Skip to main content

A pochi giorni dal quinto anniversario della morte di George Floyd, la band lucana La Città Brucia pubblica il brano 526″, sulle piattaforme digitali dal 20 giugno.

Il brano, secondo estratto all’album “Resisteremo” (La Stanza Nascosta Records) è anticipato dal video ufficiale, per la regia di Giacomo Cantisani: una clip potente e minimale, volutamente anti-spettacolare e costruita per sottrazione, con una attenzione spiccata alla costruzione visiva dell’inquadratura e alla forza espressiva della luce.

Fotografia, riprese e montaggio sono di Alessia Gugliotta.

Sulla scorta del filosofo Achille Mbembe e nel nome di George Floyd526”, in bilico tra testimonianza e disperata ricerca di senso, resa e resistenza- con il countdown che porta al calor bianco la tensione della fine imminente- rivendica il diritto universale al respiro, che travalica gli aspetti biologici, accomuna l’umanità e sfugge ad ogni calcolo.

Floyd, con il suo tristemente celebre “I can’t breathe” (“Non riesco a respirare”), diventa l’emblema di interi segmenti di popolazioni condannati a una respirazione difficile, senza fiato, a una vita pesante.

526” – racconta La Città Brucia- è un grido spezzato, un pugno dritto nello stomaco. La canzone prende il nome dai 526 secondi (8 minuti e 46 secondi) durante i quali George Floyd è stato immobilizzato a terra, soffocato da un agente di polizia a Minneapolis il 25 maggio 2020. In quei minuti, l’uomo non è morto solo per asfissia: è morto anche per l’indifferenza, per il razzismo sistemico, per la crudeltà di un potere che nega l’umanità al “diverso”.

Il brano– spiega la band lucana– si sviluppa come un dialogo interiore estremo e definitivo, pronunciato dalla voce stessa di chi sta morendo. La canzone si apre senza nessuna metafora a smorzare la brutalità della scena: il respiro negato è il simbolo di una vita privata del suo diritto più essenziale.

Il ritornello, che è insieme resa e resistenza, rende manifesta la contraddizione tra la volontà di vivere e l’impossibilità di farlo in un mondo che ti opprime. Qui emerge con forza la duplice faccia dell’essere umano schiacciato dal pregiudizio: chi è costretto a giustificarsi anche quando è la vittima, e chi invece resta impunito anche quando è il carnefice.

E’ l’effetto devastante della costruzione della differenza razziale, che plasma ogni nostra percezione, in particolare a livello visivo; che “partorisce” distinzioni razziali e le legittima, rendendole oggettive, immediate, autoevidenti.

“In fondo sai che sono un uomo anch’io” è il nucleo tematico del brano: un’affermazione che non dovrebbe essere necessaria e che invece suona come l’estremo appello all’umanità altrui. Questa frase non è solo riferita a George Floyd, ma a tutte le vittime del razzismo e della disumanizzazione sistemica.

La seconda parte del brano- continua La Città Brucia-  introduce un’amara previsione: “E annegherete le memorie nell’oblío / ricorderete solo un martire, un addio”.
È una denuncia alla memoria selettiva dell’opinione pubblica e dei media, che troppo spesso trasformano le persone in simboli vuoti, perdendone la voce, la storia, la complessità. Il colore diventa un’icona sterile, la vita una parentesi nel rumore dell’indignazione momentanea.

526” non è solo una canzone di denuncia, vuole essere un brano politico nel senso più alto del termine. Rifiuta il silenzio, rifiuta la rassegnazione e pretende ascolto.
È una canzone che si schiera. Che non accetta la retorica né la neutralità. E che, nel farlo, onora non solo la memoria di George Floyd, ma quella di tutte le voci che il mondo ha provato a soffocare.

