AUTUNNALE 2023 – MEMORIA E CONTINUITÀ CREATIVA
presskit e foto al link https://tinyurl.com/InnerSpaces2023
#1 lunedì 25 settembre
Auditorium San Fedele, ore 21.00
– Syntax Ensemble
Continuum Collage
– Francesco TRISTANO (1981)
On Early Music
Biglietti 16€ / 12€ student
#2 lunedì 9 ottobre – in collaborazione con Milano Digital Week
Auditorium San Fedele, ore 21.00
– Brian ENO (1948)
Reflection
– Andrew PEKLER (1973)
Live set A/V Phantom Islands
Ingresso libero
#3 lunedì 16 ottobre
Auditorium San Fedele, ore 21.00
– Maryanne Amacher (1938 – 2009)
– Tim HECKER (1974)
Biglietti 18€ / 13€ studenti
#4 lunedì 6 novembre
Auditorium San Fedele, ore 21.00
– Philip Glass (1937)
Four Movements
Emanuela Piemonti e Alfonso Alberti, pianoforte
– Donato DOZZY (1970)
Live set
Biglietti 16€ / 12€ studenti
#5 martedì 21 novembre – in collaborazione con Linecheck
Auditorium San Fedele, ore 21.00
– Marta Salogni (1990)
Live set
– Francesco MESSINA (1951)
Prati bagnati del monte Analogo (1979)
Biglietti 16€ / 12€ studenti
#6 lunedì 4 dicembre
Auditorium San Fedele, ore 21.00
– François Bayle (1932)
Tremblement de terre très doux (1978)
– Alessandro CORTINI (1979)
A/V Live set
Biglietti 18€ / 13€ studenti
Dal 25 settembre al 4 dicembre all’Auditorium San Fedele di Milano si svolge l’edizione autunnale di Inner_Spaces, la rassegna di musica elettronica e arti audiovisive da oltre dieci anni punto di riferimento per la sperimentazione e la ricerca interdisciplinare. Intitolata “Memoria e continuità creativa”, la stagione vuole sottolineare in modo più esplicito rispetto alle precedenti edizioni il desiderio di integrare itinerari di ascolto che abbracciano diverse epoche storiche, mantenendo tuttavia in primo piano la produzione elettronica.
La musica è un’arte in divenire, che ricerca ogni volta nuove soluzioni formali, nuovi complessi sonori, ed elabora l’espressione di una poetica del presente. Ma, al tempo stesso, l’attuale produzione nel campo musicale è memore in un modo più o meno consapevole del patrimonio vivo delle grandi opere prodotte nel corso della storia. Come in quei film di Andrej Tarkovskij, fonte ispiratrice di Inner_Spaces fin dall’inizio, quando la poesia delle immagini e dei dialoghi è amplificata da intensi spunti musicali tratti dalle composizioni di J.S. Bach, Giuseppe Verdi, Beethoven, oltre all’utilizzo di suoni di sintesi, rumori d’ambiente, stratificazioni sonore e composizioni in studio. C’è una linea inseparabile che congiunge passato e presente, attraversando anche zone di apparente rottura con ciò che precede. Il presente è sempre in posizione di debito rispetto al passato, da una memoria storica che precorre, da cui proviene.
Un altro aspetto originale dell’autunnale Inner_Spaces 2023 è la presentazione di una “scuola italiana” con artisti di diverse generazioni che hanno conquistato, ognuno per meriti individuali e in contesti differenti, una platea internazionale. Dal decano Francesco Messina, che per la prima volta in assoluto esegue dal vivo l’album di culto “Prati Bagnati del Monte Analogo”, ad Alessandro Cortini, maestro indiscusso dei suoni sintetici; da Donato Dozzy, in veste inedita con la sua apparecchiatura totalmente analogica, alla più giovane del gruppo, la produttrice Marta Salogni.
Lo spettacolo inaugurale, lunedì 25 settembre, ha come protagonista Francesco Tristano, uno dei musicisti in questo momento più emblematici nell’affrontare il rapporto tra memoria e continuità creativa. Il pianista italo-lussemburghese propone una drammatizzazione musicale rileggendo ammirevolmente il Seicento tastieristico italiano e inglese (Frescobaldi, Gibbons, Bull) con integrazione di sue composizioni in stile antico o con fraseggi improvvisati e accenni alla Fantasia romantica, il tutto corredato da risonanze elettroniche, elementi percussivi e riverberi saturati e disarmonici. Nella prima parte, il Syntax Ensemble, residente a San Fedele, porta in scena un collage senza soluzione di continuità in cui si succedono opere di David Lang, Luciano Berio, Beat Furrer, Gubajdulina, intrecciate in una cornice elettronica di Iannis Xenakis.
Lunedì 9 ottobre, in collaborazione con la Milano Digital Week, si succedono due momenti musicali: la rappresentazione di “Reflection”, opera di Brian Eno del 2017 che rispecchia la recente preoccupazione dell’artista nel predisporre dispositivi musicali di ambient generativo, e il viaggio audiovisivo nelle “Phantom Islands” di Andrew Pekler, ricostruzione di una mappa oceanica con diverse tappe nelle isole annotate nei diari di viaggio o nelle esplorazioni marittime del passato ma in realtà mai esistite. Due modi di investigare la tematica dello sviluppo dei limiti partendo dal linguaggio di artisti che integrano tecnologie digitali, però al servizio di un’esperienza di ascolto live comunitaria, di una modalità fruitiva in presenza di tipo immersiva, grazie all’impianto audio spazializzato di San Fedele. Del resto Brian Eno ha concepito “Reflection” come il suo esperimento ambient più sofisticato, attraverso una app pensata per far suonare diversamente gli intrecci musicali in base al momento della giornata: “L’armonia è più luminosa al mattino, gradualmente si attenua nel corso del pomeriggio per raggiungere la sua veste originale alla sera”. Invece Andrew Pekler, presente in sala, conduce il pubblico come in una nave alla scoperta dei suoni misteriosi di isole fantasma, in bilico da qualche parte tra cartografie e finzione marittima. All’immagine delle isole viene associato un paesaggio sonoro per ciascun’isola nella composizione di un arcipelago globale di plausibili ma fittizie connessioni etnomusicologiche con una serie di registrazioni irreali. La musica, sebbene generata e programmata con sintetizzatori, emula ed evoca alcuni aspetti ritmici e timbrici associati dagli occidentali alle tradizioni musicali non occidentali, dando l’effetto complessivo di un suono quasi etnografico, di mondo pseudo-tradizionale.
