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DOMANI, 24 OTTOBRE, ESCE L’ALBUM “ENSEMBLE PER BIANCA

DOPO 22 ANNI BIANCA D’APONTE CANTA LE SUE CANZONI

Dieci brani, con la voce restaurata, curati da tredici produttori artistici. Ognuno ha scelto il colore che riteneva più adatto, valorizzando il timbro caldo della cantautrice, le sue idee e le sue intenzioni e rendendo questo lavoro più che mai attuale

PRESENTAZIONE: 25 OTTOBRE, ORE 11,30 – AUDITORIUM BIANCA D’APONTE – AVERSA

 

Si intitola “Ensemble per Bianca” (Gro dischi/Ird) ed è il primo album dove si potrà ascoltare la voce di Bianca d’Aponte cantare i suoi brani. Uscirà il 24 ottobre. Sarà presentato ad Aversa, in provincia di Caserta, nell’ambito delle attività collaterali del Premio a lei dedicato, sabato 25 ottobre, alle ore 11,30 presso l’Auditorium Bianca d’Aponte (Via Nobel).

La cantautrice aversana è scomparsa nel 2003 all’età di 23 anni, proprio mentre stava lavorando al suo primo lavoro in studio, lasciando un un piccolo e ricco tesoro fatto di canzoni da lei scritte e interpretate, alcune poco più che abbozzi registrati su musicassetta a casa, altre già arrangiate, alcune delle quali pronte per la pubblicazione.

Lo scorso anno, dopo la realizzazione di un podcast di Rai Radio Techetè (La chitarra e una tazza da tè | Rai Radio Techetè | RaiPlay Sound) interamente dedicato a lei, alla sua vita artistica e al Premio, molti di quei brani sono stati riscoperti. Ed è così che un gruppo di amici e la famiglia d’Aponte hanno messo insieme le idee e le forze per realizzare finalmente questo primo album della cantautrice, anche grazie al contributo di NUOVOIMAIE.

Il materiale c’era, c’erano i mezzi tecnici per il restauro della voce – ad opera di Tommy Bianchi, sotto la supervisione di Foffo Bianchi – e c’era soprattutto la possibilità di coinvolgere gli artisti che ogni anno arrivano ad Aversa per e con Bianca.

Così è nato prima il gruppo “Noi siamo un Arcipelago”, che ha avviato e seguito il lavoro e le scelte editoriali e ora promozionali, composto da Elisabetta Malantrucco e da Mauro De Cillis, Enrico Deregibus, Duccio Pasqua, Ferruccio Spinetti, Cristiana Verardo e dall’organizzazione del Premio Bianca d’Aponte, e poi l’ “Ensemble per Bianca” composta dai produttori artistici Bianca d’Aponte, Fausto Mesolella, Ferruccio Spinetti, Giuseppe Gioni Barbera, Andrea Beninati, Bungaro, Mimì Ciaramella, Alessandro Crescenzo, Biagio Felaco, Saverio Lanza, Mauro Palmas, Marcello Peghin, Cristiana Verardo e dai musicisti Max Calò, Cristina Donà, Giulio Proietti, Raffaele Quarta e Sandro “Raff” Rosati.

Sono stati scelti dieci brani, che sono stati opportunamente restaurati, e ogni brano è stato affidato ad un musicista dell’Ensemble per l’arrangiamento e la produzione. Ognuno ha scelto il colore che riteneva più adatto, valorizzando la voce calda di Bianca d’Aponte, le sue idee e le sue intenzioni, rendendo questo lavoro più che mai attuale.

Se non sapessimo nulla di Bianca d’Aponte, della rassegna che ha il suo nome e che oramai rappresenta un punto di riferimento per molte cantautrici – scrive il giornalista e critico musicale John Vignola, che firma l’introduzione al disco – rimarremmo in ogni caso colpiti dall’essenzialità poetica di questa raccolta: non solo per le immagini, le istantanee che attraversano e uniscono paesaggi, sentimenti e personaggi, ma soprattutto per l’efficacia nel mettere assieme concisione e lirismo, evitando retorica e divagazioni gratuite. (…) Nelle tracce c’è qualcosa di cristallino, che a vent’anni, quelli che aveva l’artista, non è ancora incrinato dalle inevitabili disillusioni e nemmeno da ripensamenti, malizie tecniche o necessità, per così dire, mercantili. Rimane uno slancio creativo che vola verso un orizzonte lontano altri vent’anni, l’età oramai superata del Premio e qualcuno in più dalla scomparsa di Bianca, anni che non sono riusciti a scalfire una tale freschezza di musiche e di parole”.

