Con il nuovo album Phantom Favola, i Belize hanno ripreso in mano la loro libertà creativa, ispirandosi a quel motorino iconico dei primi anni 2000 che per loro simboleggia avventura, crescita e rinascita. Abbiamo chiesto al trio di Varese di guidarci attraverso le tappe del loro percorso, tra atmosfere fiabesche, emozioni inespresse e chitarre distorte pronte a scuotere l’anima.
1- La Riconquista della Libertà Creativa
Se la vostra musica fosse davvero un viaggio in sella a quel motorino iconico, quale tappa del percorso – tra “Gattesca”, “Denti dorati” e le altre – incarna meglio il momento in cui avete sentito di riprendere davvero il controllo della vostra libertà creativa?
(Riccardo, cantante ndr)
Probabilmente “Phantom Favola”: è la prima canzone del disco, la prima che siamo riusciti a chiudere, e che tra l’altro parla di quello che chiedi, quindi direi sicuramente quella.
2- “PHANTOM FAVOLA”: Una Favola Moderna in Musica
“PHANTOM FAVOLA” ha un’aura sognante e a tratti fiabesca: qual è la scena di vita vera che, trasformata in suono, vi ha fatto dire “questa è una favola moderna”? C’è un aneddoto che rappresenta un po’ la genesi di un brano del disco, “Varese Tuning”:
In un periodo difficile della mia vita, tornavo a Varese nei weekend; un giorno, inaspettatamente, incontro un vecchio amico che non vedevo da anni, con cui da piccoli andavamo all’Autogrill dopo che tutti i locali di Varese avevano chiuso e non c’era più nulla da fare. L’Autogrill, invece, restava aperto — e all’epoca ti offrivano pure il caffè — così si poteva rimandare ancora un po’ il momento di salutarsi.
Quel giorno siamo rimasti insieme per tutto il tempo, abbiamo rifatto tutte quelle cose che facevamo quando avevamo 18 anni, di nuovo all’Autogrill sul suo Pandino pieno di sticker metal. Il giorno dopo sono finito a tatuarmi con lui. Ecco, per me questa è una piccola fiaba, una favola contemporanea: ritrovarsi con quella naturalezza, dopo così tanti anni, e riviversi.
3- Il Silenzio Carico di Emozioni
I brani danno voce a pensieri che non si esprimono a parole: c’è un titolo in tracklist che racchiude per voi il silenzio più carico di emozione, e perché?
Il silenzio più carico di emozioni è probabilmente in “Dio Li Fa”, che di base parla di un rapporto a distanza: due persone che proprio non si sentono, ma che in fondo sanno che un incontro potrebbe cambiare tutto.
4- Tradurre le Emozioni in Suono
Tra chitarre elettriche sporche e atmosfere rarefatte, come scegliete in fase di scrittura e arrangiamento quali elementi sonori spingere in primo piano per tradurre in musica il dolore, la rinascita o la gioia adolescenziale?
Cerchiamo di non avere un approccio didascalico alla produzione, anche se ogni tanto i suoni possono svolgere un ruolo di quel tipo.
Ad esempio, in questo disco le chitarre distorte sono un po’ quello sberlone che ti dai per dirti “Dai, svegliati, ce la puoi fare!”. Forse anche le atmosfere più rarefatte rappresentano un po’ i momenti contemplativi; penso a “Qualcosa Di Nuovo”, o “Phavola”.