Il 16 ottobre ritorna dopo dieci anni a San Fedele Tim Hecker, che presenta la sua più recente produzione “No Highs” ridisegnata per l’impianto audio spazializzato dell’Auditorium San Fedele. L’artista canadese, noto per le sue composizioni corpose e spirituali, si pone questa volta in un atteggiamento di aperta contestazione nei confronti della passività nell’ascolto di tanta musica ambient commerciale da sottofondo che invade il mercato mondiale dello streaming. Affiancato dai campioni del sassofonista Colin Stetson, Tim Hecker offre all’ascoltatore un viaggio musicale iniziatico per smascherare le seduzioni delle sirene e giungere a compimento di un percorso catartico, alla purezza di una musica eterea. Introduce la serata l’ascolto con acusmonium di tre brani di Maryanne Amacher, tratti dall’album “Sound Characters (Making The Third Ear)”, in cui la compositrice raccolse varie musiche realizzate per installazioni multimediali e frutto della sua ricerca nel campo del fenomeno psicoacustico delle emissioni otoacustiche (frequenze acute che producono suoni virtuali nell’orecchio interno). L’artista americana aveva studiato con K. Stockhausen per due anni a Filadelfia, e collaborò con John Cage e Merce Cunningham. Due dei tre brani scelti costituiscono un monumento dell’ambient stratificata complessa.
Lunedì 6 novembre il produttore Donato Dozzy, tra i pochi italiani ampiamente e universalmente acclamati nei circuiti internazionali di musica elettronica, si esibisce dal vivo con un set inedito in quadrifonia e strumentazione – la propria – esclusivamente analogica, tra cui un sistema modulare Buchla 200e e una coppia di synthi VCS3 d’epoca. Con la sua rara capacità di farsi strada nella mente delle persone sia in contesti contemporanei che classici, Dozzy riesce sempre a smuovere lo stato d’animo del suo pubblico, che trasporta in simbiosi attraverso viaggi sonori ipnotici di volta in volta differenti, minimali ancorché ricchi di dettagli, senza cavalcare tendenze o tracciati già percorsi. Apre il concerto il Duo pianistico Emanuela Piemonti e Alfonso Alberti con una delle opere più riuscite di Philip Glass, “Four Movements” del 2008, sintesi magistrale del minimalismo espressivo dal forte impatto emotivo, alla stregua della grande stagione degli anni ’80 con la composizione della colonna sonora del film Koyaanisqatsi. L’originalità della proposta consiste nell’articolare i Quattro movimenti di Glass con una serie di trascrizioni di brevi brani organistici di J.S. Bach realizzati da György Kurtág. Un incastro con effetto contrastante: le misurate e tenui sonorità del maestro di Lipsia faranno da contraltare al massiccio flusso sonoro di Glass.
Con una rinnovata collaborazione, il quarto appuntamento di Inner_Spaces, martedì 21 novembre, è condiviso con Linecheck – Music Meeting and Festival opening event. Per l’occasione, salgono sul palco due artisti di generazioni differenti ma ugualmente importanti per il panorama musicale italiano e internazionale. Per la prima volta in assoluto, il compositore Francesco Messina esegue dal vivo insieme a Michele Fedrigotti (pianista) e Marco Guarnerio (musicista e sound engineer) l’album di culto “Prati Bagnati del Monte Analogo”, pubblicato nel 1979 sulla leggendaria Cramps Records in una serie curata da Franco Battiato, che ne è stato anche il produttore. Questo capolavoro senza tempo, composto da Francesco Messina insieme a Raul Lovisoni, entrambi figure centrali dell’avanguardia italiana, si ispira al romanzo surrealista di René Daumal “Le Mont Analogue” per dare vita a un insieme di melodie delicate e sottili giochi armonici che incorporano diverse tradizioni creative. In apertura Marta Salogni, tra gli ingegneri del suono più apprezzati e ricercati del momento, artefice della produzione e del mixaggio di artisti del calibro di Björk, Depeche Mode e Bon Iver, ma anche compositrice dal talento cristallino. Infatti questa sera l’artista italiana di base a Londra abbandona lo studio di registrazione e il mixer per presentare live la sua ultima uscita, “Music For Open Spaces”, con musiche registrate tra il deserto di Joshua Tree, la Cornovaglia e la sua dimora londinese. Non è una casualità se l’album più amato da Salogni, come racconta in alcune interviste, sia proprio “Prati Bagnati del Monte Analogo”. E non è una coincidenza il fatto che Francesco Messina stia realizzando l’artwork del prossimo album de Il Quadro di Troisi, progetto synth pop di Donato Dozzy. Un filo conduttore, fatto di ammirazione reciproca e genuina amicizia, mette in relazione tutti gli artisti della stagione autunnale di Inner_Spaces.
A illuminare l’ultima tappa della rassegna con una performance audiovisuale dal vivo, lunedì 4 dicembre, un altro grande artista italiano di fama mondiale: Alessandro Cortini. Celebrato non solo come tastierista della band industrial americana Nine Inch Nails, è l’unico musicista del nostro Paese entrato nella Rock and Roll Hall of Fame. Produttore meticoloso e polistrumentista eclettico, Cortini, che nasce come chitarrista rock, è specializzato nell’uso dei sintetizzatori, tra cui il recente Strega (da lui stesso ideato) che combina le funzioni di un sintetizzatore semi-modulare e un’unità di effetti in grado sia di generare suoni che di elaborare segnali esterni. Il suo studio di registrazione, da qualche anno vicino Lisbona, è ricco di strumentazione vintage, rarità e apparecchi arcani: imponenti sistemi modulari, drum machine a valvole, monitor di computer in disuso e altri macchinari d’annata. In studio come dal vivo, il suo lavoro attinge dalla kosmische degli anni ‘70, dall’immobilismo estatico dell’ambient e dalla profondità della drone music. Ciò che lo contraddistingue più di ogni stile, tuttavia, è il suo carattere sonoro, al tempo stesso antico e futuristico, così come il cromatismo quasi tangibile delle sue composizioni chiaroscurali. In apertura della serata, una pietra miliare della musica acusmatica, “Tremblement de terre très doux”, realizzata da François Bayle nel 1978. L’opera si presenta come un vasto mosaico composto da undici tasselli. Il titolo – in omaggio al pittore Max Ernst – vuole evocare il mondo delle immagini sonore sintonizzate sulla fantasia di relazioni inaspettate. Nella presentazione del brano, il musicista francese scrive: “Lo strano proviene da ciò che è familiare. Che cosa ricordano ed evocano questi rullii, questi mormorii, questi slanci sonori, questo canto, queste giravolte pacifiche, queste deflagrazioni improvvise, queste riprese calme? Le proprietà sotterranee dell’ascolto spingono dolcemente le idee… Il viaggio dell’opera potrebbe anche rappresentare lo svolgersi drammatico di un giorno (di una vita?), dall’alba fino al tramonto, passando per incontri ansiosi. La ‘narrazione’ organizza valori musicali regolati dove trovano equilibrio, si adattano e si susseguono timbri armonici, spazi chiusi, movimenti ovattati, luccichii, un momento di panico e una ripresa nel registro grave che rimane in sospeso…”.