L’album, masterizzato da Alessandro Guasconi, esce in distribuzione fisica e digitale.

Il cd è accompagnato da un elegante booklet; l’artwork è realizzato dall’artista e illustratrice Clelia Bove in arte Clelia Le Boeuf e il progetto grafico è stato curato da Rita Zunno, che ha realizzato anche il logo delle celebrazioni per i 2500 anni della fondazione della città di Napoli.

Resta da annotare che i testi contenuti nel libretto, per scelta dei promotori, sono quelli ritrovati tra gli appunti di Bianca d’Aponte e, talvolta, presentano delle discrepanze rispetto al cantato.

 

TRACKLIST, ARRANGIATORI E MUSICISTI

1) ANIMA SCALZA 4:09

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione F. Mesolella, F. Spinetti, M.Ciaramella, A. Beninati

Fausto Mesolella – chitarra

Ferruccio Spinetti – contrabbasso

Mimì Ciaramella – batteria

Andrea Beninati – violoncello

2) BENVENUTO ANCHE A TE 3:04

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione Fausto Mesolella – chitarra

3) CANTICO DEI MATTI 3:02

Testo e musica Bianca d’Aponte (versione originale)

Arrangiamento e produzione Giuseppe Gioni Barbera 

Sandro “Raff” Rosati – basso

Giulio Proietti – batteria

Giuseppe Gioni Barbera – pianoforte

4) CANTO DI FINE INVERNO 2:46

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione Cristiana Verardo

Cristiana Verardo – chitarra classica, chitarra percussiva, cori

RafQu – chitarra elettrica, basso, tastiere, synth

 

5) CLESSIDRA 3:40

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione Saverio Lanza

Saverio Lanza – chitarre, basso, cori, keys

Cristina Donà – cori

6) COME DOROTHY 3:48

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione B.d’Aponte, B. Felaco

Biagio Felaco – chitarra

7) MARY 4:32

Testo e Musica Bianca d’Aponte, Oscar Avogadro

Arrangiamento e produzione Alessandro Crescenzo

Alessandro Crescenzo – pianoforte, chitarra, basso, batteria, percussioni, synth

8) NINNA NANNA IN RE 4:25

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione Mauro Palmas, Marcello Peghin

Marcello Peghin – chitarra

Mauro Palmas – liuto cantabile

9) RESPIRA PIANO 2:39

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione F. Spinetti, A. Beninati

Biagio Felaco – chitarra

Ferruccio Spinetti – contrabbasso

Andrea Beninati – violoncello e percussioni

10) STRANIERO 3:06

Testo e musica Bianca d’Aponte

Arrangiamento e produzione Bungaro

Bungaro – chitarra

Max Calò – pianoforte, glockenspiel

 

