LE CITTÀ DI K, la rock band nata dal progetto Euphorica nel 2017 che aveva suscitato interesse e riscontri entusiasti all’esordio discografico, torna con il secondo lavoro in studio: esce oggi l’EP II, prodotto da Giorgio Mastrocola (già componente de La Sintesi e collaboratore di lunga data di artisti del calibro di Franco Battiato, Morgan e Max Pezzali).
C’è un filo teso che attraversa II, il secondo album de Le città di K: un’elettricità costante che vibra tra rabbia e malinconia, caos e ossessione, seduzione e distruzione. Le sette tracce dell’album sono frammenti di una realtà instabile e sospesa, che incide sul corpo e sulla memoria il peso di ciò che non si può cancellare: l’amore e la rabbia, il senso di smarrimento e di isolamento, gli incontri fugaci e le solitudini scandite dal battito metropolitano. II è un album senza filtri, diretto e viscerale, che fonde chitarre affilate e ritmiche serrate mentre la voce si muove tra confessione e sfida, tra ironia e disperazione, lasciando addosso il sapore crudo della realtà. Le canzoni non cercano conforto: oscillano tra inquietudine e esplosione, come un valzer sbilenco danzato sul bordo di un precipizio. Come una notte insonne in una città troppo grande, tra luci al neon e silenzi assordanti.
II – IL RACCONTO TRACCIA PER TRACCIA (in embargo fino alla pubblicazione del disco)
1. CURAMI – Un grido, una supplica travestita da sfida in un gioco di odio e guarigione, in bilico tra il desiderio di distruggere e quello di essere salvati. L’atmosfera claustrofobica del riff, come colpi che vibrano in un battito ossessivo e pronto ad esplodere da un momento all’altro, raccontano il lato più crudo e contraddittorio delle emozioni umane.
2. INDELEBILE – Il racconto di un momento che lascia il segno e che scava dentro, sul confine tra l’impulso e l’inevitabilità delle scelte. Il suono compatto si apre, “come un temporale improvviso”, sul ritornello – un mantra urlato –per chiudersi con la consapevolezza che niente sarà più come prima.
3. VERTIGINE – Un viaggio circolare dentro il vuoto che si fa suono e che ti trascina senza che tu possa opporre resistenza, come in una confessione fatta all’alba, quando il mondo è sfocato e il tempo sembra sospeso. Il brano si costruisce attorno a un’inquietudine che non si risolve mai del tutto su di un tappeto sonoro in continua oscillazione. Le chitarre si fanno ora liquide, ora taglienti, mentre basso e batteria pulsano in un ritmo che sembra scandire un conto alla rovescia verso qualcosa di inevitabile.
4. DA REMOTO – Ci si può sentire lontani anche quando si è vicini, intrappolati in una connessione che sembra esistere solo nella nostra testa. Da Remoto prova a catturare questa alienazione moderna, dove la distanza non è solo fisica, ma emotiva, mentale, esistenziale. E’ il racconto di una relazione che si consuma tra realtà e proiezione. “Tu non ci sei, ti ho inventata io” è il punto di rottura: il momento in cui l’illusione si svela e il protagonista si trova faccia a faccia con il vuoto.
5. IL MIO MAL DI TESTA – Un flusso di coscienza che scorre veloce tra ironia, disagio e autodistruzione. Le immagini si sovrappongono senza soluzione di continuità: selfie perfetti, ricerche di senso, spiritualità spicciola, crolli emotivi e tentativi di rimettersi in piedi. “Pratico lo zen mentre respiro idrocarburi” riassume il paradosso dell’esistenza contemporanea: cercare equilibrio in un mondo che ci intossica. Musicalmente, il pezzo è un intreccio di ritmiche incalzanti e crude, riff taglienti e un cantato che si muove tra sarcasmo e rabbia trattenuta.
6. VALZER (PER PERSONE ARIDE) – C’è qualcosa di ipnotico nei valzer, nel modo in cui fanno perdere il senso del tempo e dello spazio. Valzer (Per Persone Aride) trasforma quella circolarità in un gioco di seduzione e manipolazione, dove nessuno sembra vincere davvero. Un incastro tra chi tiene in ostaggio e chi, forse, non vuole davvero scappare. L’atmosfera è sospesa, un tempo che richiama il movimento oscillante di un valzer, ma più sporco, elettrico e pericoloso. E’ una danza sensuale segnata da un’oscurità strisciante: non si balla per il piacere di farlo, ma perché non si sa più come fermarsi.
7. LA CITTA’ – Le città non dormono mai davvero. Respirano, pulsano, nascondono storie tra le ombre e i riflessi dei lampioni. Il brano è una ballata metropolitana per chi vaga senza meta nelle ore più tarde, mentre La città sembra trattenere il respiro prima dell’alba. E’ un viaggio attraverso le sue luci e i suoi silenzi, tra incontri fugaci e solitudini condivise. Il brano si muove in un’atmosfera malinconica e intima: la voce si insinua tra le strade deserte, osservando da lontano la vita che continua – senza fermarsi mai- e la magia effimera della notte.

NOTE BIOGRAFICHE
Le città di K nascono nel 2017 dalle ceneri del progetto Euphorica, che che aveva dato vita a diversi lavori in studio, ottenendo recensioni delle principali testate musicali; partecipazioni a Il Tenco Ascolta, Arezzo Wave Love Festival, Collisioni di Barolo, MEI Supersound; riconoscimenti nazionali (Rock Targato Italia e a Ritmi Globali Globali Europei); passaggi in TV e radio.
Rosso Come il Cielo presenta il nuovo progetto al pubblico a dicembre 2017, anticipando l’uscita dell’EP Velluto (2018), con i singoli Dodici e Lontano. Nel 2020 la band pubblica il nuovo singolo Mondo Nuovo. Nel 2025 esce il nuovo album “II” , frutto – come i lavori precedenti – della collaborazione artistica con Giorgio Mastrocola.