Biglietti in biglietteria e in prevendita online su webtic “San Fedele Milano”
#1 #4 #5: 16€ intero (prevendita +1€), 12€ studenti, unicamente in biglietteria
#3 #6: 18€ intero (prevendita +1€), 13€ studenti, unicamente in biglietteria
#2: ingresso libero fino a esaurimento posti
Info e prevendite
Auditorium lun-ven 10 – 16
Milano, via Hoepli 3/b –M1 / M3 Duomo
tel. 02.86352231 – www.centrosanfedele.net
CONTATTI
San Fedele Musica musica@sanfedele.net
Antonio Pileggi SJ – tel. 02.86352426
Massimo Colombo – tel. 02.86352429 / 3934253951 massimo.colombo@sanfedele.net
Ufficio stampa Gaetano Scippa – tel. 3356858609 gaerlund@gmail.com
BIOGRAFIE
Alfonso Alberti
Alfonso Alberti suona (il pianoforte) e scrive (libri sulla musica). Sua grande passione è la musica d’oggi, nella convinzione che essa sia un’opportunità formidabile per capire il tempo che ci troviamo a vivere, e noi stessi che viviamo in questo tempo. I suoi programmi da recital amano tessere rapporti fra le diverse epoche, con l’intento di mostrare l’unità del percorso storico musicale. Alfonso Alberti ha suonato in luoghi come il Konzerthaus di Vienna, il LACMA di Los Angeles, la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, la Cappella Paolina del Quirinale, il Teatro Bibiena di Mantova, la Tonhalle di Düsseldorf; fra i direttori con cui ha collaborato vi sono Tito Ceccherini, Gustav Kuhn, Yoichi Sugiyama, Arturo Tamayo, Pierre-André Valade. Ha pubblicato più di venti dischi solistici e cameristici, ultimo fra questi il cd per pianoforte e orchestra “Giorgio Gaslini – Murales Promenade”, edito da Stradivarius (Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, direttore Yoichi Sugiyama). Per la stessa etichetta, il cd col “Concerto per pianoforte e orchestra di Goffredo Petrassi (Orchestra della RAI, direttore Arturo Tamayo)” ha vinto il Premio della critica come miglior disco 2012 in Italia. Un’intesa musicale e umana particolarmente significativa lo ha legato a Giorgio Gaslini, che gli ha dedicato i suoi ultimi brani per pianoforte e il Concerto per pianoforte e orchestra. Fra i suoi libri: La rosa è senza perché. Niccolò Castiglioni, 1966-1996 (LIM), Vladimir Horowitz (L’Epos) e Le sonate di Claude Debussy (LIM). Alfonso Alberti ama il genere del concerto dialogato, in cui presentare al pubblico i caratteri mutevolissimi del repertorio pianistico e offrire chiavi di lettura sempre nuove. Il suo ideale è un ascolto consapevole che si addentri sempre più a fondo nei significati della musica e nei suoi labirinti. Nel 2010 il canale televisivo Sky Classica gli ha dedicato un documentario per la serie Notevoli. Dal 2017 è uno dei conduttori delle Lezioni di musica di Radio3. Di questo stesso anno è la sua prima raccolta di poesie, Due, volume a quattro mani con Gianni Bombaci per l’editore Il Raccolto. Del 2019 è una plaquette con cinque sue poesie e tempere originali di Adalberto Borioli.
Maryanne Amacher
Maryanne Amacher è nata nel 1938 a Kane, in Pennsylvania. Si iscrisse all’Università della Pennsylvania nel 1955. Studiò con il compositore e teorico Constant Vauclain, con George Rochberg e con Karlheinz Stockhausen a Filadelfia nel 1964 e nel 1965. Ha lavorato presso UPenn e ha tenuto diverse borse di studio. Alla fine degli anni ’60, Amacher ha aperto la strada a quella che lei chiamava “musica a lunga distanza”, o opere telematiche che in seguito si sarebbero cristallizzate nella sua rinomata serie City Links. Durante il suo periodo come borsista presso il Center for Advanced Visual Studies del MIT (1972-1976) ha iniziato a sviluppare il suo progetto “ear tone” con l’aiuto del Triadex Muse di Marvin Minsky, un sintetizzatore e uno strumento di composizione che utilizza i principi dell’intelligenza artificiale. La musica “ear tone” di Amacher ha usato in modo creativo delle frequenze che producono dei battimenti ed emissioni otoacustiche, cioè suoni prodotti spontaneamente all’interno della coclea. Amacher ha seguito da vicino gli sviluppi ei dibattiti nella ricerca otologica e altri fenomeni psicoacustici. Mentre era al MIT, la sua vasta ricerca sull’ascolto è stata anche profondamente influenzata da un feed live continuo, durante quattro anni, dal porto di Boston al suo studio tramite una linea telefonica specifica. Questa trasmissione ambientale monofonica (che non trasmette informazioni spaziali tramite segnali stereo) dall’edificio del Boston Fish Exchange ha contribuito a realizzare un altro obiettivo del suo approccio alla spazializzazione: la trasformazione spettrale e dinamica di un suono crea una forma tridimensionale sottile ma percettibile nello spazio. Ha collaborato con John Cage a metà degli anni ’70 e ha composto “Close Up”, un accompagnamento a “Empty Words” di Cage (1979). Ha anche scritto musiche per la Merce Cunningham Dance Company, e successivamente per un film di Charles Atlas. Ha trascorso gli anni ’80 lavorando anche sui materiali per un dramma in più parti originariamente immaginato per il simulcast televisivo e radiofonico chiamato Intelligent Life. Sebbene non sia mai stata pienamente realizzata, Intelligent Life rivela gran parte del suo pensiero sulla musica. Negli anni ’90 ha lavorato principalmente in Europa e Giappone. Negli anni 2000, è entrata a far parte della facoltà della Milton Avery Graduate School of the Arts del Bard College. Nel 2005 ha ricevuto la più alta onorificenza di Ars Electronica: “Golden Nica”. La sua ultima commissione, rimasta incompiuta, è stata un’opera di una serata che combinava video stereoscopico e una composizione audio a più piani che coinvolgeva circa quaranta altoparlanti.