GUIDA ALL’ASCOLTO COMMENTATA a cura di ELISABETTA MALANTRUCCO

1) Anima scalza

Chi vuole conoscere il pensiero più profondo e l’interpretazione del mondo di Bianca d’Aponte deve cominciare dall’ascolto di questa che è una vera canzone “manifesto.” È un brano dall’andamento crescente: la vita riduce di momento in momento gli spazi del gioco, del sogno, della fiaba. Si diventa adulti, travolti dalle incombenze di ogni giorno, ma anche dalle distorsioni meccaniche dello sviluppo umano, fatto di tecnologia: una serie di immagini inquietanti, facce senza odore, parole che diventano rumore, distacco da ciò che ci rende uomini e donne. Bianca no: Bianca – cominciamo a scoprirlo già da questo primo pezzo – è un’anima che va scalza per il mondo, zaino in spalla, per conoscere, esplorare e sognare. E il tempo per sognare, attenzione, non lo vuole comprare: non lo intende come quel bene di consumo che è per tutti noi il cosiddetto “tempo libero,” che ci illude con una libertà di cartone. Bianca quel tempo lo vuole “rubare”. Scelta dalla madrina Tosca in una intensa rilettura, la canzone è stata scritta nel marzo del 2001; Bianca la inserisce tra quelle da incidere come provino, allo scopo di inviarla a Caterina Caselli. Ad accompagnarla, la chitarra di Fausto Mesolella: il loro incontro è miracoloso e questa versione è stata arricchita, oggi, dell’arrangiamento di Ferruccio Spinetti, Mimì Ciaramella e Andrea Beninati: un incontro di corde e batteria che accompagna l’incedere in crescendo della voce e delle parole di Bianca, dando loro una spinta decisiva.

2) Benvenuto anche a te

Brano scritto da Bianca nel luglio del 1998, di ritorno dalla Liguria, dopo aver fatto un’esperienza col gruppo Lythium, conosciuto all’Accademia della Canzone di Sanremo l’anno prima. Si tratta di un pezzo importante per la cantautrice aversana, perché è tra quelli che decide di incidere, grazie ai consigli (e la chitarra) di Fausto Mesolella: come “Anima scalza,” si tratta di un provino destinato a raggiungere Caterina Caselli e la sua casa discografica. Ed è proprio questa versione, opportunamente pulita e restaurata, che l’album ripropone. Del resto, anche la madrina Mariella Nava, quando la sceglie, decide per l’accompagnamento di Fausto Mesolella e, come suol dirsi, è buona la prima. In effetti qui, più ancora che in altre occasioni, voce e testo si confondono e ci confondono, mentre la chitarra di Mesolella regala loro il tappeto sul quale poggiarsi morbidi per offrirsi all’ascolto. Che sia scoperta o consapevolezza, questa canzone (dove non a caso si ritrova l’anima nobile, libera, nomade e la nenia gitana che tornerà ancora a indicare una strada, come sirena indica la rotta al navigante) parla di dolore, di estraneità, di sorte ruffiana perché, accattivante, nasconde comunque il male in agguato e, infine, parla di “morte puttana”. Bianca a 18 anni appena, dà quindi il benvenuto al “lato oscuro della luna”, al buio, al fratello smarrito che si confonde in un mondo incapace di comprendere. Sembra quasi il fratello che guarda il mondo di Ivano Fossati “e il mondo non somiglia a te”: che è poi lo straniero, il diverso, l’incompiuto, l’evanescente.

3) Cantico dei matti

Tra le canzoni di Bianca, questa è – se non la più importante – di certo la decisiva, quella capace di aprirle anche le porte della BMG. Il brano viene scritto nel 2000 ad Aversa, che, vista la presenza anche ingombrante del Manicomio criminale, la ex Real Casa de’ Matti, deve essere stata una fonte di ispirazione notevole per la giovane cantautrice. L’incontro con Claudio Misculin dell’Accademia della Follia di Trieste la spinge ad un periodo di volontariato presso questa struttura. Qui Bianca insegna a cantare e a fare teatro ai carcerati, oltre che ai bambini down e naturalmente ai malati psichiatrici. E proprio qui gira il suo unico videoclip con una versione del brano molto potente, molto “suonata”, molto ritmata. Ci sembra però che l’arrangiamento di Gioni Barbera sia più vicino allo spirito intimo di questa canzone, che parla di matti, senza dubbio, ma lo fa mettendoli nella stessa condizione dell’artista. Ed è l’artista, ovvero il matto, che qui osserva il mondo, un mondo che dall’esterno non capisce e ha paura: “Ma gli ideali non chiedono tanto: basta niente che scoppiano in canto”. Del brano esiste una seconda versione, quella che nasce dalla collaborazione con Oscar Avogadro, proprio durante il lavoro che doveva precedere l’uscita del disco. In questa seconda faccia, i protagonisti diventano i giovani impegnati come Bianca, quelli delle occupazioni scolastiche e della militanza sociale e politica. Una versione forte, ma forse non universale quanto la prima: quella di un mondo di emarginati che però “piacciono ai gatti”. Brunella Selo, la prima madrina del Premio d’Aponte, ha scelto la versione di questo disco, mentre Fausto Mesolella, sempre in quella prima edizione, ha accompagnato con la sua chitarra la voce di Bianca nella seconda.

