Skip to main content

In un panorama musicale dove la complessità spesso prende il sopravvento, c’è chi sceglie di tornare all’essenziale, rivendicando la forza della semplicità come cifra stilistica e identitaria. È il caso del cantautore protagonista di questa intervista, che con l’EP Fatto così ha tracciato un percorso sonoro coerente e personale, fatto di atmosfere pop anni ’70, suggestioni elettroniche e una scrittura diretta, ma mai banale.

Dalla Calabria a Roma, passando per la dimensione fluida del digitale, il suo viaggio artistico è un continuo equilibrio tra radici e sperimentazione, tra forma e sostanza. Abbiamo voluto approfondire con lui il processo creativo, le sfide di produzione e il legame con i luoghi dell’anima, per capire cosa significa oggi scrivere e produrre musica restando fedeli a sé stessi.

Ecco cosa ci ha raccontato.


“Fatto così” sottolinea l’importanza della semplicità al posto dei tecnicismi: come hai lavorato per mantenere questa autenticità sonora e testuale in un mondo musicale sempre più complesso?

Ho sempre seguito il mio gusto musicale, e per quanto riguarda i testi cerco di usare parole semplici per esprimere i concetti. In realtà, questa regola vale anche per la musica: cerco di mantenere melodie e strutture semplici, magari divertendomi un po’ di più con l’armonia, ma senza mai esagerare o risultare fastidioso. Il mio obiettivo è sempre lo stesso: avere la botte piena e la moglie ubriaca!


Tra pop anni ’70, nostalgiche atmosfere ’80 e tocchi di elettronica moderna, qual è stata la sfida più grande nel bilanciare queste influenze per creare un sound coerente e “indie-pendente”?

Sicuramente, nella scelta dei suoni di brani come Le parole fra le mani e Musica in testa, ho dovuto lavorare per trovare il giusto equilibrio: alcuni elementi elettronici rischiavano di coprire il groove costruito con basso, chitarra e batteria. Il mio intento è sempre quello di partire da una base analogica, aggiungendo intorno elementi elettronici che ne valorizzino l’atmosfera. Nel prossimo lavoro manterrò questa filosofia, ma con un approccio più essenziale e minimalista, usando meno suoni per evitare squilibri e lasciare più spazio alla musica.


Ogni brano di Fatto così esplora un pezzetto del tuo universo interiore: quale traccia ti ha messo di fronte alla tua parte più vulnerabile e perché?

Le parole fra le mani è sicuramente la traccia più intima, quella che racconta una parte della mia vita che, in un certo senso, devo ancora scontare. Potrei raccontarti tutto, e sicuramente ne verrebbe fuori una bella storia… ma è meglio ascoltare il brano: è decisamente meno pesante di un libro!


Il tuo percorso da sassofonista classico a cantautore filosofico ti ha fatto viaggiare tra Calabria, Roma e ora il digitale: come cambia la tua ispirazione quando torni ai luoghi delle tue radici rispetto alla dimensione virtuale del tuo EP?

La Calabria ha sicuramente dei luoghi magici, e non solo per me. Tornarci ogni volta mi fa riscoprire il valore delle cose semplici. Può sembrare strano, ma qualsiasi cosa fatta immersi nella natura acquista un sapore diverso—che si tratti di mangiare un panino o suonare la chitarra. In sintesi, la Calabria è un posto che spesso mi ispira, e credo proprio che quest’anno, volente o nolente, finirò lì il mio prossimo EP da sei brani.
Grazie e… a presto!

Lascia un commento