François Bayle
Dopo un’infanzia in Madagascar e una formazione da autodidatta a Parigi negli anni ’50, François Bayle si unisce nel 1958-60 al Gruppo di Ricerca Musicale (GRM) ed a Pierre Schaeffer, Olivier Messiaen, Karlheinz Stockausen. Nel 1966, diventa responsabile del GRM, poi in seguito all’unione, nel 1975 del GRM con INA diventa direttore del dipartimento Ina-GRM sino al 1997. E il compositore che ha avuto più influenza sulla formazione diu alcuni concetti fondamentali per la musica acusmatica, come la concezione dell’acousmonium (1974) e la fondazione dell’Acusmathèque (1991). Dagli anni ’60 ha una produzione regolare di musica acusmatica. Lui stesso definisce le tappe del suo cammino come “utopie dove si esplorano le genesi dei movimenti sonori, la grammatica della loro formazione, le loro relazioni con gli avvenimenti del mondo fisico e psichico”. Ha ricevuto numerosi premi. L’originalità del percorso di Bayle è cosi sintetizzabile: tutta la sua attività musicale è consacrata all’esplorazione del mondo “acusmatico”, usando un’espressione che lui stesso ha generalizzato. Un ampio campo in seno al quale si muove l’ammiratore appassionato di Jules Verne, Paul Klee, Gaston Bachelard, René Thom. Ed è cosi un esploratore, proiettato nel futuro attraverso la deliberata scelta del materiale attorno al quale organizza la sua creazione, inserito nella realtà quotidiana e ben concreta dei numerosi compiti legati alla scoperta e allo sfruttamento del proprio campo di esplorazione, anche come responsabile del Groupe de Recherches Musicales (INA-GRM) dal 1966 al 1997. Nato in Madagascar nel 1932, termina i suoi studi a Bordeaux. La sua formazione musicale avviene in modo assolutamente personale: è soprattutto a partire dalle esperienze relative al suono stesso che Bayle si rivela e forma. È tuttavia debitore in questo campo a Pierre Schaeffer, Messiaen e Stockhausen se utilizza nelle sue prime opere (a titolo di esperienza) strumenti tradizionali congiuntamente al nastro magnetico (Trois Portraits d’un Oiseau-Qui-N’existe-Pas, 1963). Il riferimento poi viene in seguito abbandonato. Attraverso l’utilizzo di una grammatica, di una aritmetica nuova, relativi solo al settore della manipolazione del suono, François Bayle cerca, allargando senza posa il suo linguaggio, di stabilire una logica – “biologica”, dice il compositore – fra i due mondi immaginativi del pensiero e dell’espressione. Questo sta ai titoli delle sue opere come alle “idee” che le immagini acustiche traducono in altrettante metafore: Espaces inhabitables, 1966; Jeîta ou murmure des eaux, 1970; l’insieme dei 14 pezzi in cinque parti de L’Expérience Acoustique, 1970-73; Purgatoire, d’après Dante, 1971-72; Vibrations composées, 1973; Tremblement de terre très doux, 1978; Toupie dans le ciel, 1979 (Erosphère I e III); Le cinque parti della suite Son Vitesse-Lumière, 1980-83; Les couleurs de la nuit, 1982; Motion-Emotion, 1985; Théâtre d’ombres, 1989; Fabulae, 1992; La Main Vide, 1994; Morceaux de Ciels, 1997; La forme du temps est un cercle, 1999-02; La forme de l’esprit est un papillon, 2002-04; Univers nerveux, 2004-05; Extra-Ordinaire, 2005. La maggior parte di questi titoli sono stati incisi per l’etichetta Magison. Numerosi i riconoscimenti, fra i quali il Grand Prix de la Musique de la Ville de Paris 1996, Grand Prix de l’Académie Charles Cros 1999, per l’insieme del catalogo CD (Magison Cycle Bayle, volumi da 1 a 18).
Alessandro Cortini
Musicista, produttore, compositore e ideatore di strumenti, è una delle figure più importanti della musica elettronica contemporanea. Nato in Italia e residente a Lisbona dopo molti anni negli Stati Uniti e a Berlino, Alessandro Cortini è apprezzato in tutto il mondo come membro del rivoluzionario gruppo rock industrial Nine Inch Nails, dove scrive e arrangia le parti di elettronica. Più recentemente è tornato allo strumento che ha catturato la sua attenzione in gioventù, la chitarra. Mentre registra o è in tour con i NIN, Cortini coltiva diversi progetti solisti, saliti alla ribalta e ricevendo il plauso della critica. Con il moniker Sonoio ha pubblicato una serie di album synth-pop. Sotto gli alias di Skarn e Slumberman ha creato un mondo parallelo di musica elettronica con l’inimitabile stile per cui oggi è riconosciuto. Le collaborazioni con Merzbow, Don Buchla e Lawrence English hanno mostrato nuovi aspetti dell’arte di Cortini che catturano la sua capacità di sperimentazione. Ma l’apice della sua produzione si avverte con maggior passione nei lavori pubblicati sotto il suo vero nome, a partire dal trittico di album per Important Records, “Forse 1” del 2013, a cui hanno fatto seguito “Forse 2” e “Forse 3”. Pezzi drone accuratamente sagomati evolvono senza sforzo con acuto senso del pop: è quanto si delinea nei due album usciti su Hospital Productions di Dominick Fernow nello stesso periodo, “Sonno” e “Risveglio”, opere che abitano un terreno più oscuro e astratto. Con “Avanti” nel 2017 si entra in modo esplicito in una dimensione più intima, qualcosa di già percepito ma rimasto finora sfocato e ai margini. La capacità di Cortini di immergersi in una musica profondamente toccante è sostenuta e messa in tensione grazie all’uso di strumenti analogici nella produzione dell’album. Nel 2019 ha firmato con la prestigiosa etichetta indipendente Mute per l’ottavo album in studio, “Volume Massimo”, ed il suo seguito, “Scuro Chiaro” del 2021. Due importanti nuovi capitoli nella sua carriera discografica in cui emerge l’equilibrio tra composizione analogica e dissonanza catartica nella sfera della beatitudine, in particolare quel tipo di elettronica profonda, malinconica e raffinata che lo contraddistingue.
