Recenti inchieste hanno portato alla luce una pratica controversa di Spotify: la creazione di “artisti fantasma”. Questi pseudonimi rappresentano brani strumentali inseriti in playlist di musica d’ambiente, accumulando milioni di ascolti. Poiché Spotify detiene i diritti su queste tracce, non è tenuta a pagare royalties come farebbe con artisti reali. Questa strategia potrebbe ridurre lo spazio per musicisti indipendenti e quelli sotto contratto con le major, poiché le playlist vengono riempite con contenuti proprietari. Sebbene Spotify abbia negato tali pratiche, le accuse sollevano interrogativi sul futuro della musica in streaming e sul ruolo delle piattaforme nel supportare gli artisti.
Per approfondire, guarda il video originale su Instagram: https://www.instagram.com/reel/DGdm5B0qvv_/