1. La tua scelta di registrare la performance dal vivo in un contesto naturale, senza filtri o
montaggi, sembra voler restituire l’essenza più pura della musica. Che cosa ti ha spinto a
esplorare questa dimensione così intima e autentica, e quale messaggio speri di trasmettere
al pubblico attraverso questa scelta?
Hai mai camminato in un bosco e sentito che tutto intorno a te era vivo? È da quella
sensazione che nasce questa scelta: lasciare che la musica sia nuda, senza filtri, come il
suono del vento tra le foglie. Voglio che chi ascolta si senta lì con me, accanto agli alberi, a
respirare la stessa aria, a sentire che la bellezza non ha bisogno di essere perfetta per essere
vera. A volte basta fermarsi, guardare, ascoltare: è così che il bosco ci insegna a vivere. Il
messaggio che spero di trasmettere è proprio questo: la bellezza si trova nell’autenticità,
nell’imperfezione, nel vivere il presente con consapevolezza. Il bosco diventa uno specchio
della nostra anima, un invito a riscoprirci autentici: suonare nel bosco è un modo per sparire
un po’, per lasciare che sia la musica a parlare. Vorrei che il pubblico sentisse questo: che
basta poco, che la bellezza è sempre lì, se ci fermiamo a guardare, nella semplicità del
presente.
2. “Electric Session in the Wood” è un’ode alla bellezza intatta e alla verità della natura. In che
modo questa connessione profonda con l’ambiente circostante ha influenzato la
composizione e l’esecuzione delle tracce, e cosa rappresenta per te il bosco come
“personaggio” della tua musica?
Il bosco è un simbolo, un luogo di connessione con l’assoluto. Ogni albero è un’antenna
verso l’universo, ogni foglia una nota scritta sulla partitura cosmica. Quando suoni tra quegli
spazi, ti accorgi che la musica non è solo tua: appartiene al silenzio, ai rami, al cielo. È come
se il bosco ti prestasse le sue parole, e io ho solo cercato di ascoltarle. Registrare lì mi ha
fatto sentire parte di un tutto più grande: la musica è diventata più vera. Ogni nota è nata tra
il respiro degli alberi, ogni suono si è perso nel silenzio.
3. Il progetto pone un forte accento sull'importanza di vivere in armonia con la natura e riflette
su temi come il cambiamento climatico e la sostenibilità. Come pensi che l'arte e la musica
possano contribuire concretamente alla sensibilizzazione e al cambiamento sociale verso la
protezione del nostro pianeta?
La musica, come un vento leggero, può piantare semi nelle nostre anime. Se ci ricorda la bellezza
che ci circonda, allora può farci fermare, riflettere, amare ciò che rischiamo di perdere. Come dice
Dostoevskij, "la bellezza salverà il mondo": forse è proprio così, ma prima dobbiamo riconoscerla.
L’arte può accendere una luce, ricordarci che siamo ospiti di questa terra, non padroni. E ogni
canzone, ogni nota, può essere un grido o una carezza, un modo per risvegliare le coscienze. L’arte
può farci ricordare. Ricordare che siamo vivi, che siamo fragili. La musica non salverà il pianeta,
ma può salvare noi dal dimenticare. Se ci commuoviamo per una canzone, forse ci fermeremo
prima di distruggere tutto.
4. Con la tua esperienza passata nella "Acoustic Session in the Wood" e questo nuovo capitolo
con la "Electric Session", come vedi l'evoluzione del tuo approccio musicale e il modo in
cui il paesaggio naturale diventa parte della tua narrazione artistica? Pensi che questo
dialogo con la natura sia destinato a diventare un tema ricorrente nel tuo lavoro futuro?
L’evoluzione dal progetto acustico a quello elettrico rispecchia un bisogno di esplorare nuovi
linguaggi, pur mantenendo quel dialogo con la natura che è diventato centrale nel mio percorso
artistico. Se con la “Acoustic Session” c’era una dimensione più intima, quasi contemplativa, con
l’“Electric Session” ho voluto spingermi verso una maggiore energia, come se il bosco stesso mi
spingesse a essere più diretto, più viscerale. Dalla quiete acustica al fremito elettrico.
Con il passare del tempo, il mio rapporto con la musica e la natura si è trasformato in un dialogo
profondo.
La natura è una compagna silenziosa, ma mai distante. Credo che continuerò a cercarla, perché mi
ricorda chi sono, cosa conta davvero. Ogni volta che tocco la chitarra, è come se le radici degli
alberi spingessero le note verso l’alto, verso il cielo. Questo legame è troppo profondo per
spezzarsi: è un filo che unisce non solo me al bosco, ma chiunque ascolti al cuore di qualcosa di più grande.