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Eccolo il nuovo nuovo singolo “Flambè” di EMOD, cantautore milanese classe ’94. Lo abbiamo intervistato per capire quella speciale chimica che regna nel significato e nel processo creativo dietro questo brano, dai contorni potenti, di sangue e viscere. Con una scrittura che unisce istinto e consapevolezza, EMOD ci trasporta dentro un immaginario cinematico che fonde pop alternativo, rap e rock, senza mai rinunciare a una forte identità personale. “Flambè” è un’esplorazione audace del desiderio, della libertà e dell’identità, raccontata con sincerità e intensità. In questa intervista ci parla del suo percorso artistico, della scelta di non farsi incasellare nei generi e della continua ricerca di una voce autentica, capace di parlare al cuore e alla pancia.

 

Identità in divenire: “Flambè” segna un’evoluzione rispetto ai tuoi brani precedenti come “Erotica Danza” o “Senza Regole”?

Indubbiamente “Flambè” segna un’evoluzione, sia artistica che personale, e si può trovare conferma di queste soprattutto paragonando testi e melodie con il brano “Erotica Danza” dove ho affrontato la stessa tematica. L’evoluzione, per quanto mi riguarda, la noto in ogni azione quotidiana che svolgo e tutto quello che faccio, durante le mie giornate, si riflette poi nelle canzoni.

 

Quanto conta per te la dimensione live? Come cambia il tuo rapporto con la musica e con il pubblico quando porti un pezzo come “Flambè” sul palco?

La dimensione live su una scala da uno a dieci conta undici! Il mio obbiettivo Nobile e incitare il cambiamento, inteso come miglioramento, nel prossimo mostrandolo attraverso me stesso e la musica che compongo. Oggi ci sono diverse realtà per espandere la propria idea, come i social ad esempio, tutte possibilità fantastiche, tra queste però, la più potente a livello trasmissivo resta il contatto umano. Siamo fatti di ormoni, mix chimici che si tramutano in frequenze e quando canto un brano dal vivo come “Flambè” il fuoco lo si avverte dentro in maniera immediata.

 

E brani del genere servono anche a conoscere se stessi un poco? 

Possono fare da vero e proprio psicologo. In base a ciò che scrivi impari a conoscere chi sei è e spesso e volentieri chi sei stato. Ad esempio nell’ascoltare “Senza Regole” oggi riconosco un ragazzo che ormai è lontano dal nuovo me e questo mi gratifica perché mi fa capire che sono andato avanti, che sono cresciuto e che ho ancora tantissima strada da percorrere.

 

Siamo alle prese con una scena indie sempre più omologata probabilmente. Cosa pensi del panorama musicale attuale e della tendenza a etichettare tutto?

NOIA! Questo riassume il mio pensiero riguardante il panorama musicale italiano attuale. Etichettare purtroppo è un po’ nell’indole dell’essere umani. Fortunatamente ci si può allenare ad evitarlo, partendo proprio a non etichettare se stessi. Etichettarsi è un po’ come tirarsi addosso delle sentenze e questo provoca limiti mentali e comportamentali precludendoci l’opportunità di cambiare idee, atteggiamenti e in un insieme più ampio, addirittura vita.

 

E una canzone per te cosa deve lasciare a chi l’ascolta? Ecco: “Flambé” che cosa porta con se?

A me piace l’idea che una canzone, oltre a farci emozionare, inneschi delle riflessioni che si tramutano in domande, facendoci scavare in profondità, come dicevo prima, che ci facciano un po’ come da terapeuta nella nostra vita. “Flambè” può innescare domande e riflessioni infinite cominciando da – “qual’è l’approccio che preferisco al sesso?” – oppure – “ho più modi di approcciare al sesso?” – entrando più in profondità – “ho sperimentato abbastanza per essere consapevole di cosa mi piace praticare in un rapporto?” – altra fondamentale – “c’è intesa col mio partner?” – vedi, le domande possono essere interminabili.

 

https://open.spotify.com/intl-it/artist/26ffVMkXF7hmeTlOvIHA6F?si=7OA83g2eQ42Rpg7f-nFvMg

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