“Dai, non è morto nessuno”: una frase che si dice sempre per minimizzare qualche ingiustizia o qualche sfiga quotidiana. E anche in questo caso, per fortuna, non è morto nessuno davvero, se non almeno temporaneamente, la mia carriera di artista. Una mattina di dicembre, le prime gelate dell’anno viste dalla finestra di una piccola casa in questa Milano sempre più faticosa. Sto cercando di scrivere qualcosa di nuovo. È una mattina allegra a suo modo, una di quelle in cui riesci a fare pace con il fatto che i soldi che guadagni non corrisponderanno mai agli sforzi che hai fatto, ma sei contento e va bene così. Tre anni di lavoro alle spalle come cantautore, due dischi, una manciata di singoli e una fatica che può capire solo chi è del mestiere: scrivere, autoprodursi i brani, registrarli in casa, pubblicarli su un servizio di streaming che in un anno ti paga a malapena un panino. Poi l’ufficio stampa, le copertine, i videoclip, il booking, la promozione sui social…un investimento continuo di idee, tempo e soldi in un progetto che vedi crescere con la stessa velocità con cui si spostano le placche terrestri. Quadro attuale? Non certo una storia costellata di successi, ma neanche un fallimento: un buon seguito, qualche live prestigioso, tanti concerti in localini e altri escamotage per potersi permettere un panino tutti i giorni. Poi, dal nulla, una mail dal distributore Believe: “Nel corso degli ultimi mesi, sono state rilevate una serie di attività di streaming fraudolento sul vostro account (come descritto in dettaglio nell’allegato) che costituiscono una violazione a cui non è più possibile porre rimedio, […] pertanto non ci resta altra scelta che risolvere il contratto di distribuzione. […] Tale risoluzione sarà efficace trascorso un periodo di 60 giorni dalla data della presente. […]Alla scadenza di tale periodo, xxx darà istruzioni ai DSP di rimuovere dalle piattaforme le vostre Registrazioni e/o Video musicali.”
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