E arriva il momento in cui senti che manca qualcosa.
Non un qualcosa, poi. È un modo di sentire, di vedere, di fare. È parte integrante della storia del Festival di Villa Arconati.
È Dario Zigiotto.
Presente dalla nascita del Festival, da sempre innamorato della parola condivisione – che applicava nella sua vita e nel suo lavoro di operatore culturale, a Bollate e non solo – e scomparso pochi mesi fa.Tutto va avanti, perché Dario in primis avrebbe voluto così, sdrammatizzando con una battuta, uno sguardo intenso, un racconto inedito, forte e profondo.
E noi del Festival si va avanti.
Lo facciamo per noi che siamo rimasti e per lui che non c’è più. Ma manca.
Faremo tutto al doppio della voglia, per non far sentire il vuoto, ma è difficile.
E anche scrivere queste frasi sa di poco, si finisce nella retorica che proprio non era nel suo repertorio. Rotolando si vive, cantava Ivano Fossati tempo fa. E noi si rotola con il ricordo di Dario Zigiotto, per questa 36ª edizione del Festival di Villa Arconati a lui dedicata.
Un’edizione che cerca ancora una volta la strada dell’apertura verso i tanti mondi possibili legati alla musica e non solo.
A rappresentare al meglio questo trasformismo “intelligente” viene chiamato ad aprire il Festival Arturo Brachetti, che inaugurerà la rassegna mercoledì 26 giugno con “Arturo racconta Brachetti”, un’intervista frizzante fra vita e palcoscenico. L’uomo dai mille volti, che in un battito di ciglia (o forse due) è capace di trasformarsi in mille personaggi, si racconta in una serata speciale fatta di confidenze, ricordi e viaggi fantastici. Fregoli, Parigi e le luci della Tour Eiffel, Ugo Tognazzi, le ombre cinesi, Paolo Poli, la donna ignifuga, il Paradis Latin, e le mille fantasie di un ragazzo che voleva diventare regista o papa, prendono vita in un’intervista al confine tra vita privata e palcoscenico a tu-per-tu con il pubblico.
Da qualche anno una nuova tradizione ha occupato gli spazi della Villa nel corso del Festival, quella del concerto all’alba. Per il 2024 sarà protagonista Cecilia, che domenica 30 giugno alle 6 del mattino si esibirà con la sua arpa e la sua voce per dare un suono alla meraviglia dei colori dei giardini della villa al sorgere del sole.
La musica continua a riprendersi lo spazio naturale di protagonista del Festival lunedì 1° luglio con Vinicio Capossela. Un grande ritorno per il cantautore – la prima volta in Villa fu nel 1995 – che in occasione del trentennale dell’uscita di “Camera a Sud” porterà al Festival uno spettacolo speciale. Infatti Altri tasti, il tour estivo di Vinicio Capossela, lascerà il posto ai “Vecchi tasti”, un concerto unico in cui verranno eseguiti i tredici brani del disco pubblicato nel 1994. Brani che attingono musicalmente allo swing, alla ballad, al latin, eseguiti da musicisti specialisti di questi generi. Il trentennale non vuole essere tanto una celebrazione, ma una reinterpretazione con la consapevolezza che deriva da una fase diversa della vita. «Suonare queste canzoni è un modo di continuare ad abitarle – racconta Vinicio – animati più dal sentimento della gratitudine che da quello della nostalgia».
Anche la data successiva del Festival, martedì 2 luglio, racconta qualcosa di storico che resta attualissimo. Sul palco di Villa Arconati salirà Mauro Pagani, che torna a suonare “Crêuza de Mä”, scritto con Fabrizio De André quaranta anni fa. Pagani sarà accompagnato da un equipaggio di 6 musicisti e da una corista e un corista, per riproporre le avvolgenti sonorità, senza tempo e senza spazio, narrate nell’album che ha cambiato la sua carriera, quella di De André e della musica italiana. A coronare questo viaggio musicale, non mancheranno, poi, i brani del suo noto e apprezzato repertorio frutto di oltre cinquanta anni di carriera.
La serata sarà anche l’occasione per ricordare il nostro Dario Zigiotto.
Spazio al racconto in forma di recital teatrale e musicale domenica 7 luglio al tramonto in compagnia di Massimo Finazzer Flory, che presenta “Vissi d’arte, vissi d’amore. Aspettando Giacomo Puccini”, un omaggio al grande compositore lucchese nel centenario della scomparsa. Con lui il Coro degli Amici del Loggione del Teatro alla Scala di Milano, la soprano Anna Rita Taliento, la mezzosoprano Annunziata Menna, baritono Jung Jaehong. Al pianoforte o tastiera amplificata Asako Watanabe, direttore Filippo Dadone.
