“Un Paese che investe nel Bonus rubinetti e cancella il Bonus cultura è destinato ad affogare nella sua ignoranza. Legare l’accesso alle risorse della 18app al reddito familiare o al punteggio dell’esame di maturità non crea solo disparità all’interno delle nuove generazioni ma è soprattutto un errore storico per uno dei Paesi con il maggior livello di analfabetismo funzionale d’Europa. Al di là degli interessi politici di parte, che sono certo non interessino né agli operatori di settore né ai giovani consumatori, è necessario investire sulle nuove generazioni, sulla loro formazione e sul loro futuro, che è anche quello di tutto il Paese e invece non stupisce la conferma che le parole giovani e cultura rientrino in quella lunga lista di promesse elettorali non mantenute”. Replica così Sergio Cerruti, presidente di dell’Associazione Fonografici Italiani (AFI), già vicepresidente di Confindustria Cultura nonché Presidente del Gruppo Media Comunicazione e Spettacolo di Assolombarda.
“Un bonus per pochi che evidenzia la differenza di possibilità tra classi sociali più o meno abbienti, una dichiarazione che oltre essere in netta contrapposizione con gli ideali storici di parte, registra un altro evidente segnale dei tempi che cambiano per non cambiare mai. La 18app non è solo uno stimolo alla vendita di prodotti e servizi culturali, di cui sicuramente hanno beneficiato le imprese del settore, ma è anche e soprattutto un’opportunità per responsabilizzare i giovani sul valore dell’investimento in formazione e conoscenza, gli unici strumenti a garanzia della loro libertà – continua Cerruti -. Da anni le ideologie politiche influenzano le scelte dei nostri legislatori, specialmente durante la Legge di Bilancio, mi preme però evidenziare che questa volta siano intervenute anche nelle modalità operative. L’ordine logico degli eventi avrebbe voluto che prima venisse sostanziata la nuova norma e poi abrogata quella in vigore. Al contrario, oggi ci troviamo con l’ipotesi di una nuova Carta Cultura di cui stiamo ancora cercando di capire i meccanismi applicativi, la cui unica caratteristica nota è che verrà drasticamente limitata”.
“Per quanto sia soddisfatto di vedere la parola cultura stampata sulle prime pagine dei principali quotidiani, mi dispiace avvenga solo in conseguenza all’ipotesi di eliminare risorse e mai per sottolineare la capacità dello Stato si supportare e valorizzare il settore della cultura”. La chiosa di Cerruti: “Mi piacerebbe che questo nuovo Governo possa farsi portatore delle istanze del settore culturale, come l’adeguamento dell’aliquota IVA che da sempre viene ignorato dalle manovre di bilancio, fino al riordino delle aziende di Stato come la RAI che da anni non paga i diritti agli artisti e ai produttori. Se il cambio di passo verso l’interpretazione del concetto di cultura non avviene dapprima internamente, nessuna parziale correzione di rotta diffusa a mezzo stampa sarà mai effettivamente credibile”.