“Acqua e limone” parla di attese disilluse, di bellezza mancata. Che tipo di momento personale ti ha ispirato?
Era un periodo molto complicato della mia vita, segnato da separazioni e lutti. Come dico spesso, introducendo la canzone, sguazzavo nel fango. E quando sguazzi nel fango, quando il fango ha superato il collo, e sta coprendo le orecchie, gli occhi, fai fatica a vedere le cose belle che ti succedono intorno. Ecco, un paio di anni fa, quando ho scritto questa canzone, io stavo più o meno così.
Si sente nel brano una specie di resa quieta, ma non amara. Era questo il tono che volevi dare?
Mi rende molto felice che anche tu abbia colto la quiete nel brano. Si, volevo che acqua e limone parlasse di una presa di coscienza: non ho molto da offrire, se non un bicchiere di acqua e limone, il sole sul balcone e qualche canzone da cantare. E’ una canzone che da un lato mette le mani avanti nei confronti della vita, dicendole “ehi, non ti aspettare molto da me, che non è il momento” ma dall’altro è anche una presa d’atto, una carezza a me stesso dicendomi: “bello, non stare a stressarti in questo momento, cercando di far andare tutto bene, cercando di dare la versione migliore di te; in questo momento c’è solo da continuare a remare e vedere dove si arriva”.
Il tuo modo di raccontare è spesso narrativo, intimo. Come scegli cosa mostrare e cosa lasciare da parte?
Mi piace raccontare le emozioni che provo con immagini concrete, semplici, quotidiane; questa è la mia costante sfida poetica: raccontare quanto di più astratto esista facendo ricorso a parole e concetti concreti, provenienti da altri contesti. Secondo me è così che la poesia deve lavorare per essere evocativa, per permettere a chi legge di ritrovare la stessa emozione che ha provato che ha scritto. Mi piace sempre dire che la scrittura poetica deve essere evocativa e non descrittiva.
Ti consideri più un osservatore o un partecipante nelle storie che racconti?
La verità è che sono sempre il protagonista di tutto quello che scrivo, riuscendo a scrivere solo delle mie personalissime emozioni. Poi l’esercizio che spesso faccio durante la scrittura, nel tentativo di rendere “universale” (un parolone scomodo!) quello che scrivo, è di provare a scriverne guardando le cose non dico da fuori, cosa quasi impossibile, ma diciamo, da un po’ lontano, o comunque con un’angolazione obliqua. Ecco, si: credo che la poesia, sempre tesa nel suo intento evocativo, debba guardare alle cose con un’angolazione obliqua.
Hai detto che a volte non riconosciamo la bellezza mentre la viviamo. Ti capita anche con la tua musica?
Quando scrivo qualcosa di nuovo sono sempre eccitatissimo da quel piccolo orgasmo che arriva nell’istante immediatamente successivo alla creazione artistica. La scrittura per me è viscerale, istintiva, quindi no, in fase di scrittura non mi capita di non riconoscere quando ho prodotto qualcosa di bello (questo non vuol dire che io produca solo cose belle eh!!!). Quando però fai un disco, ascolti le tue canzoni migliaia di volte, arrivi a odiarle! Quando, come nel caso di questo disco, ti occupi in prima persona, o comunque assisti, a ogni singola fase della produzione del disco, ti trovi far provare al batterista lo stesso passaggio decine di volte, oppure ad ascoltare per un’infinità di volte le stesse quattro battute della voce isolata dal resto, oppure la linea di basso tutta intera per provare quale sia il riverbero migliore. Ecco, questo si che è terribile 😀
“Acqua e limone” è una canzone che consola, o che disillude?
Cavolo, questa è una domanda davvero difficile. Sicuramente non consola, o almeno non mi sembra, non era nelle mie intenzioni. Disillude? Questo non lo so, non riesco a dirlo. “Acqua e limone” è una presa d’atto, come spesso mi accade, di quello che mi succede dentro, una foto di emozioni. Quindi forse è un racconto neutro, forse un racconto addolorato.