Donato Dozzy
Donato Dozzy (vero cognome Scaramuzzi) è considerato tra i migliori esponenti di musica elettronica della sua generazione in Italia nel mondo, dove si è costruito la propria fama come dj, compositore e produttore. Come in uno stato di perenne sfida creativa con sé stesso, Dozzy dimostra di possedere una grandissima capacità e varietà in termini di suono e metodo, che riversa attraverso le numerose uscite discografiche, le installazioni per spazi pubblici e musei, gli strumenti musicali anche inusuali che utilizza e i progetti collaborativi con altri produttori, cantanti e artisti visivi. I suoi set sono così lussureggianti e ipnotici da essere considerati terapeutici. Le sue registrazioni ed esibizioni consistono nella costruzione di suoni in lenta evoluzione, con ritmi minimi ma dettagliati e la presenza occasionale di elementi naturali o trame sintetiche che li evocano. Dozzy impara a fare il dj nei primi anni Ottanta e inizialmente alterna generi come dub, reggae e italo disco. Si innamora della techno e dell’acid house alla fine di quel decennio, ma trascorre gran parte degli anni Novanta concentrandosi sullo studio invece che sulla musica, laureandosi in scienze politiche all’Università di Roma. Avvia una residenza da dj al club romano Brancaleone nel 1999 ed entra a far parte di una band chiamata Kitchen Tools nel 2001. Dopo essersi trasferito a Berlino nel 2004, diventa resident al Panorama Bar, che contribuisce ad accrescere la sua fama. Inizia a pubblicare singoli su etichette come Orange Groove ed Elettronica Romana, spesso in collaborazione con produttori come Brando Lupi e Giorgio Gigli, e fonda la Dozzy Records nel 2006. Il primo album da solista, “K”, è pubblicato da Further Records nel 2010. L’anno successivo riceve enormi consensi per il suo progetto ambient techno Voices from the Lake – creato con il sound designer Giuseppe Tillieci aka Neel – il cui omonimo album di debutto appare nel 2012. Da allora, gli album di Dozzy diventano più concettuali, esplorando materiale di origine limitata, come i suoni prodotti da un singolo artista (“Donato Dozzy plays Bee Mask”) o uno strumento (“The Loud Silence”, derivato dall’arpa a bocca). L’artista romano gira nei più quotati festival internazionali, realizzando set molto acclamati come quelli al Labyrinth in Giappone nel 2007 e nel 2008. Sempre nel 2008, insieme a Nuel (Manuel Fogliata), lancia l’etichetta Aquaplano e pubblica una serie di 12″ techno limitati, andati rapidamente esauriti e ottenendo lo status di cult. Nel 2014 collabora con la vocalist Anna Caragnano per l’album “Sintetizzatrice”. Dozzy e Neel creano l’etichetta Spazio Disponibile nel 2016, mentre Dozzy da solo continua a pubblicare singoli su altre etichette tra cui Bunker New York, Claque Musique e Eerie. Il suo full-lenght influenzato dall’acid techno “Filo Loves the Acid” è pubblicato da Tresor nel 2018. Per le “One Instrument Sessions” dal suono retrò del 2019, utilizza esclusivamente un EMS synthi AKS. Nell’ottobre 2020 esce Il Quadro di Troisi, il suo primo progetto synth pop con l’artista elettronica italiana Eva Geist (Andrea Noce).
Brian Eno
Nato nel 1948 a Woodbridge, è un produttore, compositore, tastierista e cantante britannico che ha contribuito a definire e reinventare il suono di alcuni delle band più popolari degli anni ’80 e ’90 creando il genere della musica ambient. Iniziò a sperimentare con la musica elettronica nel 1971 unendosi alla band Roxy Music come tastierista e consulente tecnico. Dal 1973 iniziò una carriera da solista. Nella produzione dell’album No Pussyfooting (1973), in collaborazione con il chitarrista Robert Fripp, utilizzò tecniche di tape-echo e tape-delay per creare nuovi suoni e raggiunse la Top 30 in Gran Bretagna. A metà degli anni ’70 Eno iniziò a sviluppare la sua teoria della musica ambient, creando strati strumentali sottili per influenzare l’umore attraverso il suono: Discrete Music (1975), Music for Films (1978) e Music for Airports (1979). Durante questo periodo iniziò anche a produrre album per altri artisti, e il suo approccio sperimentale alla musica si adattava bene ad artisti alternativi come Devo, Ultravox e David Bowie (specialmente nella trilogia di album di Bowie registrati principalmente a Berlino). Ma è soprattutto nelle collaborazioni con i Talking Heads e gli U2 che gli ascoltatori mainstream hanno acquisito familiarità con il suo suono, in particolare nell’album Remain in Light dei Talking Heads (1980) e in Unforgettable Fire (1984), The Joshua Tree (1987) e Achtung Baby (1991) degli U2. Per tutti gli anni ’90, Eno si è unito a numerosi artisti visivi per fornire colonne sonore alle installazioni e nel 1995 ha lavorato con Laurie Anderson. Poi è tornato come produttore per Surprise (2006) di Paul Simon. Nel 2008 ha collaborato con l’ex frontman dei Talking Heads David Byrne. Adottando il modello di autopubblicazione reso popolare dai Radiohead, Byrne ed Eno hanno pubblicato Everything That Happens Will Happen Today su Internet, dove gli ascoltatori potevano riprodurre in streaming l’intero album gratuitamente o acquistare copie fisiche o digitali direttamente dagli artisti. Sempre nel 2008 Eno e Peter Chilvers hanno debuttato la prima di numerose app per smartphone che hanno permesso all’utente di creare musica generativa. Eno ha successivamente collaborato con Karl Hyde della band elettronica britannica Underworld per Someday World ispirato all’afrobeat e High Life (entrambi nel 2014) e con il pianista Tom Rogerson in Finding Shore (2017). Nel 2018 ha pubblicato un cofanetto di musica commissionata per opere d’arte, Music for Installations. Ha collaborato con suo fratello, Roger Eno, in Mixing Colors (2020), una serie di poesie tonali. Ha anche pubblicato Film Music 1967–2020, una raccolta delle sue canzoni che erano state utilizzate nei film e in televisione.
