quindi un disco che risulta autobiografico senza essere stucchevole, nuovo e senza riferimenti specifici, senza essere troppo straniante, un disco che contiene la parola “amore”, senza spaventare, come quando ci troviamo con la persona giusta: e questo disco, è decisamente una delle nostre persone giuste. E nonostante sia innegabile la preparazione musicale di Milena (che no, non è un nome d’arte, è proprio il suo!), sono i testi ad essere di centrale importanza qui dentro: le parole che descrivono, delineano, curano, si parla di amore che non può essere frainteso, di parole mai pronunciate che si concretizzano in musica, “mi chiami vuoi, distratto come sei”. È impossibile non ritrovarsi in questo mare di non detti, che improvvisamente diventa un oltremare di detti. 

 

La traccia che dà il titolo all’EP, invece, rappresenta il punto d’arrivo all’interno del discorso narrativo. Fermandosi ad osservare un tramonto ci si può accorgere che dal momento in cui il sole è alto in cielo la sua discesa pare interminabile, per poi scomparire velocemente a sfioro dell’acqua. Allo stesso modo, Milena racconta di un distacco graduale e di un’impossibilità di tornare, ritrovandosi ormai oltre, oltremare.

 

Un disco timido, che non fa troppo rumore, che non si riesce a incastrare nella scena indipendente, che non è abbastanza pop, indie, che non parla corsivo, che non camuffa i testi d’amore per renderli meno ridicoli, ma è un violento schiaffo di sincerità. Non resta che dare tempo a Milena, a questo disco, che possa sedimentare negli animi degli ultimi romantici, che possa insegnarci a lasciarci andare, in questo momento storico di poche parole, e per lo più senza significato. E, soprattutto, è molto più bello parlare accompagnati da un sax, complice.

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