É uscito giovedì 7 marzo 2024 su tutte le piattaforme digitali il singolo di debutto del progetto Scaleno, un brano sfacciatamente autobiografico dal titolo “Crescere” che segue alcune pubblicazioni informali e un percorso live già avviato, con la complicità dei musicisti Luca Cotroneo alla chitarra e Davide Vaglia alla batteria.
“Crescere” parla di quando Scaleno aveva vent’anni: è una canzone che cerca di capire cosa ci serve per uscire dagli schemi di pensiero più tossici della nostra società, che ci legano alla tristezza e alla frustrazione. Per citarlo direttamente, in quel periodo Scaleno era un piccolo maiale, con idee bizzarre, confuse e distorte sulla donna — e, in generale, sulla vita. “Crescere” una canzone che si alterna tra una strofa intima, dalle sonorità oniriche, e un ritornello liberatorio e potente.
Di brani ne ha molti altri in cantiere, e noi non vediamo l’ora di ascoltarli, e siamo stati contentissimi di averlo intervistato. Abbiamo parlato dei suoi compagni di band, di futuro e ci che cosa significa crescere. Ecco com’è andata!
- Sei musicalmente attivo da parecchio, eppure questo sembra essere il tuo primo vero debutto discografico, come mai hai aspettato così tanto?
Non sentivo di avere cosa rilevanti da dire, e non sentivo di avere la faccia tosta di dirle se le avessi avute. Scrivevo testi in inglese ma erano vuoti, sgrammaticati e inutili. Poi qualche anno fa ho iniziato a essere sempre più interessato alla politica e mi sono innamorato di una persona eccezionale: ho scoperto di avere cose da dire e per la prima volta ho pensato che valesse la pena farlo, così ho vinto la mia ritrosia a mettere nero su bianco le mie parole in italiano. In questo modo ho anche scoperto di riuscire tutto sommato a cantare, cosa di cui prima dubitavo di essere capace.
- Com’è nata la tua collaborazione con Luca Cotroneo e Davide Vaglia, due musicisti che ti hanno accompagnato in tour in passato? Saranno ancora al tuo fianco quando tornerai a suonare in giro?
Per ricollegarci alla domanda di prima, c’è un piccolo segreto: ho già pubblicato cose in passato, con un bel gruppo chiamato The Sunset — nel quale però non cantavo. In questo gruppo suonavo proprio con Luca, che oltre ad essere un fratello è un chitarrista fenomenale. Per fortuna sono riuscito a convincerlo a seguirmi in quest’avventura, ed eccoci qua. Davide invece l’ho conosciuto perché abbiamo suonato insieme in un progetto musicale e teatrale mattissimo chiamato KBB Orchestra. Altra botta di fortuna: ha deciso pure lui che valesse la pena suonare insieme a noi, credendo nel progetto nonostante non fosse proprio il suo genere.
- “Crescere” è un primo assaggio di un disco? Cosa ci puoi anticipare a riguardo?
Sì, ho degli altri pezzi registrati e pronti a uscire. Sono abbastanza scarso a pianificare le cose, dunque non saprei bene dire in che ordine e con quale confezionamento usciranno; prima di far uscire un disco senza dubbio farò uscire almeno un altro singolo, probabilmente nelle prossime settimane. Parlerà di sindrome dell’impostore. Sul medio termine l’uscita di un disco è senza dubbio in programma, però.
- E, in definitiva, di cosa parla questo brano?
Parla di trovare la propria strada nonostante le aspettative e le forme della società — però sono arrivato a conclusioni contrarie a quelle che si rischia di raggiungere di solito con queste riflessioni. Secondo me la strada che ci può portare alla serenità non punta sempre più in alto, verso chissà quale posizione o affermazione della propria individualità. Per certi versi è una stradina confortevole che porta più in basso: verso riuscire ad essere in pace con le proprie capacità, i propri gusti e le persone che ci stanno attorno. E con i propri limiti, ovviamente. Queste cose le ho scoperte con il tempo — ecco spiegato il titolo della canzone. Veniamo bombardati di retorica giovanilistica e generazionale, secondo la quale a 25-30 anni saremmo già morti, mentre io ho trovato il mio processo di maturazione personale in questi anni una cosa veramente costruttiva e benefica per il mio benessere mentale. A vent’anni no, ero un pasticcio: un piccolo maiale, come dice la canzone. Ero pieno di insicurezze, di idee stupide e di schemi mentali ridicoli tramite i quali filtravo la mia visione del mondo. Crescendo sono riuscito a rendermi conto di quanto fossi stato influenzato dal patriarcato — “ero un piccolo maiale,” dico nella canzone — dalla retorica della produttività a tutti i costi, dalle mie insicurezze che trascinavo dall’adolescenza. Non so se sono riuscito a risolvere tutto. Probabilmente no; ma ne sono più consapevole, e questo mi rende già un po’ soddisfatto.
- E ora?
E ora voglio riuscire a raggiungere sempre più persone, per vedere se quello che ho da dire interessa e può far riflettere qualcuno o per farle stare meglio. Mi fa contento condividere le cose, le mie riflessioni e anche solo i fatti miei: in un certo senso scrivere canzoni è una forma di oversharing, che è un po’ un mio vizio. Credo che molte persone vogliano sentire e raccontare storie normali. Soprattutto credo che abbiano un grande desiderio di riflettere su cose che li riguardano da vicino, ma che vengono trattate poco nella musica contemporanea: il troppo lavoro, la stanchezza, l’amore vissuto con sincerità, passione e tenerezza. E forse più di tutto questo voglio fare dei concerti divertenti: negli ultimi anni trovare occasioni per suonare live si è fatto sempre più difficile, ma per me suonare insieme a delle persone e per delle persone è importante almeno quanto mettere fuori canzoni nell’internet.