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E’ da poco disponibile su tutte le piattaforme online l’ascolto di “Un mondo nuovo”, il nuovo disco (il secondo) di Millepiani. Un melpot riuscito di diverse influenze, che s’intrecciano con la proposta di una scrittura ispirata e filosofica che prova a riflettere sulle zone d’ombra più recondite del nostro presente. Gli abbiamo fatto qualche domanda per voi. 

Che bello averti qui con noi, Millepiani, e poter parlare insieme di “Un mondo nuovo”, un disco evocativo e capace di stimolare domande nell’ascoltatore senza la presunzione di poter (o dover) offrire risposte semplici a questioni spesso esistenziali. Ti sembra una buona definizione per il tuo disco?

Anche per me è bello essere qui con voi! Grazie a tutta la redazione per avermi invitato per questa intervista! 

La definizione che avete dato di “Un mondo nuovo” è estremamente precisa e profonda. Questo disco nasce proprio con l’intento di evocare immagini e sensazioni, di far emergere domande nell’ascoltatore senza la superbia di offrire risposte banali a questioni esistenziali.

Ogni traccia è un frammento di un mosaico più grande, un invito a esplorare il rapporto tra l’individuo e la Natura, tra l’Uomo e il Cosmo. Le canzoni affrontano temi come la contemplazione della bellezza naturale e la sua manifestazione catastrofica, l’alienazione causata dalla tecnologia moderna e la ricerca di una via per ritrovare se stessi.

“Un mondo nuovo” è concepito per essere una collezione di singoli ma anche un concept album, dove ogni brano è interconnesso da un filo rosso: la riflessione sulla nostra esistenza e il nostro posto nell’universo. Non ci sono risposte definitive, ma piuttosto un invito alla contemplazione e alla ricerca interiore.

Dal punto di vista dell’ascolto il disco è ciclico, il suono misterioso e ancestrale che apre la prima traccia “Un bagno di stelle” è la mia voce sintetizzata e trasformata, che nell’ultima traccia “Gea” diventa un mantra ancestrale del pianeta Terra. E l’unico verso di Gea, proprio le ultime parole prima della fine del disco, sono le prime cantate nella prima traccia: “adesso siamo qui, soli e liberi” che assolutizza proprio l’hic e nunc dell’esistenza umana e le sue due principali caratteristiche: la solitudine intima dell’Io e la libertà del libero arbitrio. 

Il disco è, in definitiva, un viaggio attraverso le forze primordiali del Cosmo e le profondità dell’animo umano. È un’opportunità per perdersi nel mistero dell’Universo e della Vita, e trovare, in questa perdita, un modo per ritrovarsi. Quindi sì, mi sembra una definizione molto azzeccata per il mio disco. Grazie per averne colto così bene l’essenza!

Proviamo a tracciare il percorso fatto da Millepiani fin qui: terresti tutto com’è stato? Oppure cambieresti qualche scelta, qualche decisione che hai preso in questi anni di gavetta e ricerca?

Ogni scelta, ogni decisione che ho preso nel mio percorso fino ad oggi ha un significato profondo. Se in quel momento ho fatto quelle scelte, significa che dovevano essere fatte in quel modo, in quelle determinate circostanze. Ogni passo, ogni inciampo, ogni successo ha contribuito a forgiare ciò che sono oggi e a creare la musica che condivido con voi.

Non credo nel rimpianto o nella necessità di cambiare il passato. Ogni esperienza, positiva o negativa, è stata una lezione, un tassello essenziale del mio cammino. Come un fiume che scorre, la mia vita ha seguito il suo corso naturale, incontrando ostacoli e trovando nuove vie per proseguire.

Bisogna sempre puntare lo sguardo dritti verso il futuro. Guardarsi indietro può essere una tentazione, ma è nel domani che risiede la nostra forza e la nostra speranza. Ogni nuova alba è un’opportunità per rinascere, per scoprire nuove strade e creare nuovi mondi. È il futuro che ci chiama, il “mondo nuovo” e a lui dobbiamo rispondere con coraggio e determinazione.

Quindi, no, non cambierei nulla. Terrei tutto com’è stato, con tutte le sue imperfezioni e i suoi momenti di gioia. Ogni passo è stato necessario per arrivare qui, e sono grato per ogni singola esperienza che ha contribuito a formare il mio viaggio.

