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I FIUMI sono Sarah Stride (voce e testi), Xabier Iriondo (chitarra elettrica), Andrea Viti (basso elettrico) e Diego Galeri (batteria). Una formazione che non ha certo bisogno di presentazioni, composta da musicisti di grande esperienza e talento. Il loro 45 giri, pubblicato da Dischi Soviet Studio, si muove tra soluzioni pop e contaminazioni new wave, restituendo all’ascoltatore un sound metropolitano e visionario.

Abbiamo parlato con loro per approfondire il significato di questo nuovo lavoro.


Arriveremo a far pace con i nostri paradossi? Arriveremo ad avere accettazione per il nostro dolore?

Se questo accadesse, saremmo davanti a una vera rivoluzione. Sono una grande sostenitrice della ricerca continua, della lotta quando è necessaria, ma credo altrettanto intensamente nel potere dell’accettazione. Non come rassegnazione, ma come capacità di stare nel proprio centro, di lasciarsi attraversare dalla vita con disponibilità e senza aspettative. Accettare il proprio dolore significa accettare il dolore dell’altro, le sue fatiche, le sue mancanze, e sentire che non esiste alcuna distinzione nella materia umana di cui siamo fatti.


Perché soltanto un 45 giri? Perché solo due brani?

Queste canzoni sono nate dalle prime sessioni di prove con Andrea Viti, ci sono piaciute così tanto che abbiamo sentito l’urgenza di pubblicarle in breve tempo. I testi, in particolare, sono molto calati nel contemporaneo e la musica, per noi, ha il compito di veicolare un contenuto forte, che possa anche avere una valenza sociale.


“Non afferrare” e “Fluire” sembrano l’unica via percorribile. Che intendete? Sono brani nati dall’accettazione?

Il nome della band, I Fiumi, si ispira alla celebre poesia di Ungaretti, dove il poeta ripercorre la sua vita attraverso i fiumi che ne hanno segnato il cammino.

Il fiume, dunque, è qualcosa che contiene ma non trattiene. In maniera evocativa, ci piaceva l’idea che ognuno di noi fosse un fiume con la propria storia e memoria, capace di incontrarsi e fluire insieme nel processo creativo del fare musica.


Belle le scale arabe di “Perdoniamo Caino”. Hanno un qualche legame con la figura ebraica?

Non intenzionalmente. Sono appassionata di musica mediorientale, che pratico da anni, ma il collegamento che suggerisci è molto interessante.

Il testo di Perdoniamo Caino è nato dalla lettura di Caino di Mariangela Gualtieri, un testo teatrale potentissimo che indaga la figura di Caino come simbolo del male, un enigma che ci riguarda tutti.

Mariangela Gualtieri scrive: “Mi sono tenuta a una certa distanza dalla pagina biblica, lontana da qualunque tentativo esegetico, attratta piuttosto dal silenzio che regna intorno alla figura di Caino e dalla potenza di questa icona: si staglia solissimo in un deserto abbagliante, con un fratricidio che pesa sulle spalle, la maledizione della terra, la lontananza dal volto della divinità. E poi eccolo dare inizio, con la costruzione della prima città, alle nere arti della tecnologia rese nere più che altro dallo smarrimento dell’etica che non ha seguito l’immenso sviluppo tecnico.”


Sarà l’incipit di un disco che ragionerà in senso più ampio su questo modo di stare al mondo?

Non sappiamo ancora se seguirà un LP dopo questa pubblicazione. Sicuramente continueremo a lavorare su nuova musica. Per quanto riguarda i testi, il corpus tematico dei nostri brani verterà sempre su questi argomenti, perché questo è il mio modo di stare al mondo, imprescindibilmente intrecciato alla mia visione della musica e dell’arte.

Nessun tentativo di compiacere o di aderire a mode del momento: vogliamo farci vuoti e lasciare che il mistero ci pervada, per poi trasformarsi in narrazione condivisibile.


Ascolta “I Fiumi” su Spotify: Clicca qui

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