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Tra i nomi più in evidenza degli ultimi tempi, ci sono sicuramente i romani In June, che si preparano all’uscita del nuovo ep pubblicando un singolo e un video, “Work in Progress”, che segna anche una certa svolta sonora. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.

Ciao ragazzi, come è nata l’idea di creare il singolo “Work in Progress”?

“work in progress” è un brano cerniera che fa da filo conduttore, nato in realtà nel periodo di scrittura di “Common Grounds”, il nostro primo EP, ma messo da parte per dopo, in quanto era un brano nuovissimo dalla direzione ancora incerta. Abbiamo voluto che crescesse con noi, e così è successo, ed ora risulta estremamente attuale.

Qual è stato il processo di scrittura per il singolo?

Il singolo  è nato voce e chitarra, scritto nell’estate del 2020 tra tutte le incertezze e le paure del momento. La paura di non riprendersi mai da una situazione disastrosa tipica di quel periodo ha dato vita a questa canzone, il cui testo è stato scritto da Dan su un autobus, partendo proprio dall’immagine dell’edera che cresce sui ponteggi e il lavoro in corso abbandonato che non progredisce mai. La canzone è stata arricchita dalla parte di batteria, prima filtrata, che poi si apre nel secondo verso, proprio come tutti gli altri strumenti che l’hanno seguita. Suonandola per molto tempo live poi l’abbiamo affinata e limata sempre di più, fino ad averla registrata nell’estate del 2023.

In che modo “Work in Progress” si collega al vostro nuovo ep in arrivo, “Collapse”?

“work in progress” anticipa un EP più cupo e malinconico, il tema introspettivo trattato è ricorrente in “Collapse” che parla di situazioni di vita che ci mettono alla prova. Anticipa chitarre distorte ed energiche, ritmi spasmodici, archi e piani synth emozionanti.

Come definireste il cambiamento di tonalità e stile tra “Common Grounds” e questo nuovo singolo?

L’era “Common Grounds”, melodica, dalle venature elettroniche e indie-rock ha lasciato moltissime tracce anche nel nuovo singolo, che è figlio ancora di quel periodo. Tuttavia, lo stile del brano risulta  decisamente più scuro, acido e malinconico. Il cambiamento è avvenuto anche a livello visivo: abbiamo mantenuto la nostra passione per l’astratto ma trasportandolo in sfumature di colore quasi al neon, forti, sature. Dal cielo azzurro e sabbioso della copertina di Common Grounds all’allucinazione della cover art di Work In Progress, con il cielo notturno e l’erba che sembra di un verde innaturale.

Come avete affrontato la sfida di esprimere la crescita personale attraverso la musica?

La nostra crescita personale è molto legata all’indipendenza, proprio come quella musicale. Lasciare parlare solo noi stessi e fidarci dei nostri istinti, con la maturità di imparare dai propri errori ed accettarli, accettando anche il dolore e la difficoltà di questo mondo: questa è stata la sfida.

Quali sono i vostri rituali o abitudini durante il processo di creazione musicale?

Ultimamente partiamo sempre dalla sala prove: un brano ormai prende forma soltanto lì. Lo suoniamo varie volte, spesso anche inaugurandolo su un palco per capire la reazione del pubblico, per poi registrare una pre-produzione da ascoltare e studiare, per poter affinare la canzone che in questo modo prende vita.

Qual è la vostra canzone preferita da eseguire dal vivo e perché?

Per Dan, la sua canzone preferita da suonare live è “Look”, uno dei tre singoli ancora non pubblicati di “Collapse”; per Mara è “New Order”, mentre per Pier è proprio “work in progress”.