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Benvenuti, oggi parliamo del vostro nuovo “Prendersi Cura”. La domanda sorge spontanea: di cosa?
[Roberto] Di noi e degli altri, dei ricordi, ma anche del futuro. Penso che la nostra generazione sia cresciuta in una società fatta di promesse di un futuro radioso e grosse difficoltà nell’ammettere l’esistenza di problemi. Non c’era spazio per chiedere aiuto perché era importante far sembrare andasse sempre tutto bene. Crescendo, ci siamo resi conto di quanto la realtà si discostasse dalla narrazione che ci era stata proposta e credo che questo trauma ci abbia uniti in un paradossale individualismo. Ammettere che le cose possono non andare bene, prendersi cura di noi stessi e delle persone a cui vogliamo bene, ma anche delle cose in cui crediamo è la chiave tramite la quale proviamo a rompere uno schema in cui non ci ritroviamo più.

Quasi tutti voi arrivate da progetti musicali precedenti: come nasce la band e cosa avete portato delle vostre esperienze passate?
[Federico R.] sì vero, arriviamo tutti da esperienze pregresse con progetti più o meno indipendenti, e ci accomuna un solido background fatto di tour life e concerti, sia nelle vesti di organizzatori che di musicisti. Ci siamo conosciuti a Milano nel 2018 dove le nostre strade si sono incontrate proprio grazie alla musica ed amici in comune, ma ci è voluto un po’ prima che nascesse l’idea di diventare una band. La descrizione del nostro gruppo su WhatsApp dice “Fondato il 18/08/2020”. Quel giorno eravamo in vacanza insieme al mare, Federico C. ha fatto una story su Instagram mentre stavo improvvisando un giro malinconico alla chitarra, Loris leggeva “Persone Normali” di Sally Rooney sullo sfondo. La caption era “Benvenuti al Soft Boys Club” e da quel momento penso che l’idea abbia iniziato a prendere forma piano piano.

Il disco vuole raccontare le emergenze, le necessità, la disillusione della vostra generazione, che si trova oggi a dover fare scelte importanti in uno scenario che sembra sempre più lontano dalle false convinzioni trascinate dal temporaneo benessere degli ultimi trent’anni. Come uscirne e come poter ancora credere in qualcosa?
[Federico R.]  Queste canzoni non sono state scritte con l’idea di trovare o fornire delle risposte a questi temi, ma piuttosto esporre pensieri e situazioni partendo dalla sfera privata, del nostro vissuto quotidiano, e per astrazione arrivare a rappresentare chiunque stia vivendo il passaggio alla vita adulta in un mondo sempre più disilluso e catastrofico, senza certezze né promesse, proprio in quel momento della vita in cui la società si aspetta una certa solidità, risolutezza e intraprendenza. Forse la nostra “risposta” è: proprio perché nessuno sa come affrontare davvero questo casino, sapere di non essere soli e sentirsi ascoltati può aiutare ad alleviare le ansie e mantenere viva la speranza che in fondo la cura passa per la condivisione e l’ascolto.
[Roberto] Confermo quanto detto da Federico, una degli aspetti migliori della disillusione di questi tempi post-ideologici è che non sentiamo l’esigenza di universalizzare tutto ciò di cui parliamo, ma ci troviamo a nostro agio nella semplice condivisione di esperienze nella quale altre persone possano riconoscersi.

C’è un brano dell’album a cui siete particolarmente legati? Perchè?
[Federico R.] direi “Prendersi Cura”, essendo il brano che da anche il nome al disco, ma sarebbe scontato. Tra tutti quello forse più personale credo sia “Apnea” perchè è il pezzo più autobiografico e introspettivo. Parla di vacanze al mare da piccoli, momenti che sembravano insignificanti quando eravamo al sicuro da tutto – soprattutto dalle responsabilità della vita adulta – ma che riemergono all’improvviso a distanza di decine di anni con un significato completamente diverso. È svegliarsi un giorno, scoprire che hai la stessa età che aveva tuo padre allora, e pensare che il mondo di oggi non ti permetterà di fare lo stesso, o per lo meno con la stessa serenità. Questo senso è racchiuso in frasi tipo “ora che padre è una parolaccia” o “quando mi hai detto di tuffarmi pensavo fosse facile, tornare a galla senza danni, senza drammi, come te.”
[Roberto] Penso che probabilmente ciascuno di noi potrebbe dare una risposta diversa a questa domanda. Personalmente non mi è facile scegliere, ma mi sento molto legato ad “Internet”. E’ un pezzo che che nel suo concepimento sento abbia segnato, almeno per me, un momento di svolta nel nostro processo di scrittura che poi ha influenzato anche il resto del disco. Poi è stata anche la prima roba che abbiamo buttato fuori in una Live Session in Tuci quindi feels particolari.

Cosa augurate al vostro disco e cosa vorreste poter dire tra un anno esatto?
[Federico R.] ci auguriamo che Prendersi Cura possa “arrivare” a tanti coetanei e che li faccia sentire rappresentati, sia dal progetto che dalla nostra lettura della realtà, ma anche a generazioni musicalmente ed emotivamente lontane da noi, per capire meglio la realtà che viviamo. Tra un anno esatto speriamo di poter dire che è uscito il secondo disco.
[Roberto] Speriamo di riuscire a suonarlo tanto dal vivo perché alla fine penso sia la cosa che ci piace di più fare.

www.instagram.com/softboysclub.sbc/

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