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“Occidente, a Funeral Party” è il grido amaro dei DISH-IS-NEIN contro la decadenza culturale e morale dell’Occidente. L’album fotografa una civiltà che, abbandonati gli ideali e schiava di un progresso sterile, scivola lentamente verso l’autodistruzione.

I brani raccontano di sogni svuotati, parole usate come armi, istituzioni ridotte a gusci vuoti. L’individuo appare perso, superfluo, ingabbiato in una società che sorride mentre collassa.

Tra immagini forti e sonorità tese, la band costruisce un funerale sonoro in cui non c’è più spazio per la speranza: solo la consapevolezza di un fallimento totale, ineluttabile, definitivo.

Un lavoro spietato ma profondamente onesto, che chiama l’ascoltatore a guardare senza filtri il crepuscolo che ci avvolge.

 

L’album è una dichiarazione feroce: la festa è finita, e l’Occidente si trova davanti alla propria bara. Qual è, secondo voi, il fallimento più evidente di questa civiltà? 

Ciao e grazie davvero per lo spazio che Mei Web concede al nostro progetto. 

Il fallimento più evidente di questa “civiltà” è che, nella realtà delle cose, la nostra è ben lungi dal poter essere considerata una società civile nel senso più vero e profondo del termine. I motivi sono talmente chiari e monolitici che non credo sia necessario doverli elencare … o forse il problema sta proprio nel fatto che quello che dovrebbe essere chiaro e manifesto per i più, evidentemente non lo è.

 

Nel testo di accompagnamento parlate di “inclusività da copertina” e di “buoni propositi prêt-à-porter”. Quanto vi infastidisce il moralismo di superficie che domina il discorso pubblico? 

La cosa veramente insopportabile è l’ipocrisia, la falsità imperante ad ogni livello. Esiste un pensiero unico, transnazionale, politicamente omnicomprensivo, dominante. Chi “osa” uscire da questi binari narrativi viene sistematicamente annullato, schiacciato. Due pesi e due misure, sempre.

 

C’è ancora qualcuno o qualcosa che vi fa sperare, oppure “il crepuscolo schiaccia qualsiasi speranza di risveglio” è una condanna definitiva?

 Questa è una domanda che, con sfumature diverse, mi è stata fatta spesso. Rispondere non è affatto semplice; potrei citare una strofa di un nostro brano che dice “perverso è l’ostinarsi a non soffrire per questa dismissione senza fine”, arduo quindi immaginare (almeno per me) un rinascimento umanistico in tempi ragionevolmente brevi. Io ho sempre creduto poco alle rivoluzioni che nascono dal basso, nelle rivoluzioni la “forza lavoro” è il popolo, ma raramente una rivoluzione nasce spontaneamente, quasi sempre dietro c’è una “regia” che decide come e quando le cose devono accadere. Immagino quindi che, se e quando si renderà necessario un “reset”, probabilmente questo arriverà. 

 

La vostra visione è spesso definita nichilista. È davvero così, o si tratta piuttosto di uno sguardo lucido su una società che rifiuta di guardarsi allo specchio? 

Tempo fa, tanto tempo fa, Disciplinatha scriveva: “Disciplinatha critica e nega, e come tale verrà criticato e negato”. Quando ti scagli contro lo status quo inevitabilmente vieni visto come nichilista perché è “comodo”, per molti, che sia così. È vero, questa società e le persone che ne fanno parte rifiutano di guardarsi allo specchio. Se succede che qualcuno o qualcosa ti pone dinnanzi alle tue miserie, fungendo da specchio della situazione, il rifiuto è netto, violento, perché fintanto che si urla “il Re è nudo” va tutto bene, ma quando si palesa che è il popolo ad essere nudo …

 

Se doveste descrivere “Occidente, A Funeral Party” con una sola immagine, quale sarebbe? Un manifesto, un corpo, una rovina, una scintilla? 

Utilizzo spesso alcune sequenze video estratte da un film (Nosferatu di Werner Herzog) che credo rendano perfettamente il concept di questo lavoro: in una Venezia dilaniata dalla peste, con cadaveri e bare sparsi ovunque, in tutto questo immane disastro, ci sono alcuni nobili che banchettano “allegramente” circondati da centinaia, migliaia di topi, che hanno invaso la città. Credo che come immagine di un “funeral party” del nostro emisfero socio politico culturale sia piuttosto efficace.

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