Andiamo per ordine. Da dove nasce, “Un mondo nuovo”? Già il titolo, di per sé, sembra essere parecchio evocativo… 

“Un mondo nuovo” nasce dal desiderio di esplorare il profondo e complesso rapporto tra l’individuo e la Natura, tra l’Uomo e il Cosmo. Il titolo stesso è un invito a contemplare la possibilità di un’esistenza diversa, una realtà in cui possiamo riconnetterci con le forze primordiali del nostro universo e con la nostra essenza più autentica.

La Natura non è solo la contemplazione intima della sua bellezza, ma anche la manifestazione catastrofica e distruttiva delle sue forze. Questo dualismo ci pone di fronte a una riflessione profonda sulla nostra alienazione contemporanea, immersi come siamo in una tecnologia sempre più astratta e dissociante.

Tuttavia, “Un mondo nuovo” non è solo un’indagine sull’alienazione. È anche una ricerca della via da percorrere per ritrovare noi stessi, attraverso la fusione e lo smarrimento, le relazioni con l’altro, e la deriva che ci porta a perderci nel mistero dell’Universo e della Vita. È un invito a contemplare la vastità del Cosmo, a riconoscere la nostra piccolezza di fronte ad esso, e a trovare, in questa consapevolezza, un nuovo senso di appartenenza e di identità.

Alla fine “Un mondo nuovo” è un viaggio attraverso le forze della Natura e le profondità dell’animo umano, un percorso che ci invita a riflettere sulla nostra esistenza e a ritrovare una connessione autentica con la Natura e con noi stessi.

E che relazione ha “Un mondo nuovo” con “Eclissi e Albedo”, il tuo precedente disco?

Nel mio percorso artistico, ogni canzone “vive da sé” ma fa parte di un concept più grande, ovvero il disco. Tuttavia vorrei che anche i dischi avessero un loro percorso che li lega insieme come un viaggio più grande e universale. Mi piacerebbe che ogni disco futuro, insieme ai due già pubblicati, facesse parte di un concept di ricerca totale, più grande, un viaggio all’interno di altri viaggi alla ricerca delle domande, delle possibili risposte, delle vie di fuga e delle potenziali verità. 

Concettualmente “Un mondo nuovo” è l’evoluzione di “Eclissi e Albedo” che è un concept sulla natura della luce e sulle sue manifestazioni. “Un mondo nuovo” è meno astratto e più terreno, si passa dalla metafisica all’empirismo, dal mondo delle idee alle sensazioni terrene.

Ci racconti con chi hai lavorato alla produzione del disco? 

Fin dal mio esordio come solista, ho avuto la fortuna di collaborare con una squadra affiatata, quella de La Clinica Dischi. Leonardo Lombardi, il direttore artistico, incarna esattamente l’approccio che ho sempre cercato in un produttore : creativo, moderno e mai banale. La sua capacità di mettere la propria creatività e competenza al servizio del progetto, senza mai snaturare l’originalità dell’autore, è la sua più grande qualità. I suoi consigli sono sempre puntuali ed efficaci, e nel tempo ho sviluppato una grande fiducia nella sua sensibilità artistica.

Accanto a lui, Marco Barbieri ha svolto un ruolo fondamentale nella produzione del disco. Giovane musicista di grande talento, Marco ha portato un tocco unico con la sua chitarra elettrica spaziale. I suoi assoli hanno dato un contributo significativo al sound di “Un mondo nuovo”, e il suo apporto è stato caratterizzato da un gusto sempre raffinato ed elegante.

Questa collaborazione ha permesso di creare un album che rispetta e valorizza la mia visione artistica, esaltando ogni singola traccia con un’attenzione particolare alla qualità e all’originalità. E di questo gliene sono grato! 

Le tracce sembrano quasi seguire un ordine emotivo, che dal particolare arriva al generale, o meglio dall’individuale al collettivo. C’è una sorta di “respiro generazionale” che attraversa tutto il disco, raccontando dolori e piaceri che sembrano essere condivisi, collettivi. Ti senti, in questo momento, parte di qualcosa? Di una generazione, di un movimento, di un cambiamento in corso?

In questo momento, sento di essere parte di un grande flusso, un’onda che si muove all’unisono, cercando di trovare il proprio posto in un mondo in costante mutamento. Ogni traccia del disco è un frammento di questa ricerca collettiva, un respiro condiviso che racconta le gioie e i dolori comuni a tutte le persone.