4) Canto di fine inverno

Bianca ha una vena popolare molto spiccata che si ritrova in molte sue canzoni. È il caso di questo brano, un inno non tanto alla primavera, quanto all’attesa piena di speranze del suo arrivo. Bianca d’Aponte lavorava molto per immagini, che sapeva rendere alla perfezione, usando gli accordi e le parole come fossero pennelli. Così ci sembra di vederlo questo bambino che giocando a nascondino si libera della sciarpa di lana mentre corre. E in questa aria che volge al sereno si consuma anche un piccolo poema d’amore che dura il tempo di un tramonto e di una notte e che resta lì, come un punto fisso nell’eternità. Sembra una novella del Decamerone o, meglio ancora, una storia rubata a Lo cunto de li cunti. Forse per questo è stata scelta a suo tempo dalla madrina Fausta Vetere. Ma, a sorpresa, l’aria “elettrica”, i cori e l’andamento percussivo scelti da Cristiana Verardo, mettono ancor più in risalto lo spirito fiabesco del brano, rendendolo quasi ipnotico. Ne esce fuori una produzione moderna e attualissima e non è poco per un pezzo scritto nel marzo del 2000.

5) Clessidra

Bianca d’Aponte, spirito libero e nomade, è sempre alla ricerca di ispirazione dalla vita, dai luoghi, dalle persone intorno a lei. Così, dopo la maturità, comincia il suo viaggio verso nuove esperienze e nel 1999 va a lavorare per qualche mese in un agriturismo in provincia di Grosseto, svolgendo tutte le mansioni, dall’agricoltura alla pastorizia. Al ritorno da questo viaggio, verso la fine dell’anno scrive questo brano, che probabilmente a questo luogo e a quei giorni è legato. È un addio di due amanti, il cui tempo segnato da una clessidra (e quindi già dall’inizio con una durata consapevolmente stabilita) è già terminato. Un addio tra due anime libere e pure da una parte, ma anche un congedo che somiglia a un dono da scartare nei momenti più difficili. È un fatto che l’incontro vivo e vero delle emozioni, dei sentimenti e del dolore tra anime che si mettono in gioco non possa essere scalfito davvero dal tempo, dalle separazioni, dalle necessità della vita o dalle incompatibilità pratiche. Ma sorprende che ad averne consapevolezza sia una giovanissima donna, che ha appena cominciato ad affacciarsi alla vita. Sia come sia, di “Clessidra” aveva dato una bella lettura in acustico la “madrina” Petra Magoni, ma la eco di queste anime e il vibrare potente di queste verità emergono e vengono potentemente messe alla luce dal sound elettronico ed elettrico scelto da Saverio Lanza e dal coro evocativo di Cristina Donà. La voce calda, calma, consapevole e adulta di Bianca ne esce ancor più viva e contemporanea. Sorprende anche come la forza del testo, con le sue ambiguità, arrivi inesorabile alle orecchie di chi ascolta: “puoi portarti via tutte le parole che ho per te ed ognuna ti canterà di me”.

(Il singolo che ha anticipato l’album: Clessidra (Bianca d’aponte))

