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“Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico.”
Da questo antico proverbio di origine orientale – spesso attribuito a Confucio – nasce la nuova canzone di Massimo Stona, un brano che si muove tra filosofia e attualità, tra disillusione e umanità. Ma attenzione: “Confucio” non è una canzone di pace, è una canzone di pensiero.

Dietro un titolo ironico si cela una riflessione amara sul mondo contemporaneo, dove la forza continua ad avere la meglio sul dialogo, dove chi grida più forte ottiene spazio, mentre chi è più debole viene travolto.
Primo esempio? L’attacco all’Ucraina, citato esplicitamente nel brano. Ma il riferimento è più ampio, più profondo: un attacco a tutte le forme di arroganza che dominano la storia, e che puntualmente tornano. Cambiano i nomi, i volti, i contesti. Ma l’essenza resta.

Il testo di Confucio si apre con una citazione da Walt Whitman, poeta dell’anima e del corpo, padre della lirica americana. Una scelta non casuale: Whitman cantava l’uomo, la natura, l’interconnessione tra gli esseri. Oggi, quella connessione sembra svanita.

Stona ci mostra un mondo disumanizzato, dove non c’è più spazio per la delicatezza, per l’ascolto, per la pazienza. Eppure è proprio quest’ultima la chiave del brano: la pazienza come resistenza, come atto rivoluzionario.
Chi è in grado di aspettare, senza vendetta e senza rumore, finisce spesso per avere ragione.
Perché, come suggerisce il concetto di karma, la storia prima o poi presenta il conto.

“Confucio” è una canzone che va oltre l’attualità. È una meditazione laica sull’etica, sul potere, sul silenzio che guarda.
E si chiude con una domanda, apparentemente semplice ma decisiva:
“Ma ci sarà mai davvero un vincitore? O forse, alla fine, perdiamo tutti?”

Stona non pretende risposte. Ma ci invita a restare umani, anche se – oggi più che mai – sembra la cosa più difficile da fare.


🧠 “Confucio” è disponibile su tutte le piattaforme digitali
🎧 Ascoltalo, pensaci, rileggilo.

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