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Ascoltare un disco nuovo di Massimo Priviero significa ritrovarsi sempre cullati dal potere antico della nostalgia, della memoria. La sua terra, il Veneto, le montagne, gli uomini di generazioni antiche, nonni, padri… e poi l’amore, gli amici, la migrazione… la vita che ci porta altrove. È sempre un viaggio meraviglioso, tra le consuetudini di un folk dai giri sempre uguali ad un rock potente di visioni. “Diario di vita” è il nuovo disco di Massimo Priviero. Poco altro da aggiungere…

Bentornato in scena Massimo. Quali e quante rivoluzioni hai attraversato, artisticamente parlando, prima di oggi?

Sai, tutto cambia ma certi valori che mi porto dentro sono intatti. Questo è un regalo del destino che mi porto dentro. Diario di vita è un album d’autore. Di rock d’autore detto meglio. Energia ma anche bisogno di poesia da fermare. È la mia vita e la mia strada. Che guarda talvolta anche a ieri per comprendere l’oggi e trovar forza per domani. 

Se ti chiedessi la prima grande novità di questo presente/futuro per la tua musica? C’è oppure scegli la strada maestra di sempre?

Sono spesso io stesso quello che compongo, scrivo, suono e canto. Quel che mi serve per tradurlo lo prendo e lo faccio mio. Usando modalità che mi appartengono. Usando quel che ritengo adatto. Certo non amo quel che gira intorno, non solo in termini di suono da radiolina commerciale intendo. Essere “laterali” è anche una salvezza per me. Non solo nella musica.

All’amore più profondo, restituisci la libertà di cambiare, di scomparire, di evolversi?

Certamente! Soprattutto libertà e coraggio sono state le chiavi della mia vita. E sono valori che traducono una possibile felicità di essere qui. 

Alle radici di un uomo invece? A chi le rimescola, le dimentica perché ormai preso da carriere e dinamiche di vita che lo portano altrove? Cosa rispondi?

Radici e memoria sono fondamentali in un’esistenza. Per comprenderla e tradurla. Vittorie e sconfitte sono il nulla. Il successo, per come lo codifichiamo, anche. E pure non centra nulla col talento di un uomo. Ho altre chiavi nella mia vita e altre porte da aprire.   

E a questo tempo di musica liquida fatta di solitudini sempre connesse? Ci sono pagine anche su questo dentro questo diario?

Un termine che uso spesso è santa solitudine. Amo questa capacità che mi è stata donata di star da solo. La troverai molto in questo album. Considera sempre che scrittura e composizione sono atti di solitudine che poi condividi. I tuoi riferimenti alle solitudini da social mi trovano distante. Poi, ognuno cerca e vive la musica come preferisce. È spesso lo specchio di una tua sensibilità. A ognuno il suo. 

La pagina più importante del diario? Ce ne sta una in particolare che “rileggi” spessissimo?           

Sai, “Diario di vita” inizia con un bambino davanti al mare che parla col nonno e termina con uomo che cammina da solo in mezzo ai boschi di una montagna. Chiaro che c’è molto di autobiografico. Probabilmente questo inizio e questa fine del viaggio sono i capitoli che amo di più. Ma ognuno prenderà quel che sentirà più vicino a lui. Sono passaggi, fotografie, film di qualche minuto. Non è solo musica. È anche un modo di stare al mondo. 

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