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“Arcadia”, il secondo lavoro di precisione e artigianato moderno dei MANICAs, formazione che aveva raccolto ampi consensi con il suo esordio nel 2022 con Posh Punk. Non resta ancorato a un certo suono e si leva di dosso anche quel certo modo “pop” di scritture facili. Si fa leggermente più ovattato di muri elettrici e di digressioni apocalittiche questo nuovo disco, dentro cui, proprio per restare in tema di notturni distopici, troviamo Carmelo Pipitone dentro un brano manifesto di tutto questo dal titolo Al Muqawama.


La musica oggi: lo sguardo dei MANICAs?
È un grande frullatore. C’è la musica che passa dalla “formula perfetta” e poi c’è quella che vive sottoterra, nei club da 50/100 persone, nei circuiti indipendenti, negli angoli nascosti della rete. Lì succedono le cose più interessanti, dando vita a un sottobosco di band che suonano benissimo, che sperimentano, che non inseguono i trend ma li anticipano. La musica oggi è questa doppia faccia: da una parte l’omologazione digitale, dall’altra la resistenza fisica del suono suonato.


Dentro “Alice” riportate alla luce l’irruzione a Radio Alice di Bologna con l’audio originale di Valerio Minnella. Che momento storico è stato secondo voi? Che strascico ha ancora oggi?
Un momento in cui la creatività era ancora un atto politico, in cui la comunicazione era vissuta come una cosa collettiva, non come un algoritmo. Il ’77 è stato un laboratorio di linguaggi, di idee, di provocazioni.
Radio Alice non era solo una radio, era un’idea di comunicazione orizzontale, di partecipazione attiva, di pensiero critico. L’irruzione e la chiusura forzata sono il simbolo di un sistema che, quando si sente minacciato, risponde con la repressione.
Lo strascico è sotto gli occhi di tutti: ogni volta che un potere decide di soffocare una voce scomoda, si ripete la stessa dinamica. Che sia la brutalità contro un’emittente libera nel ’77 o la violenza di un’invasione, di un genocidio, di una repressione di Stato, il meccanismo è sempre quello. Cambiano i nomi, cambiano i contesti, ma il sopruso resta.
Guarda il video dell’irruzione a Radio Alice


E quindi, il manifesto programmatico di cui parlate, traghetta questo disco dentro una dimensione “politica”?
Fare musica con una visione è già un atto politico. Non è una politica di slogan o bandiere, è un modo di stare nel mondo. Arcadia non vuole dare risposte, ma magari porsi qualche domanda. E oggi, farsi domande è più sovversivo di quanto sembri.


Incontriamo Carmelo Pipitone e l’incipit di Al Muqawama riprende il canto di resistenza dentro un vero unicum di questo disco, soprattutto dal punto di vista sonoro. Di cosa parliamo?
Parliamo di resistenza in senso ampio. Di chi non si arrende, di chi tiene vivo un pensiero anche quando sembra inutile. Al Muqawama è un brano che si muove su più livelli: musicale, storico, simbolico. La chitarra di Carmelo, poi, ha dato al brano una forza primitiva, un’intensità che va oltre la semplice esecuzione, inserendosi perfettamente nel suo flusso.


Forse mi addentro dentro una visione tutta mia: ma ha senso ricacciare fuori una figura come Rino Gaetano? Ce lo sento tanto dentro, con opportune mediazioni ai tempi moderni…
Rino Gaetano ha avuto un linguaggio tutto suo, ma se dobbiamo guardare a una radice comune, forse è più giusto parlare del cantautorato italiano nel suo senso più ampio. Ci interessa l’idea di una scrittura che non sia mai banale, che riesca a dire molto con poco, che mescoli immagini poetiche e visioni taglienti. Se qualcuno ci sente un’eredità, la cosa ci fa piacere, ma è un’eredità collettiva, non di un solo nome.


Il punk ormai che cosa è diventato? Che cosa significa per voi?
Il punk come genere è diventato una scatola chiusa, il punk come attitudine è immortale. Non è nostalgia, non è una formula da ripetere all’infinito. È la libertà di prendere tutto quello che ci circonda, assorbirlo, distruggerlo e ricostruirlo a modo nostro. È accogliere tutta la bellezza di un mondo variopinto e fluido, senza illusioni, consapevoli che la vita è una merda. E forse proprio da qui nasce la nostra emergenza comunicativa.
Ascolta il brano su Spotify

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