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Con FEMINA, Ginevra firma uno dei progetti più potenti e consapevoli della nuova scena cantautorale italiana. Un disco che è insieme racconto personale e dichiarazione politica, attraversando il vissuto femminile con delicatezza, rabbia, poesia e autenticità. Abbiamo parlato con lei del senso profondo di FEMINA, della forza dei team creativi al femminile e del valore della coerenza come forma di resistenza.


“FEMINA” è anche un manifesto contro il tentativo di zittire le voci femminili: quale responsabilità senti di assumere, come artista, nel promuovere la forza delle donne sul palco e dietro le quinte del circuito indie?

Sicuramente, mai come in questo disco ho sentito la necessità di espormi e di raccontarmi, come ho sempre fatto, ma in modo ancora più profondo. Raccontare la mia quotidianità in quanto donna, in quanto lavoratrice dello spettacolo, e raccontare anche il disagio dell’essere donne nella nostra società. Ho voluto affrontare anche il tema delle violenze, ma allo stesso tempo celebrare la molteplicità di sfumature che ci rappresentano: nel carattere, nei corpi, nella diversità delle nostre voci.

Quello che sento, come artista e come cantautrice, è il bisogno di continuare a raccontarmi, a dare voce anche alle mie fragilità. E quindi risalire sul palco, avere uno spazio tutto mio, che non voglio definire un esempio, ma che possa esistere in quanto spazio di libertà. Anch’io, da ascoltatrice, guardo alle artiste che stimo come a modelli: non voglio esserlo per forza, ma se la mia sincerità nell’esprimermi può diventare un piccolo germoglio per chi mi ascolta – ragazze, donne, artiste o no – allora è già qualcosa.


Il tuo team creativo è composto esclusivamente da donne e punta sulla sostenibilità estetica: in che modo questa scelta può diventare un modello concreto per festival e realtà musicali che vogliono evolvere verso pratiche più etiche e inclusive?

In questo disco ho avuto la fortuna di avere un team quasi interamente al femminile che mi ha rappresentata, tutelata e raccontata con tutta la sensibilità che l’essere donna porta con sé. Mi auguro che scelte come questa non restino episodi isolati, ma che possano ripetersi e riflettersi anche in contesti diversi, come festival o altre realtà musicali.

Il mio intento non è mai stato quello di escludere: il mio approccio non è esclusivo, ma stimolante. Vorrei che questa fosse una spinta per includere sempre più donne nei team, non per un principio astratto, ma perché portano capacità, sensibilità e visioni che arricchiscono profondamente ogni progetto. E spero che realtà come la mia possano diventare sempre più possibili e comuni.


che elisir ti porti a casa dal tuo percorso musicale e dopo ogni live?

Quello che mi porto a casa dal mio percorso musicale è che essere me stessa è la cosa più importante e che, in qualche modo, mi premierà sempre. Ogni live, dai più piccoli ai più grandi, è importante: è lì che si fa esperienza, che si suonano davvero le canzoni, che si crea quello spazio unico tra me e chi mi ascolta.

La dimensione del live per me è fondamentale quanto quella in studio. Sono due facce dello stesso percorso, e ogni tappa aiuta a crescere, a capire, a evolversi. Condividere un frammento di questo viaggio, farlo vivere attraverso la voce, il corpo, lo sguardo. E soprattutto, prendermi il mio tempo, rispettare me stessa. Perché solo così posso farlo davvero, con verità.

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