Il tuo nuovo brano, “Dove non eri tu”, nasce da un viaggio in Indonesia e dall’incontro con la cultura del popolo Toraja. Come è nato questo legame tra la tua musica e l’esperienza che hai vissuto lì?
Devo dire che l’atmosfera che si crea durante i riti funebri di questo meraviglioso popolo è davvero distante da quanto immaginabile nella nostra cultura occidentale. Tra i suoni dei tamburi, l’odore forte del sangue degli animali sacrificati, i loro canti e l’aspetto autoritario di questi enormi tetti a forma di chiglia di nave rovesciata che circondano il “Campo” ti proiettano in una specie di dimensione surreale e molto spirituale.
Già nel campo Toraja mi risuonava nella testa questo motivetto che ho usato come introduzione, questo giro di armonica su due accordi.
La sera ero talmente su di giri che ho buttato giù il testo pensando agli Alice in chains, Band preferita di Davide, canticchiando il resto del motivo che mi era rimasto in testa e registrando sul telefonino i pezzi di armonica che poi ho effettivamente inciso in studio.
Nel brano parli di un amico scomparso, Davide Mingione. Quanto è stato importante per te elaborare il lutto attraverso la musica?
In tutta sincerità credevo di aver già elaborato il lutto, ho avuto tempo.
La sua perdita è stata per me scioccante e molto triste, anche per le modalità, ma il tempo gioca a favore dei vivi, e aiuta a dimenticare.
Evidentemente non era del tutto vero, probabilmente c’era ancora qualcosa di sospeso dentro di me che ho liberato durante l’esperienza nel campo Toraja.
Nel brano traspare una riflessione sul tempo e i ricordi. Come pensi che la musica possa aiutare a preservare i momenti e le persone che abbiamo perso?
In mille modi, dai più introspettivi, spirituali ai più banali. È intorno a noi e ci accompagna sempre, anche la natura produce musica continuamente, vento, animali, tuoni, onde del mare potremmo proseguire ore.
Faccio un esempio banale: quante volte vi è capitato a cena di ascoltare una canzone e dire, questa era la preferita di…?
E subito i ricordi riaffiorano, a volte i brividi. C’è qualcosa di magico nella musica che l’intelligenza artificiale non riuscirà mai a intercettare.
Hai menzionato Bob Dylan come una delle tue influenze musicali. Come il suo stile ha influenzato “Dove non eri tu” e la tua musica in generale?
La musica di Bob Dylan è entrata nella mia vita quando ero adolescente e ascoltavo l’album Infidels rigorosamente in Vinile, parliamo degli anni Ottanta.
Quindi ascoltavo un Dylan maturo, già nella fase “in elettrico”.
Lo adoravo ma ero molto distratto dal Rock, dal Blues e anche dal Rock Progressive dei Pink Floyd.
In età matura l’ho riscoperto nella sua versione “Acustica” che oggi è quella che preferisco.
Una canzone mi ha particolarmente stregato “You are a big girl now” di cui, tempo fa, ho registrato anche un breve tributo “a mio modo” su Instagram, solo acustica e armonica.
Se lo ascoltate capirete di sicuro come Dylan ha influenzato alcune delle mie ultime produzioni, tra cui Dove non eri tu.
Credo che questo brano sia quello che ha creato più dipendenza in me, ma gran parte dei suoi dischi della fase non elettrica sono davvero incredibili.
Guardando alla tua carriera, dai Crabby’s fino ad oggi, in che modo è cambiato il tuo approccio alla scrittura e alla produzione musicale?
Sia per via dell’età che degli anni passati in quella bellissima Band credo di aver raggiunto un certo grado di maturità artistica.
Ogni cantautore passa diverse fasi fino ad approdare a quella che restituisce realmente la cifra della sua musica.
Possiamo etichettarla come PoP, Folk, Blues, Pop Rock , Indie e così via ma all’interno di queste macro categorie ogni cantautore è perfettamente riconoscibile per la sua cifra artistica.
Io ho modificato completamente il modo di cantare rispetto ai primi anni con i Crabby’s, questo è stato reso possibile da una evoluzione verso un arrangiamento meno rock, meno elettrico e più acustico che mi permette di cantare in modo molto più pacato ed esprimere meglio il sentimento e il mood del brano, cosa che mi riusciva meno bene con la Band che suonava forte, molto Rock.
Relativamente alla scrittura sono passato alla lingua italiana, anche questo ha influenzato le melodie e spesso anche gli arrangiamenti.
Non saprei dire se sono ancora in evoluzione o se sono arrivato a destinazione.
Il 2024 è già iniziato con l’uscita di vari brani come “Canzoni per chi…”, “Mattinieri del Tempo” e “Dove non eri tu”. Ci puoi raccontare qualcosa sui prossimi progetti o cosa possiamo aspettarci da te nei prossimi mesi?
Non ho progetti di lungo respiro e mi godo il momento cercando di trarne le più accattivanti sfumature.
Parlando quindi del qui e adesso sto lavorando ad un brano per una voce femminile, ma non ho altri elementi che non portino a spoilerare il tutto, quindi mi fermo qui.