INNI E CANTI, il nuovo album dei GIALLORENZO, in uscita il 25 aprile per La Tempesta Dischi, segna un’evoluzione significativa nel percorso della band, dopo il successo di MILANO POSTO DI MERDA (2019), FIDATY (2020) e SUPER SOFT RESET (2022).
Se il loro esordio raccontava Milano dalla prospettiva degli ultimi, INNI E CANTI si apre a una riflessione più ampia, ma sempre radicata nel presente. Con questo nuovo lavoro, i GIALLORENZO non solo esplorano le contraddizioni della vita nella società moderna, ma si scontrano con una serie di simboli storici e culturali, immagini interiorizzate che continuano a modellare la nostra percezione del mondo. È un album che riflette su come le radici ideologiche più profonde siano ancora presenti e vivide nel contesto urbano contemporaneo, nonostante sembriamo essere tutti proiettati verso un futuro sempre più disperso in una valanga di notizie e privo di un’idea di passato o futuro.
Se MILANO POSTO DI MERDA era un manifesto underdog di una generazione disillusa, INNI E CANTI affronta la questione dell’identità e della sua perpetuazione. Mentre nel primo album il punto di vista era quello dei margini, dei “senzatetto” e degli invisibili della città, in questo caso il centro prospettico è al contrario quello della monumentalità: i vessilli, i simboli, gli idoli che testimoniano l’impianto ideologico che struttura le nostre città e la nostra identità collettiva. Così, l’estetica di INNI E CANTI diventa il riflesso di una visione che decontestualizza i temi del Risorgimento e del fascismo, ribaltandoli e smascherando la persistenza di questi elementi nel contesto postmoderno. La città, nella sua facciata più visibile e simbolica, è una continua riaffermazione di queste memorie, a ricordarci che la Storia non è mai veramente finita, nonostante postmodernismi di sorta ci abbiano abituato a pensarci come fuori dagli stravolgimenti che si trovano solo sui giornali o sui libri di scuola.
L’immaginario di INNI E CANTI si muove tra l’*800 e il *900, con una distorsione della memoria storica che scardina la sacralità di questi periodi. La guerra, che è il tema centrale di quest’album, emerge non solo come il conflitto bellico fisico, ma anche come battaglia psicologica e ideologica. L’album esplora infatti come il concetto di guerra, pur nella sua dimensione violenta e distruttiva, si intrecci inesorabilmente con il nostro vissuto quotidiano e con le guerre invisibili, quelle che si combattono nella mente di ciascuno di noi. I conflitti non sono solo tra le nazioni, ma anche all’interno di ciascun individuo che si trova a confrontarsi con il proprio posto nel mondo e con i valori che gli sono stati inculcati. La guerra diventa così un paradigma che definisce e interroga il nostro essere nel mondo.
In questo contesto, INNI E CANTI si fa anche un’indagine identitaria profonda. L’album è intriso da una riflessione sul nostro rapporto con la memoria, il passato, e il nostro posto in un mondo che sembra rifiutare qualsiasi forma di pensiero collettivo. La domanda fondamentale che si pone è: “Chi sono quando non mi guarda nessuno?” Un interrogativo che attraversa l’intero disco e si manifesta in ogni singolo brano, creando una tensione tra l’individualità e il collettivo, tra la ricerca di un’identità stabile e il caos che ci circonda. L’indagine esistenziale è strettamente legata alla ricerca di un senso, che guida il percorso del disco.
Ma INNI E CANTI è anche una risposta alla disillusione. Non è solo una riflessione antropologica, ma una manifestazione concreta del lavoro collettivo e del DIY (Do It Yourself). Questo è il quarto album della band, e come i primi due, MILANO POSTO DI MERDA e FIDATY, è stato prodotto autonomamente. Tuttavia, in questo caso, il suono si fa ancora più viscerale e il ritmo più veloce, attingendo anche alla produzione di Super Soft Reset. Nonostante la band si divida tra diversi lavori e progetti, INNI E CANTI nasce da una concentrata intensità creativa che li ha visti unire forze e idee, senza fronzoli, senza maschere, ma con una determinazione feroce che è tipica del loro approccio DIY. Quattro giorni per arrangiare tutti i brani, tre mesi per registrarli e mixarli. Ogni membro della band ha contribuito in modo diretto alla scrittura e alla composizione dei brani, segno che l’autorialità è ormai diffusa e condivisa tra tutti, in uno slancio spontaneo proprio nella sua dimensione corale.
Infine, il disco si caratterizza per l’introduzione di alcuni elementi inusuali per un album punk rock, ma che trovano il loro posto naturale nell’immaginario sonoro dei GIALLORENZO. La fisarmonica e la cornamusa, strumentazioni poco convenzionali per il genere, non solo arricchiscono il paesaggio sonoro del disco, ma amplificano il concetto di INNI E CANTI come una sorta di cerimonia collettiva, un richiamo alle radici, alla tradizione e alla lotta per la resistenza. Inoltre, il cameo di Jacopo Lietti, una figura di spicco nell’emo italiano, nei cori di FINALMENTE ORSO, aggiunge un ulteriore strato di profondità, un legame con il passato e la memoria di chi ha costruito una certa scena musicale alternativa, configurando il disco come un vero e proprio canzoniere di trincea emo.
INNI E CANTI imposta quindi una riflessione radicale e profonda sulla nostra epoca, sulla memoria, sul conflitto e sull’identità. È un atto di resistenza, di unione e di lotta contro un presente che vuole ridurci alla distrazione sistemica, ma che non riesce a piegarci completamente. È il punto di arrivo di un percorso, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo per la band.
GIALLORENZO: IL FENOMENO DI UNA BAND CHE NON HA PAURA DI MOSTRARE IL REALE
Nati nel 2019 tra Milano e la provincia lombarda, i GIALLORENZO hanno saputo costruire una narrazione cruda e autentica della realtà urbana, trasformandosi in una band di culto nel panorama underground italiano. Con il loro disco d’esordio, Milano Posto di Merda (2019), hanno raccontato una città dove la poesia incontra il degrado, con uno sguardo cinico ma incredibilmente umano. Un album che ha conquistato pubblico e critica, portandoli tra i progetti più seguiti della scena alternativa. Fidaty (2020) ha spinto ancora più in là il loro sound, mantenendo il lo-fi come marchio di fabbrica, ma aggiungendo una maggiore attenzione ai dettagli sonori. Super Soft Reset (2022), invece, ha portato una nuova introspezione, con atmosfere più oscure e una ricerca sonora più stratificata e vicina al punk. Dopo tre anni di attesa, la band è tornata a sorpresa il 13 Febbraio con PER QUALCOSA O QUALCUNO, un brano estremamente genuino e umano, in contrasto con una musica pop sempre più standardizzata. Seguito poi il 10 marzo da IRAN e il 4 aprile con PER UN’ALTRA. Le tre uscite sono il primo passo verso Inni e Canti, un album che promette di mantenere la loro estetica senza compromessi, ma con uno slancio inedito.
Se MILANO POSTO DI MERDA era uno schiaffo in piena faccia dato dalla realtà, INNI E CANTI è lo sguardo perso di chi cerca un senso tra il rumore di fondo del mondo.