Philip Glass
Nato a Baltimora il 31 gennaio 1937. Autore di musica contemporanea, è solitamente considerato tra i capifila del minimalismo musicale con Steve Reich, La Monte Young, Terry Riley, John Adams. Esaurito il periodo di massima produzione minimalista, contrariamente agli autori succitati, a parte forse Adams, si è progressivamente emancipato, scegliendo uno stile di più facile fruizione, postminimalista, meno rigoroso, e spesso volto verso la tradizione sinfonica americana. Dagli anni ottanta ha preferito prendere le distanze dal termine, mantenendo nel suo stile una forma iterativa, ma ampliando al massimo le possibilità espressive offerte dalla tonalità, e accogliendo sempre più suggestioni dalle culture musicali extraeuropee, interesse del resto già manifestato all’inizio della carriera collaborando con il musicista indiano e compositore Ravi Shankar. Tra le sue opere compaiono numerosi componimenti musicali di vario tipo, con una certa predilezione per le forme sceniche (teatro, danza, performance) e le colonne sonore di diversi film e documentari. Celebre, in quest’ultima categoria, la serie di film realizzati da Godfrey Reggio a cavallo tra il 1983 e il 2003 e basati su profezie degli indiani Hopi, nota come “Trilogia Qatsi”: lo stesso Glass ha portato in tournée anche in Italia concerti live in cui il suo ensemble esegue le musiche direttamente sulle immagini dei film (prima esecuzione integrale: Torino, Settembre Musica, Auditorium “Giovanni Agnelli” del Lingotto, settembre 2005). Ha collaborato con vari artisti della scena ambient (tra cui Brian Eno) e pop-rock (tra cui David Bowie, di cui ha adottato i temi di “Low” e “Heroes” per comporre le omonime sinfonie). Philip Glass è stato inoltre posizionato al numero 9 della Top 100 geni viventi stilata nel 2007 dalla rivista inglese The Telegraph.
Francesco Messina
Nato nel 1951, siciliano d’origine ma milanese d’adozione, Messina è fotografo, grafico e realizzatore di copertine, tastierista, autore di testi e musiche. Le sue realizzazioni discografiche sono però ridotte a soli tre album. Il debutto avvenne nel 1979 con l’album “Prati bagnati del monte Analogo” inciso in coppia con Raul Lovisoni. L’album, stampato per la Cramps e prodotto da Franco Battiato, era basato sul romanzo incompiuto “Le Mont Analogue” di René Daumal. La musica era di genere elettronico-sperimentale. I due si ritagliarono rispettivamente un lato a testa: il primo è occupato da un lungo brano di Messina, l’altro da due brani di Lovisoni. La seconda uscita discografica fu nel 1982 e ancora una volta si trattava di una realizzazione con un altro autore: Henri Thomasson. Il disco, “La vera storia di Kas-Kas il piccolo scoiattolo”, prodotto ancora da Franco Battiato per la CGD e realizzato a sostegno del WWF, era una fiaba per bambini con testi tradotti in italiano e le musiche scritte da Messina. Nel 1983 arrivò finalmente l’esordio solista per Francesco Messina. Incise infatti, producendolo per la Casablanca Records (un marchio Polygram), “Medio Occidente”, composto da 8 brani da lui scritti di cui 5 strumentali. Nello stesso periodo Messina inoltre scrisse e collaborò con Alberto Radius, Giusto Pio, Alice e Franco Battiato e con tutto l’ambiente che gravitava attorno allo stesso. Attualmente si occupa, saltuariamente, di produzioni e colonne sonore. Risiede in provincia di Udine con la cantante Alice (Carla Bissi), di cui è compagno dai primi anni ’80 e di cui è produttore e coautore dei dischi.
Andrew Pekler
Nato nel 1973 a Samarcanda, nella ex Unione Sovietica. La sua famiglia emigrò negli Stati Uniti nel 1980. Risiede in Germania dal 1995. Andrew Pekler lavora con tecniche di campionamento digitale e di sintesi con l’obiettivo di ricontestualizzare i reperti sonori e i materiali musicali d’archivio. Dal 2002 ha pubblicato lavori musicali solisti e in collaborazione per etichette tra cui Faitiche, Shelter Press, Kranky, Staubgold e Senufo Editions. Pekler ha anche prodotto una serie di video e installazioni, sempre in combinazione con fonti sonore. Insieme all’antropologa culturale Stefanie Kiwi Menrath ha sviluppato Phantom Islands – A Sonic Atlas, una mappa online interattiva che traccia i suoni e le storie di un certo numero di isole che una volta si trovavano sulle carte nautiche ma da allora sono scomparse. Oltre alle sue produzioni in studio, Andrew Pekler ha composto musica per teatro, danza, installazioni, film e tenuto numerosi concerti in Europa, Nord e Sud America, Asia e Australia.
