C’è un filo invisibile che lega musica, teatro, poesia e impegno. Un filo che attraversa l’opera di Herbert Pagani, artista poliedrico e visionario, e che oggi torna a vibrare nel doppio album “Pagani per Pagani”, realizzato dalla sorella Caroline.
Attrice, cantante e autrice, Caroline Pagani firma un progetto intenso e raffinato, che rende omaggio alla figura di Herbert con uno sguardo personale, ma anche collettivo. Un dialogo tra generazioni e tra linguaggi, dove le canzoni diventano teatro, e la memoria familiare si fa voce universale. Ne abbiamo parlato direttamente con lei, in un’intervista che mescola emozione, riflessione e tanta, tantissima arte.
C’è un filo invisibile che lega musica, teatro, poesia e impegno. Un filo che attraversa l’opera di Herbert Pagani, artista poliedrico e visionario, e che oggi torna a vibrare nel doppio album “Pagani per Pagani”, realizzato dalla sorella Caroline.
Attrice, cantante e autrice, Caroline Pagani firma un progetto intenso e raffinato, che rende omaggio alla figura di Herbert con uno sguardo intimo ma anche universale. Un dialogo tra generazioni e tra linguaggi artistici dove le canzoni diventano teatro, e la memoria familiare si fa voce collettiva. Ne abbiamo parlato direttamente con lei, in un’intervista che mescola emozione, riflessione e tanta, tantissima arte.
Herbert Pagani è stato un artista poliedrico e visionario. Nel tuo doppio album “Pagani per Pagani”, quali aspetti della sua arte hai voluto mettere maggiormente in luce e perché?
Nel doppio album che ho dedicato a mio fratello Herbert ho cercato di mettere in luce la ricchezza e la complessità dei suoi contenuti, espressi con una forma elegante, che è presente nella struttura delle sue canzoni, evidenziandone la varietà e la forma, sempre accurata. Herbert riusciva a unire profondità e leggerezza, come negli
adattamenti italiani delle canzoni di Jacques Brel – come “Sai che basta l’amore” – mostrano come fosse capace di rendere accessibili temi universali, con intensità ma senza melodrammaticità. Perché era una sorta di artista rinascimentale, poliedrico, curioso, talentuoso ed eccelso in espressioni artistiche varie e diverse. Il suo talento di artista visivo è evocato anche nella veste grafica del disco e del vinile. Era un artista totale.
Il tuo percorso spazia tra teatro, cinema e musica. In che modo queste esperienze si intrecciano nel tuo lavoro e come hanno influenzato l’approccio a questo disco?
Queste forme espressive non sono così diverse fra loro. Come diceva Herbert, “le arti sono tutte fra loro comunicanti”. Il teatro è il luogo dove tutte le arti si incontrano: voce, corpo, musica, luce, scenografia. È un atto vivo, un incontro irripetibile tra artista e pubblico. Nel teatro c’è tutto: musica, corpo, danza, drammaturgia, voce, recitazione, scenografia, costumi, luci, il palcoscenico è il luogo privilegiato in cui tutte le arti si incontrano, nell’irripetibilità dell’evento, nella temperatura emotiva che è in grado di suscitare e di cambiare all’istante, qui lo spettatore può immaginare. Nel cinema non c’è la magia dell’estemporaneità, e la forza dell’immaginazione, in teatro sei in diretta, è vita che condivide la vita, nel ‘qui e ora’. La musica è sempre presente nei miei lavori, anche nella musicalità delle parole. In questo disco ho portato un approccio da “cantattrice”, con grande attenzione al significato delle parole e all’interpretazione. Alcuni brani sono pezzi di teatro-canzone, come “Palcoscenico”, (Herbert scrisse la metà dei brani per l’album di Giorgio Gaber, “L’asse dell’equilibrio”).
Hai collaborato con artisti straordinari come Danilo Rea, Fabio Concato e Shel Shapiro. C’è stata una collaborazione che ti ha sorpresa in modo particolare?
Danilo Rea ha saputo con “Albergo a ore” creare e calare il brano in un’atmosfera emotiva, libera e senza tempo, un po’ come Debussy, improvvisando, alla maniera degli impressionisti e dei simbolisti, alternando romanticismo a dramma, sospensione e realtà.
Shel Shapiro ha curato anche l’arrangiamento di “Porta via”, con le chitarre e i cori di Ivan Graziani, mantenendone lo spirito originario, fra rock e pop. Fabio Concato ha calato “Da niente a niente” in un’atmosfera sospesa, la canzone parla della solitudine dell’artista in tournée, qui Herbert, allora conduttore a Radio Montecarlo, cita Luigi Tenco a cui fece l’ultima intervista. Sono collaborazioni che hanno arricchito il progetto con nuove musicalità e sonorità, rispettando sempre l’anima dei brani.
Se dovessi far conoscere Herbert a una nuova generazione con un solo brano, quale sceglieresti?
In realtà ci sono giovani che fanno cover e riarrangiamenti delle sue canzoni, come per esempio “Da niente a niente” coverizzata da Colapesce, o “Albergo a ore”, forse la più interpretata, anche da Dargen D’amico, per esempio.
“La mia generazione”, è una canzone che riguarda tutti perché parla dell’amore famigliare, che dovrebbe essere incondizionato, anche se non sempre lo è, e della costruzione di un amore, nonostante la provenienza dal non amore disfunzionale comune a molte famiglie purtroppo. Come in “Teorema”, testo scritto da Herbert Pagani, c’è una parte idilliaca, una parte drammatica, e una parte che risolve il teorema, superando il dramma grazie alla speranza e alla forza dell’amore.
Sono brani che parlano anche ai giovani di oggi, perché l’amore, la ricerca di senso, di verità, sono ancora le grandi forze che ci muovono.
Il disco “Pagani per Pagani”, parla di temi universali che ci riguardano tutti. È un invito a riscoprire la discografia di Herbert, ma anche a ritrovare, dentro di noi, quella voce che cerca poesia, bellezza, profondità e autenticità.
Come ci ricorda Caroline, le arti sono tutte fra loro comunicanti, si tratta di farle danzare insieme, intrecciandole e fondendole, come in un atto d’amore.
Per Amore dell’Amore – Caroline Pagani