“Lorena” non è solo un EP d’esordio: è una dichiarazione d’intenti, un piccolo manifesto poetico e sonoro. Elena Romano propone quattro brani che non cercano effetti facili, ma raccontano in profondità ciò che spesso resta sotto la superficie. Il suo stile “popelettronico” è originale, personale, e riesce a tenere insieme tradizione cantautorale e sperimentazione con sorprendente naturalezza.
Il primo brano, Mentre Cambio Forma, è una vera e propria ouverture emotiva. Il senso di instabilità è reso attraverso suoni cupi, texture elettroniche complesse, arrangiamenti intensi. Il cambiamento interiore diventa materia sonora: il dramma della trasformazione non viene nascosto, ma esibito con consapevolezza. La voce di Elena è fragile e potente allo stesso tempo, come se la sua identità si stesse formando in diretta.
In Estraneo il tono si fa più intimo. Qui l’evasione dal dolore diventa un esercizio immaginativo: un amore inventato, più rassicurante di quello reale. La canzone colpisce per la sua immediatezza, scritta in dieci minuti, eppure capace di restituire tutta la complessità emotiva di un distacco. L’elettronica qui si fa più rarefatta, accompagnando le parole con discrezione e lasciando che siano i silenzi a parlare.
Sogno cambia radicalmente atmosfera. È il brano più libero e visionario, in cui Elena gioca con le sue paure trasformandole in colori, ritmi, voci distorte. Ispirata da un’esperienza notturna inquietante, la canzone si muove tra ironia e disagio, creando un mondo sonoro che sorprende per inventiva e leggerezza. È una danza con l’inconscio, una dichiarazione di libertà artistica.
Vasche d’Ingenuità è l’epilogo perfetto: un ritorno al passato visto con gli occhi del presente. L’adolescenza viene evocata attraverso l’immagine delle “vasche” in cui ci si tuffa senza pensare troppo alle conseguenze. È un brano tenero, disincantato, che parla di errori, crescita e volontà di affrontare il futuro con più consapevolezza. Una chiusura dolce e potente al tempo stesso.
“Lorena” è un lavoro che ha il coraggio di mostrarsi per quello che è: imperfetto, viscerale, profondamente umano. Un esordio raro, che lascia il segno.