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Biagio Andrea torna con un nuovo intenso capitolo della sua ricerca musicale: “Ed ecco la libertà” è il singolo che affronta con delicatezza e lucidità il tema della fine di una relazione e dell’assenza che ne segue. Un brano introspettivo, sospeso tra malinconia e sollievo, in cui l’artista indaga quel confine fragile tra perdita e rinascita, tra il dolore della separazione e la possibilità di ritrovare sé stessi.

La canzone si muove su una linea emotiva profonda: da un lato il vuoto, le domande e il “freddo” lasciati da ciò che è finito, dall’altro la conquista di una libertà nuova — difficile da accogliere, ma necessaria per arrivare alla serenità. “Ed ecco la libertà” diventa così una riflessione sul lasciar andare e sull’imparare a vivere ciò che resta, trasformando la solitudine in consapevolezza.

Abbiamo incontrato Biagio Andrea per parlare di musica, libertà ed emozioni autentiche: dal suo primo approccio con il canto ai ricordi più significativi del suo percorso artistico, fino ai nuovi progetti che iniziano a prendere forma.

Ci racconti com’è nato il tuo amore per la musica…

Alle medie facevo parte di un gruppo polifonico di flauti dolci con cui abbiamo girato diverse parti d’Italia. Da quell’esperienza è nato tutto: ho capito che la musica era il mio modo di esprimermi e di sentirmi libero. Da allora non ho mai smesso di cercarla e di farla mia.

 

Qual è stato il momento più importante o gratificante della tua carriera musicale finora?

Sicuramente l’esibizione a Nicosia, a Cipro. Cantare La guerra di Piero durante la presentazione di un libro mi ha fatto capire quanto la mia voce potesse davvero comunicare, andando oltre lingua e contesto. Lì ho percepito un ascolto vero, silenzioso, e ho capito che la mia musica può arrivare lontano.

 

Vuoi raccontarci di cosa parla il tuo nuovo singolo?

Ed ecco la libertà esplora la fine di una relazione e il percorso emotivo che ne segue. Inizia con un’ammissione di incomprensione, “che non avevo capito niente”, e descrive giornate trascorse in solitudine, riflessioni su ciò che è stato e la difficoltà di accettare la fine. Al contempo emerge una sensazione di liberazione: un lento processo di distacco che porta a nuova consapevolezza e a una forma di libertà ritrovata. Il brano cattura l’oscillazione tra il dolore della perdita e la speranza di un nuovo inizio.

 

Vuoi spiegare ai nostri lettori com’è nata l’idea della cover?

L’idea di cantare La guerra di Piero durante la presentazione del libro è stata dello stesso autore: si rivede molto nel brano, perché racconta ciò che ha vissuto durante la guerra di Cipro del 1974, quando a diciott’anni rischiò la vita per una presunta appartenenza politica, quasi come se fossero una squadra di calcio o il comune di provenienza a determinare i colori politici. Mi ha colpito quanto una canzone scritta in un altro tempo e in un’altra lingua potesse raccontare così bene la sua storia.

 

Quanto è importante per te trasmettere emozioni al pubblico?

Per me è tutto. Se chi mi ascolta non sente nulla, non ho fatto bene il mio lavoro. Ogni volta che canto cerco di essere sincero, anche quando la voce trema o qualcosa non è perfetto. Credo che l’emozione viva proprio lì, nell’imperfezione, e il pubblico lo percepisce subito.

 

Hai già in programma altri brani o hai pensato ad un album?

Sto lavorando a nuovi pezzi che raccontano diverse sfaccettature di me, ma che insieme creino un percorso coerente. Non voglio fare un album solo per averlo: voglio che arrivi al momento giusto, quando sentirò di avere una storia completa da raccontare dall’inizio alla fine.

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