Emanuela Piemonti
Si accosta al pianoforte all’età di quattro anni sotto la guida della madre e studia successivamente al Conservatorio di Milano con Anita Porrini ed Alberto Mozzati diplomandosi a pieni voti nel 1980. Lo studio dello strumento si è sempre affiancato all’esperienza del “suonare insieme” ad altri musicisti: fin dai suoi undici anni affronta con grande passione la musica da camera dal duo al settimino, prima con giovani talenti poi con interpreti di fama internazionale quali H. Baumann, F. Maggio Ormezowski, J. Mackeney, E. Dindo, M. Hossen, M. Scharapan. Nella fervida atmosfera della Scuola di Fiesole frequenta i corsi tenuti dal Trio di Trieste e incontra personalità musicali per lei determinanti: D. De Rosa, punto di riferimento costante, P. Farulli, A. Baldovino, R. Zanettovich, M. Jones, N. Brainin e V. Berlinskij. Nel 1982 fonda con Paolo Ghidoni e Alberto Drufuca il Trio Matisse con il quale vince i Premi internazionali V. Gui di Firenze, Atkinson di Milano e Città di Torino, risultando finalista alla Melbourne Chamber Music Competition. Intraprende una carriera che la porterà a frequentare le Sale italiane più prestigiose e a effettuare tournée in Germania, Spagna, Francia, Portogallo, Israele, Australia, Cina. Ha sempre ritenuto essenziale per la sua ricerca personale e musicale affiancare ai classici la nuova musica, collaborando con compositori quali M. Kagel, L. de Pablo, S. Sciarrino, G. Kurtág, L. Francesconi, I. Fedele, A. Solbiati. Ha inciso per le etichette Aura, Amadeus, Limenmusic e Stradivarius. Nel 2013, per la casa discografica Naxos, registra i due Tripli Concerti di Casella e di Ghedini, disco che ha vinto il premio Choc de Classica per la rivista francese Classica Magazine. Titolare della cattedra di musica da camera al Conservatorio di Milano, ritiene l’esperienza didattica importante e appassionante quanto quella esecutiva.
Marta Salogni
Produttrice discografica e ingegnere del suono nominata ai Grammy. È nata in Italia e opera nel suo Studio Zona a Londra. Ha collaborato con Björk, Sampha, M.I.A, Bon Iver, Black Midi, Romy, Porridge Radio, Animal Collective, Holly Herndon, Circuit des Yeux, HAAi, Ela Minus, Mica Levi, Dreamwife, Daniel Avery, Planningtorock, Lafawndah, Rosie Lowe e Duval Timothy, Alex Cameron, Shura e gli Orielles. Come tecnico, ha lavorato al mixer al fianco di David Wrench su progetti per Frank Ocean, The xx, Goldfrapp, FKA Twigs, David Byrne. Esegue inoltre set improvvisati e composti utilizzando registratori a nastro, creando loop, feedback ed echi attraverso la manipolazione di suoni sia dal vivo che preparati, utilizzando la sua collezione di Revox, Ferrograph, Akai e Teac da bobina a bobina. Collabora con altri artisti, rielaborando i loro suoni dal vivo attraverso i suoi labirinti di nastro magnetico, tessendo intricati arazzi sonori. Nel 2023 ha pubblicato il disco “Music For Open Spaces” per l’etichetta Hands In The Dark, scritto ed eseguito con Tom Relleen. L’album è stato registrato a Joshua Tree, in Cornovaglia e Londra, ed è ispirato ai paesaggi del luogo. Le uscite precedenti includono “L’Ebbrezza Delle Grandi Profondità”, un omaggio sonoro al libro di Jacques Cousteau “The Silent World” registrato con Francesco Fonassi a Spettro (Brescia) nel settembre 2021 e pubblicato dall’etichetta Canti Magnetici. A Londra Marta gestisce un ente di beneficenza chiamato “Free Youth Orchestra”, per facilitare l’accesso agli strumenti e attrezzature musicali, fornendo strumenti e laboratori gratuiti gestiti da musicisti locali. Ha iniziato a lavorare come tecnico del suono dal vivo per il centro sociale Magazzino 47 e l’emittente radiofonica indipendente Radio Onda D’Urto, locali senza scopo di lucro e organizzazioni di controcultura per concerti, festival e produzioni teatrali. Marta ha ricevuto il premio MPG (Music Producer’s Guild) Breakthrough Engineer of the Year 2018, Breakthrough Producer of the Year 2020 e UK Music Producer of the Year 2022.
Syntax Ensemble
Il Syntax Ensemble, nato nel 2018 dall’incontro del compositore e direttore d’orchestra Pasquale Corrado, del compositore Maurilio Cacciatore e del violoncellista Michele Marco Rossi raduna alcuni dei migliori musicisti del panorama nazionale ed europeo: l’aver riunito in un progetto collettivo una serie di musicisti con una già affermata carriera solistica internazionale è una delle caratteristiche che rappresentano l’unicità dell’ensemble, forte anche della qualità e originalità della proposta artistica e dei programmi da concerto, che affrontano un repertorio di caratura internazionale. Nel 2019 l’ensemble ha esordito nella prima stagione concertistica presso il Teatro Dal Verme di Milano, ottenendo fin da subito unanimi consensi di pubblico e critica, successo che si è riconfermato – non ostante le note condizioni sanitarie – a settembre e ottobre 2020, in occasione dei concerti della seconda stagione. Dal 2022, l’ensemble è in residenza al Centro Culturale San Fedele.
