Con “Silent Remains”, singolo che anticipa l’uscita del nuovo album “Layers” (in arrivo il 14 novembre per LoopArc / Memory Recordings), Fabrizio Paterlini apre un nuovo capitolo della sua storia artistica.
Uno dei pianisti e compositori italiani più ascoltati al mondo — con oltre 250 milioni di stream — torna con un progetto che ridefinisce il suo linguaggio, spostandolo dal minimalismo introspettivo verso la creazione collettiva e l’interazione dal vivo.
In “Silent Remains”, il pianoforte incontra violino e violoncello in un equilibrio delicato di controllo e abbandono, dove ogni strato sonoro diventa parte di un respiro comune.
Ne abbiamo parlato con lui, tra improvvisazione, consapevolezza e il valore del silenzio.
In “Silent Remains” si percepisce un passaggio deciso dal minimalismo introspettivo alla creazione collettiva.
Cosa ti ha spinto a lasciare spazio all’improvvisazione e al contributo diretto di altri musicisti, dopo anni di composizioni più intime e controllate?
FABRIZIO PATERLINI:
Negli ultimi anni ho sentito il bisogno di riportare nella mia musica un elemento che mi mancava: il rischio.
L’improvvisazione è, in un certo senso, un modo per perdere il controllo – e accettarlo.
Con Marco Remondini e Stefano Zeni si è creata una sintonia immediata: tre strumenti, tre personalità, un unico respiro musicale.
“Silent Remains” è nata così, da un equilibrio tra struttura e libertà, dove il suono di ciascuno influenza e trasforma quello degli altri.
Il titolo “Layers” evoca la sovrapposizione di piani, sia sonori che emotivi.
Quale “strato” pensi rappresenti più la tua evoluzione artistica in questo momento?
FABRIZIO PATERLINI:
Forse quello della consapevolezza.
Dopo tanti anni di pianoforte solo, ho sentito la necessità di aggiungere nuovi livelli: elettronica, improvvisazione, interplay.
Ogni “layer” è una parte di me – il pianista, il produttore, il compositore – ma anche un modo di leggere la complessità del presente.
Non è più il tempo di un’unica voce: la mia musica oggi vive di sovrapposizioni, di incontri, di texture che cambiano forma nel tempo.
La tua musica è sempre stata legata a un senso di paesaggio interiore.
Con “Silent Remains”, il dialogo tra pianoforte, violino e violoncello sembra diventare una forma di respiro condiviso: come cambia, per te, il significato del silenzio in un contesto di ensemble?
FABRIZIO PATERLINI:
Il silenzio, per me, è sempre stato parte integrante della composizione.
In un ensemble, però, diventa una responsabilità condivisa: non è più solo un momento di sospensione, ma uno spazio che tutti contribuiamo a mantenere vivo.
“Silent Remains” racconta proprio questo: la capacità di ascoltare l’altro, di lasciare spazio e di accettare che la musica non appartiene a uno solo, ma nasce nel dialogo.
Hai costruito un percorso internazionale restando indipendente e fedele alla tua estetica.
Cosa significa oggi, per un artista come te, conciliare la libertà creativa con le sfide della diffusione globale e dell’ascolto digitale?
FABRIZIO PATERLINI:
Essere indipendente oggi significa poter scegliere.
Significa decidere quando pubblicare, come suonare, con chi collaborare.
Ma significa anche accettare che la libertà richiede responsabilità, visione e una grande dose di resilienza.
Il digitale ha cambiato tutto: ha reso la musica più accessibile, ma anche più fragile.
Io cerco di viverlo come un’opportunità – per costruire relazioni dirette con chi ascolta, per raccontare storie sincere e, forse, per ricordare che dietro ogni stream c’è ancora una persona.
🎧 “Silent Remains” è disponibile su tutte le piattaforme digitali.
📀 “Layers”, il nuovo album di Fabrizio Paterlini, uscirà il 14 novembre 2025 per LoopArc / Memory Recordings.