Lunedì 8 luglio arriva un altro “artista metafora” per la rassegna di Villa Arconati: Jack Savoretti. Inglese di nascita, italiano nell’anima, Savoretti rappresenta al meglio la sensibilità e la curiosità delle giovani generazioni che hanno ascoltato tanti esempi di musiche possibili per poi cercare e creare un proprio stile musicale, proprio come quello che da sempre cerca di fare il Festival. Con oltre 1 milione di copie vendute grazie a 7 album pubblicati in lingua inglese (di cui 2 arrivati al primo posto della classifica UK) in oltre 10 anni di carriera e 20 anni di ricerca espressiva, Jack Savoretti ha scritto numerose pagine di canzoni e poesie raccontando una vita da viaggiatore alla ricerca della sua anima artistica divisa tra l’Inghilterra (dove è nato e tutt’ora vive), l’Italia (da cui prende il cognome e una forte passione per la poesia e il romanticismo), la Svizzera (dove ha studiato) e il mondo intero. Savoretti può vantare un lungo elenco di collaborazioni che vanno dal pilastro del cantautorato americano Bob Dylan alla diva australiana del pop Kylie Minogue passando per Nile Rogers, James Blunt, Shania Twain ma anche Ex Otago, Natalie Imbruglia ed Elisa.
Ad aprire la serata sarà Kaze, nuova promessa del pop italiano: cantautrice profonda, la cui musica è caratterizzata da una scrittura autentica e sincera, che spazia tra la lingua italiana e quella francese.
La cifra stilistica di questo Festival è decisamente la canzone d’autore, nelle sue tante possibili interpretazioni. Non poteva mancare un altro ritorno importante nella sezione “grandi cantatutori”, quello di Edoardo Bennato mercoledì 10 luglio. A trent’anni dal suo primo passaggio al Festival nel 1994, Bennato salirà ancora sul palco di Villa Arconati per raccontare le sue storie fatte di buoni e cattivi, per sbeffeggiare i potenti e inneggiare alla forza umana delle persone comuni, senza mai dimenticare il più classico tra i sentimenti ispiratori di ogni Artista: l’Amore. Edoardo Bennato torna live con un concerto ad alto contenuto rock&blues proponendo i suoi brani più celebri e una selezione di nuove canzoni tratte dall’ultimo album “Non c’è”. Un’esperienza emozionale con i brani e le melodie che sono entrati a far parte del nostro immaginario collettivo a cui sarà difficile resistere, per ritrovare, attraverso il potere della musica, vibrazioni ed emozioni che fanno bene all’anima. Ad affiancarlo sul palco ci sarà la BeBand, la formazione storica che lo segue ormai da anni.
Giovedì 11 luglio il Festival sarà visitato dalla magia, ovvero la musica e l’anima di Teresa Salgueiro. La voce dei Madredeus, da anni interprete solista, è sempre stata in movimento. Da quando è salita sul palco per la prima volta nel 1987, ad appena 18 anni, non ha mai smesso di esibirsi nelle più prestigiose sale da concerto del mondo. Negli ultimi quindici anni ha realizzato album pieni di attenzione per la musica tradizionale portoghese – il Fado – e per la musica tradizionale dell’America Latina e della musica popolare brasiliana tra gli anni trenta e settanta. In qualità di attrice, in particolare nel film “Lisbon Story” di Wim Wenders, o come solista principale nell’ orchestra di “Silence, Night and Dreams” di Zbigniew Preisner (autore delle colonne sonore per i film di Krzysztof Kieslowski), il suo enorme talento le ha permesso di collaborare con personalità appartenenti alle più svariate espressioni artistiche, da Caetano Veloso a Coba, da Patrick Watson a José Carreras, da Mário Lúcio a Carlos Paredes, a Lucio Dalla.
La chiusura dell’edizione 2024 del Festival ha il sapore di novità: infatti l’ultimo spettacolo porta la firma di un grande giornalista, Mario Calabresi. Venerdì 12 luglio andrà in scena “Come suona una fotografia”, spettacolo scritto e narrato da Calabresi che racconta di fotografie capaci di segnare un’epoca, di lasciare un segno, di sintetizzare mille parole, immagini destinate a fissarsi per sempre nella nostra memoria e a costruire l’immaginario collettivo. In questo monologo sonorizzato live, il giornalista – grande appassionato di fotografia – racconta le esperienze e le emozioni provate da coloro che hanno fermato su pellicola un pezzo di Storia.
Un programma fatto di parole e immagini e musica: idealmente un’altra dedica a Dario, che da qualche parte ci guarderà con affetto e ironia, abbracciandoci tutti.