Pasquale Corrado, direttore
Valentina Coladonato, voce
Maruta Starvoltava, flauto
Marco Ignoti, clarinetto
Federica Severini, violino
Fernando Caida Greco, violoncello,
Anna D’Errico, pianoforte
Dario Savron, percussioni
Francesco Tristano
Francesco Tristano conduce una poliedrica carriera come pianista, compositore e produttore, approfondendo la musica classica ed elettronica. Come artista classico, è associato alla musica barocca, in particolare J.S. Bach, così come Buxtehude e Frescobaldi. Tristano è ugualmente a suo agio nella musica contemporanea e d’avanguardia, eseguendo le opere di Luciano Berio, John Cage e Igor Stravinsky oltre alle sue composizioni. Ha firmato con l’iconica etichetta Deutsche Grammophon nel 2011 e ha pubblicato tre album: “BachCage”, “Long Walk” (Bach/Buxtehude/Tristano, 2012) e “Scandale” (Stravinsky/Ravel/Tristano, 2014), con la pianista tedesca Alice Sara Ott. Anche nel contesto della musica elettronica Tristano è affermato come produttore ed artista, in virtù della collaborazione con l’etichetta techno di Berlino Get Physical Music dal 2014, poi con l’etichetta di Detroit Transmat, che pubblica la sua rielaborazione di “Merry Christmas Mr. Lawrence” di Ryuichi Sakamoto. Francesco Tristano ha anche arrangiato, orchestrato ed eseguito da solista l’album “Versus” (2017) di Carl Craig, con l’Orchestra Les Siècles diretta da François-Xavier Roth. Nel 2016, ha lanciato lo spettacolo audiovisivo Goldberg City Variations, basato sulla Cosmic City (di Iannis Xenakis), una futuristica rivisitazione urbana risultante dalle oltre 20.000 oscillazioni sonore che costituiscono le Variazioni di Goldberg di Bach e declinata in immagini da una trasposizione video in tempo reale. In occasione dell’85° anniversario della nascita di Glenn Gould (2017), Tristano ha partecipato a una serie di mostre e concerti curati da Ryuichi Sakamoto intitolata Glenn Gould Gathering presso la Sogetsu Hall in Tokyo, dove ha eseguito il tributo “Glenn Gould – Remodels”, poi pubblicato come album dal vivo. Ha debuttato per la Sony Classical con “Piano Circle Songs” (2017), che include alcune collaborazioni con Chilly Gonzales; con “Tokyo Stories” (2019), ha espresso l’amore musicale per la sua città adottiva. Infine con “Tristano plays Gulda” ha commemorato il 20° anniversario della morte dell’artista nel gennaio 2020. Nel 2018/19 Tristano ha collaborato con la società giapponese Yamaha per creare il primo algoritmo di performance dell’intelligenza artificiale di Glenn Gould, presentato per la prima volta nel 2019 al festival Ars Nova di Linz con grande successo di critica. Nel 2020 è stato premiato con l’Opus Klassik nella categoria Classica senza frontiere per l’album Tokyo Stories. Il suo fascino simultaneo per i suoni cesellati di Bach e la ritmica della techno; il suo interesse per lo studio del rumore, degli effetti e dei timbri compiuto da compositori come Cage o Ligeti; e la necessità di esplorare la propria immaginazione attraverso album come “Idiosynkrasia” (2010) o il recente “Tokyo Stories” (2019), può essere fatta risalire ai tempi in cui era studente alla Juilliard School di New York.
Iannis Xenakis
Nato a Brăila, in Romania, nel 1922, da genitori greci, all’età di 10 anni si trasferì con la famiglia in Grecia, dove in seguito iniziò gli studi di architettura e ingegneria ad Atene. Interruppe i suoi studi nel 1941, a causa dell’invasione del suo paese da parte dei nazisti. Prese parte alla Resistenza durante la Seconda guerra mondiale e nella prima fase della guerra civile greca in qualità di membro della compagnia di studenti Lord Byron dell’Esercito popolare greco di liberazione (ΕΛΑΣ – Ellinikós Laïkós Apeleftherotikós Stratós). Nel 1945 fu ferito al volto dall’esplosione di un obice, riportando gravissime lesioni che lo lasciarono semisfigurato causandogli anche la perdita di un occhio.Nel 1946 poté terminare gli studi ed ottenere il titolo di ingegnere, ma in seguito alle sue attività politiche durante la guerra fu duramente perseguitato (in seguito verrà perfino condannato a morte), ragion per cui decise di emigrare: grazie ad un passaporto falso riuscì ad arrivare in Francia nel 1947. Stabilitosi a Parigi, nel 1948 iniziò a lavorare per lo studio dell’architetto Le Corbusier, in qualità di ingegnere. Incominciò ben presto a collaborare alla progettazione di varie opere importanti in cui lo studio era impegnato in quel periodo, come le unità abitative di Nantes (1949) e di Briey-en-Forêt, il Centro culturale di Bagdad (1957), il convento di La Tourette (1953) ed il famoso Padiglione Philips per la Fiera di Bruxelles (1958), che fu sede della prima esecuzione del Poème Électronique di Edgard Varèse. La struttura del Padiglione in effetti era basata sulle stesse concezioni formali che Xenakis aveva già utilizzato nel suo brano Metastaseis, da lui composto quattro anni prima. La natura “duale” di queste opere (“Metastaseis” ed il Padiglione Philips) è un esempio della teoria meta-artistica di Xenakis, secondo la quale un’espressione artistica basata su un calcolo matematico può essere realizzata indifferentemente dal tipo di media utilizzato. Fu poco dopo l’arrivo a Parigi che Xenakis cominciò i suoi studi di composizione, inizialmente sotto la guida di Arthur Honegger e Darius Milhaud, con i quali, tuttavia, ebbe rapporti non facili e si trovò ben presto in conflitto riguardo ai loro metodi didattici. A partire dal 1951 fu allievo di Olivier Messiaen, di cui seguì assiduamente i corsi di analisi presso il Conservatorio Superiore di Parigi. Ebbe così modo di accrescere la propria consapevolezza, assieme alle capacità tecniche compositive, al punto che in breve tempo iniziò ad applicare i concetti matematici e architettonici sviluppati nello studio di Le Corbusier con del materiale prettamente musicale, indirizzo questo molto caldeggiato da Messiaen stesso. Nel 1955 il direttore d’orchestra Hans Rosbaud diresse la prima esecuzione del suo brano Metastaseis al Festival di Donaueschingen; questo brano e quelli immediatamente successivi (Phitoprakta del 1956 e Achorripsis del 1957), assieme agli articoli che Xenakis pubblicò su “Gravesaner Blätter”, la rivista di musicologia diretta da Hermann Scherchen, diedero a Xenakis una notorietà internazionale, che finalmente gli permise di dedicarsi esclusivamente e totalmente alla composizione. Nel 1963 pubblicò il volume “Musiques Formelles” (in seguito rivisto ed ampliato nel 1971 e nel 1990), una raccolta di suoi saggi sulle sue idee musicali e sulle sue personali tecniche compositive. Da pioniere dell’uso del computer nell’ambito della “composizione algoritmica”, Xenakis fondò nel 1966 il CEMAMu (Centre d’Études de Mathématique et Automatique Musicales), istituto dedicato allo studio dell’applicazione informatica nella musica, dove successivamente ha concepito e sviluppato il sistema UPIC, che permette la realizzazione sonora diretta della notazione grafica di forme geometriche. Fondò inoltre un istituto dagli intenti simili presso l’Indiana University a Bloomington (Stati Uniti). Dal 1975 al 1978 fu professore di composizione al Gresham College di Londra, dove tenne anche numerose conferenze pubbliche.