Mi sento come un nodo in una rete rizomatica di connessioni invisibili, parte di un movimento che, pur nella sua diversità, condivide una visione comune: la necessità di riscoprire la nostra umanità, di ritrovare un equilibrio tra l’individuo e il Cosmo. Questo respiro  non è solo una condivisione di esperienze, ma una risonanza emotiva che attraversa tutti noi, unendo i nostri destini in un’unica sinfonia.

Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni, dove le forze primordiali della Natura si scontrano con l’alienazione tecnologica dell’uomo contemporaneo. In questo contesto, “Un mondo nuovo” è sia una riflessione filosofica che un canto di speranza, un invito a guardare avanti con coraggio e determinazione, senza mai smettere di cercare la bellezza e il significato nelle nostre vite.

Quindi sì, mi sento parte di qualcosa di più grande, di un cambiamento in corso che ci invita a riscoprire noi stessi e il nostro legame con l’universo. Ogni canzone è un passo in questo viaggio collettivo, una tappa di un percorso che ci porta verso un futuro dove la felicità non è un dono, ma una scelta consapevole e condivisa.

Prova ad immaginare una versione di te diversa da quello che oggi sei: la musica è sempre stata il tuo unico sogno, oppure avresti voluto diventare qualcosa di “altro”, rispetto a ciò che sei? E se sì, cosa?

Senza dubbio la musica è sempre stata il mio sogno, il filo conduttore che ha attraversato la mia esistenza. Tuttavia, la mia vita ha intrecciato anche altri percorsi creativi. Anni fa mi sono anche confrontato con la narrativa: ho pubblicato due romanzi “Nemesi di un sogno” e “Vera, elegia di un incubo”. All’epoca i testi delle mie canzoni erano in inglese. Poi da quando ho iniziato a scrivere testi in italiano ho canalizzato tutta la mia energia letteraria sui versi delle canzoni. Inoltre la mia formazione universitaria non è nè musicale né letteraria ma artistica, avendo studiato Arti Multimediali all’Accademia di Belle Arti. 

Sono molto soddisfatto di quel percorso perché mi ha insegnato un ottimo metodo creativo che si può applicare alla creatività musicale e letteraria con uno sguardo diverso e trasversale in quanto in Accademia si impara soprattutto a sviluppare un gusto estetico e a creare opere d’arte. Ho fatto anche parte di un collettivo di arte contemporanea in veste di videoartista: ci chiamavamo “Les Flottants”. 

Quindi, anche se la musica è il cuore pulsante della mia vita, queste esperienze hanno arricchito la mia visione e il mio modo di esprimermi. Hanno reso il mio percorso artistico più completo e mi hanno permesso di esplorare diverse forme di espressione, tutte convergenti in un unico grande sogno.

Alla fine la musica, ovvero il cantautorato, ha prevalso su tutto il resto, anche perché lo considero la forma d’arte più totale, che fonde composizione, letteratura, performance e perfino immagine e video se pensiamo che questi linguaggi sono un supporto essenziale per veicolare le canzoni. 

Senti, cosa ne pensi dell’attuale situazione discografica italiana? Che visione hai, per esempio, delle playlist editoriali? 

L’attuale situazione discografica italiana è senza dubbio molto dinamica e offre molte opportunità, ma presenta anche delle criticità. Le playlist editoriali giocano un ruolo cruciale nella diffusione della musica e nella scoperta di nuovi talenti, rendendo l’accesso alla musica più immediato e variegato per gli ascoltatori.

Tuttavia, un aspetto critico è che queste playlist tendono a privilegiare i singoli, penalizzando spesso un ascolto musicale più profondo e concettuale. I singoli, per loro natura, sono brevi e immediati, perfetti per il consumo rapido che caratterizza la fruizione musicale odierna. Questo può rendere difficile per i concept album, che affrontano tematiche, storie e concetti in modo più esteso e articolato, trovare il loro spazio e ricevere l’attenzione che meritano.

Un concept album richiede un ascolto attento e riflessivo, un viaggio che si sviluppa traccia dopo traccia, offrendo un’esperienza complessa e ricca. Nella frenesia delle playlist, questo tipo di ascolto rischia di essere sacrificato. È importante trovare un equilibrio che permetta di valorizzare sia i singoli che i lavori più articolati, offrendo agli ascoltatori la possibilità di esplorare la musica in tutte le sue forme e profondità.

Riconosco il valore delle playlist editoriali, ma spero che ci sia sempre spazio per un ascolto più approfondito e concettuale, che valorizzi la ricchezza e la complessità di un album completo.

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