L’indie che ci piace. Quando l’ormai classica forma canzone prende a contaminarsi con un’elettronica che personalmente amo ripensarla all’inglese, dove i suoni sfidano i cliché come dentro il brano “Goderti la vita”, dove le liriche fanno dissacrante critica sociale senza mezzi termini, senza maschere, senza fronzoli. Un terzo disco di sfacciati equilibri di sintesi. Di sicuro il passato è alle spalle. Di fronte c’è un materialismo da combattere…
Cosa significa per voi la “fine del mondo”? Ci stiamo dentro? Che ragione ha quest’allegoria?
Ci è piaciuto sin da subito questo titolo in quanto racchiude in qualche modo entrambe le tematiche dell’album, ovvero i cambiamenti sociali e le relazioni umane. Ci è piaciuta questa ambiguità, se ci pensi la fine del mondo può avvenire per una singola persona o per una coppia quanto per l’intera umanità. La copertina poi l’amiamo, quella mancanza del mondo sotto i piedi di un uomo ed una donna, che però continuano a danzare.
La scena indipendente, quella che arriva al grande circuito mediatico, alla fine torna ad omologarsi. Cosa ne pensate?
Crediamo sia successo qualcosa di bizzarro qui in Italia, perché la scena indipendente si è accaparrata negli ultimi 15 anni buona parte dei palchi a discapito del grande circuito, di conseguenza ci sono stati momenti di inversione totale dei ruoli, dove uno pescava dall’altro e viceversa. Il risultato è davvero confusionario al punto che oggi ascoltare Giorgia sembra essere di nicchia!
“Odiandoti” – Official Video
“Elettronica vera”: in una delle mie personali chiavi di lettura, forse anche condizionata da questo titolo assai denso di significati, ho intravisto nel vostro racconto una società che corre a “somigliare” alle cose, dunque solo estetica in luogo di una verità artigianale. Come accade anche con l’elettronica: un conto è quella composta e suonata, un conto quella programmata dai plug-in. Cosa ne pensate?
Hai centrato il punto, ma non siamo restii al progresso. L’idea di base è che ci piace prendere tutto poco sul serio, perché in fondo aleggia un’ipocrisia raggiante. Nel nostro caso il synth per registrare il pezzo tendiamo ad utilizzare l’analogico quando è possibile, ma poi, non essendo una “grossa produzione”, nei live finiamo per portare il campione o il plug-in, mica il bestione di 10 chili! Tutto questo per dire più semplicemente, sì all’innovazione senza perdere di vista la parte umana della composizione.
E in merito all’elettronica di questo disco? Che tipo di produzione avete portato avanti?
Ci siamo avvalsi di tutto quello che era in nostro possesso, synth veri, synth falsi, chitarre vere, chitarre false ma tutto per l’appunto rigorosamente suonato o programmato da esseri umani.
E nel disco c’è anche sfacciatamente dimostrazione di quanto l’improvvisazione sia un ingrediente portante… o sbaglio? Quanto avete lasciato al “caso” per finalizzare le soluzioni di questo lavoro?
Anche qui hai centrato, moltissimo é stato lasciato al caso, più di quello che immagini. Per esempio nel disco sono presenti momenti intimi lasciati nella loro naturalezza ma anche diverse improvvisazioni lasciate con diversi errori.
“Dormivi in un party” – Official Video
E tornando al passato: cosa ne pensate della stampa fisica, CD, VINILE o addirittura MC? Su questo fronte stiamo tornando ad apprezzare la musica “solida” o di nuovo è un discorso di pura apparenza ed estetica?
Credo un po’ entrambe le cose, perché è innegabile il feedback che dà il solido, poi la domanda bisogna porsela personalmente: l’ho comprato perché mi piace o l’ho comprato per farci una storia su Instagram, esporlo in salotto e poi tenerlo spento?

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