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Certe canzoni arrivano solo quando è il loro momento.
E certe svolte artistiche anche. Lo sa bene Sèmièl, cantautore toscano al suo debutto discografico in lingua italiana, che dopo anni di scrittura in inglese e un tour in Giappone, ha deciso di portare nella sua lingua madre tutta la ricchezza di esperienze raccolte altrove.

Nel suo singolo “Le vie di Tokyo”, l’Oriente diventa metafora, ricordo e rinascita. Ma dietro questo brano non c’è solo un viaggio fisico: c’è un percorso di ricerca, una sensibilità raffinata e un’idea di destino che si intreccia con la musica stessa.

In questa intervista, Sèmièl ci racconta come nascono le sue canzoni, cosa ha significato suonare a Tokyo, e come ha trasferito nella scrittura in italiano quell’attenzione ai dettagli sviluppata durante anni di sperimentazioni in inglese.


🎤 INTERVISTA A SÈMIÈL

Cosa significa per te il concetto di “destino” e come credi che si manifesti nella tua vita e nella tua musica?

Se dovessi mettermi quì-adesso a fare un conto a cazzotto ti direi che sicuramente la maggior parte degli eventi che mi hanno cambiato la vita non li ho prodotti io, ma anzi, mi sono accaduti. Per me il destino è il tempo che intercorre tra una scelta e la scelta successiva. Musicalmente parlando invece ho più manovra, la musica è sempre meno complessa della vita stessa. Percepisco il destino come una miscela di concatenazioni di scelte ed eventi passivi che vanno a determinare il tipo di idea mi viene in mente per scrivere una canzone.


Come descriveresti il tuo processo creativo quando scrivi una canzone come “Le vie di Tokyo”?

La parola chiave credo sia “Naturalezza”, voglio che melodie, tempo e dinamica possano venire a galla da sole. Per questa canzone in particolare credo di aver aspettato anni per metterla insieme perché semplicemente non era il suo momento e infatti ha dato prova di esser stata parte di un concetto più ampio e profondo.
Per metterla in massima, ogni canzone vuole essere scritta a modo proprio.


Qual è stato il momento più emozionante del tuo tour in Giappone e come ha influenzato la tua musica?

Nel backstage, 15 minuti prima del mio set sono riuscito a rilassarmi, roba abbastanza strana per me. Solitamente sento la classica ansia mista ad adrenalina e invece mi sono fermato un attimo e mi sono reso conto che stavo suonando la mia musica e le mie parole dall’altra parte del mondo nella città più popolata del pianeta. È sempre stato il mio sogno da quando ero un bambino, ho pianto un bel po’. Probabilmente averlo realizzato mi ha messo in pace con me stesso su diversi piani e ho sentito la necessità di rinascere artisticamente.
Dal punto di vista musicale il Giappone ha consolidato il mio approccio all’ecletticità e alla sperimentazione, sono tornato a casa con molta più confidenza in me e in quello che scrivo.


Come pensi che la tua esperienza come cantautore in lingua inglese abbia influenzato il tuo approccio alla scrittura in italiano?

Parto dal presupposto di aver avuto sempre un mio modo di interpretare le melodie e le armonie. Ad ogni modo l’inglese ha generalmente una sillabazione più corta rispetto all’italiano, quindi ho avuto più margine per studiare vari tipi di incastri, sia armonici che metrici così nel corso degli anni ho sviluppato questa tendenza ad associare le sillabe alle note. Penso di essere riuscito a riportare questo mio piccolo marchio di fabbrica nel capitolo “musica italiana”.


Cosa ti aspetti dal futuro della tua carriera musicale e come vedi te stesso evolversi come artista?

Mi vedo in tour il più possibile e scrivere cercando di sorprendere di me stesso il più possibile sperando di sorprendere anche voi.

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