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Contro la violenza di genere. Contro la violenza sulla donne. Contro la violenza e basta. Ninaif si schiera e lo fa sottilmente e da un’altra angolazione, delicata e sottile come sempre nonostante produzione cerchi soluzioni decisamente più “industriale” del solito. Veronica Marchese questa volta si “spoglia” anche nelle foto di copertina e tutto questo diviene una provocazione alla libertà. “Aprile” è un brano che cammina in punta di piedi e fa tanto rumore…

Il MEI si è tanto impegnato su questo tema. Tu lo affronti anche pensando al quotidiano e alla sua convivenza o sbaglio?

Assolutamente si, principalmente pensando al quotidiano ed alla sua convivenza perché è quella la parte più lacerante finiti i dibattiti sull’argomento. Possiamo dire tutti la nostra, possiamo e dobbiamo tutti darci da fare per far si che le cose cambino, ma penso sia giusto anche porre l’accento su quello che viene vissuto al buio, sul segno che una violenza lascia dentro l’anima di una donna.

Dal vivo questo brano come suona? Come pensi di volerlo suonare?

Come il racconto di una storia, con un sound che accompagni e rispetti le parole di Piera, ma allo stesso tempo inviti a muoversi per liberarsi dal male.

Bella la copertina… ambigua per certi versi. L’aiuto ma anche la discriminazione ci leggo… che ne pensi?

La copertina vuole esprimere proprio la forza delle donne unite contro un male che esiste, che non può più essere negato. Si, rappresenta la discriminazione, la violenza, ma anche la solidarietà. Dentro c’è un abbraccio potente, un abbraccio potenzialmente salvifico pieno d’amore che rappresenta la lotta contro la violenza di genere. Ci tengo a precisare che la copertina del singolo è stata curata da una donna, Enrica D’Amore, fotografa con cui collaboro dalla nascita del mio progetto e che anche questa volta ha mostrato non solo di essere brava, ma soprattutto la sua sensibilità e la sua capacità di raccontare attraverso un’immagine.

“Aprile” in fin dei conti che significa?

Aprile è il mese in cui si affaccia imponente la primavera, stagione che a mio parere rappresenta la rinascita. È quel mese che ti scalda i sensi, che ripropone nuovi stimoli percettivi partendo dai colori per arrivare agli odori e via dicendo. In più è il mese in cui sono nata, per cui forse sono un po’ di parte. Ma allo stesso tempo cambiandone l’accento diventa un verbo imperativo molto violento, che mi ha dato la possibilità di giocare con la parola stessa oscillando sul contrasto fra la mortificazione del ricordo e la rinascita dell’anima.

Ed il sangue non è solo uno dei tanti finali possibili. Anzi. Spesso la violenza passa anche dentro il silenzio… vero?

Vero. La violenza assume molte forme diverse, non sempre necessariamente fisiche ma altrettanto gravi e distruttive. Ed in molti casi rimane silente, viene normalizzata e resta nascosta agli occhi altrui (forse a volte indifferenti per scelta). L’obiettivo è rompere in modo sempre più deciso questo silenzio. Raccontare è il primo passo per rendere più consapevoli e cercare solidarietà ed empatia. Il passo immediatamente successivo dovrebbe essere quello di costruire una società più sana, meno patriarcale e creare una rete più forte a sostegno di chi subisce, anche atteaverso leggi più dure nei confronti di chi abusa. 

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