Pensiamo che il secondo estratto dell’album, nonché il brano più breve della tracklist- racconta La Città Brucia- sia tra i più intensi dell’album. Abbiamo ricercato una sinergia tra gli elementi musicali, funzionale ad amplificare la rabbia e a fare da detonatore alla denuncia espressa dal testo. Il ritornello si apre con un arpeggio registrato su chitarra acustica, che si intreccia con le chitarre ritmiche, aggiungendo profondità emotiva. Il bridge, volutamente caotico, include frammenti audio di notiziari che riportano la vicenda di George Floyd, figura centrale del brano. Questo effetto “radio” si fonde con un crescendo vocale, arricchito da pad e archi, che sfocia in un ritornello finale ancora più potente. La parte conclusiva accelera l’intensità emotiva con un cambio di tempo che dimezza il ritmo, trascinando l’ascoltatore in un headbanging viscerale. Breve nella durata, ma dirompente nell’impatto.

Il videoclip: 

https://youtu.be/GHJMl0YyFtA

Dichiarazioni Giacomo Cantisani (Regia e Script)

Il videoclip è stato concepito nel segno della semplicità. Un’idea tanto essenziale quanto potente, pensata per lasciare spazio alla forza del brano e al peso del tema affrontato.

Abbiamo scelto di lavorare con un’unica fonte di luce, posizionata in modo da creare giochi di chiaroscuro e controluce. In un ambiente completamente nero, quel fascio luminoso diventa quasi l’ultimo appiglio, l’unica via di sopravvivenza, in mezzo a una realtà che inghiotte.

I membri della band, vestiti completamente di nero e immersi nello stesso buio dello sfondo, sembrano quasi dissolversi nel contesto, diventando parte del messaggio più che protagonisti. La loro performance non è spettacolo: è testimonianza.

Accanto a queste riprese si alternano due elementi visivi chiave: il countdown e le proiezioni di alcune immagini.

Il countdown, che scorre inesorabile da 526 fino allo 0, è un richiamo diretto e drammatico: rappresenta ogni singolo secondo dell’agonia vissuta da George Floyd. È un tempo che non dimentica. Uno scorrere che pesa.

Le proiezioni, invece, sovrappongono volti, corpi, voci e immagini reali: riprese dai telegiornali, momenti del movimento Black Lives Matter, ma soprattutto frame della bodycam di uno degli agenti coinvolti nell’arresto. Non c’è ricostruzione, non c’è fiction: c’è realtà, proiettata su corpi vivi che la portano addosso, letteralmente.

Non c’era bisogno di inventare nulla. Nessuna trama, nessuna narrazione aggiuntiva. Le parole della canzone bastano a raccontare ciò che è accaduto il 25 maggio 2020.

Il nostro compito, con questo video, è stato solo quello di togliere il superfluo, perché l’essenziale bruciasse di più.

Bio La Città Brucia

La Città Brucia è una band lucana nata nel 2020 e composta da Giacomo Cantisani (voce)Antonio Pennetta (chitarra e cori)Francesco Spaltro (basso) Giuseppe Cupparo (batteria). Hanno all’attivo l’ep E se tutto fosse uno sbaglio (Autoprodotto, 2023) e i singoli In un solo secondo (Autoprodotto, 2024) e Qualcosa di semplice (La Stanza nascosta Records, 2025). Il 23 maggio è prevista la pubblicazione dell’album Resisteremo( La Stanza Nascosta Records).

Nel tempo, il confronto e l’unione di diverse influenze dei membri della band, hanno portato allo sviluppo di un alt-rock cantato in italiano, ruvido ma emotivo, diretto ma profondo. Ogni canzone è lo specchio di un vissuto esistenziale e del bisogno di trasformarlo.

CREDITS  526”

Voce: Giacomo Cantisani

Chitarra e Cori: Antonio Pennetta

Basso: Francesco Spaltro

Batteria: Giuseppe Cupparo

Testi: Giacomo Cantisani

Arrangiamenti: Giacomo Cantisani, Antonio Pennetta, Francesco Spaltro, Giuseppe Cupparo

Registrato e Masterizzato da Salvatore Papotto presso gli studi de “La Stanza Nascosta Records”

Editato e Mixato da Antonio Pennetta presso “Eclissi Studios”

CREDITS VIDEO 526” 

Regia e Script: Giacomo Cantisani

Fotografia, Riprese e Montaggio: Alessia Gugliotta

Link utili:

https://www.instagram.com/lacittabrucia/

https://linktr.ee/lacittabrucia

Lascia un commento