6) Come Dorothy

Bianca scrive questo brano nel giugno del 2001, ispirata dalla storia del “Meraviglioso mago di Oz”, il romanzo per ragazzi di inizio secolo scorso, di Frank Baum, poi ripreso con successo in un musical e nel celebre film con Judy Garland. La vicenda è nota: la giovane Dorothy viene trascinata via col suo cane da un vero uragano, finendo in un mondo incantato. Bianca sogna di essere trascinata via dallo stesso uragano e di portare con sé non un cane, ma poche cose per lei indispensabili: “la chitarra e una tazza da tè”. Bianca ne è convinta: un giorno partirà con il sole, senza sapere verso chi o cosa: “Somewhere, Over The Rainbow…”, uscendo così da un momento di immobilità, abbandonando luoghi che le vanno stretti e che non le appartengono. Inutile dire quanto questa canzone sia evocativa, se si pensa al destino della giovane cantautrice. In realtà la poetica di Bianca è tutta racchiusa in queste parole: l’anima scalza, nomade e la necessità di andare, non come inquietudine ma come ricerca di quel nuovo e quel diverso che davvero le somigli. Per questo brano, interpretato dalla madrina Andrea Mirò, si è scelto di lasciare il vecchio arrangiamento, doviziosamente restaurato. Si tratta di un provino registrato presso lo Zoo Recording dell’amico carissimo Salvatore Prezioso. La chitarra è di Biagio Felaco. Salvatore ha assicurato che registrare con Bianca significava andare sul velluto e che era sempre… buona la prima!

7) Mary

Non sappiamo in che anno sia stata scritta questa canzone così fresca e così legata alla sua giovinezza, ma conosciamo tutta la storia che si nasconde dietro note e parole. Mary è un’amica carissima di Bianca, “l’amica del cuore” dicono ancora oggi le adolescenti e le giovani donne, parlando delle loro prime compagne d’avventura. Un giorno, dopo un viaggio a Bologna, le due amiche però hanno una brutta discussione e per un po’ non si parlano. Ma si dà il caso che una delle due sia una cantautrice molto dotata e che decida di usare il miglior strumento che ha a disposizione per cercare di nuovo l’incontro. Ascoltare questo brano non può che far sorridere e riempire di ricordi personali qualsiasi donna che abbia avuto per avventura un’amica. Pasolini diceva che nulla come una canzone può suscitare quelle che Proust, parlando di certi biscotti, chiamava “le intermittenze del cuore”: “Mary” è una vera madeleine da gustare. Non a caso Oscar Avogadro, che ha accompagnato Bianca negli arrangiamenti e nella produzione di quello che doveva essere il suo primo disco, l’aveva scelta per i primi provini e sulla medesima aveva molto lavorato. Interpretata dalla madrina Ginevra di Marco, in questa versione è stata arrangiata e prodotta da Alessandro Crescenzo – che dirige da molti anni la Resident Band del Premio – rendendo viva e ricca la grande freschezza del testo, che anche grazie all’uso del sinth arriva forte e immediato.

Per chi desidera comunque sapere come è andata a finire questa storia, possiamo rassicurare sul fatto che dopo l’ascolto del brano le due amiche hanno fatto pace. Intanto Mary ha avuto una bambina. Che, naturalmente, si chiama Bianca.

8) Ninna Nanna in Re

Scritto ad Aversa a fine luglio 2003, questo brano si allontana decisamente dalla linea (non solo) musicale che Bianca e i suoi produttori di allora stanno dando all’album di prossima uscita. Una lontananza subito notata dalla mamma Giovanna; la figlia risponde che quella canzone non è per il disco: l’ha scritta per lei stessa. Come sappiamo, Bianca non segue un’unica vocazione musicale. E in questo caso il rimando alla “nenia gitana” (che ritorna ancora dopo “Benvenuto anche a te” ed è stata ascoltata chissà dove durante i tanti peregrinaggi), e alla musica popolare è evidente. Lo è anche per Elena Ledda, che la sceglie, quando diventa madrina del Premio, perché la sente nelle sue corde e la canterà anche in sardo nel suo album “Làntias”, preceduta da un’altra voce della musica popolare d’autore italiana, Francesca Incudine – già vincitrice del Premio d’Aponte – che nel suo album “Iettavuci” sceglie di inciderla in siciliano. Questa vocazione popolare del brano è ripresa in modo particolarmente felice dal liuto e dalla chitarra di Mauro Palmas e Marcello Peghin, che elegantemente creano l’atmosfera per questo accompagnamento al sonno, in un buio che non può far paura perché nel cielo si riflette un’immagine… forse di un bambino e una madre, forse di due amanti, o forse di una giovane cantautrice a cui il sonno spalanca porte ancora chiuse.

9) Respira piano

Scritta nel marzo del 2000, questa è una canzone d’amore che riesce a volgere in immagini la fantasia di una persona innamorata. Come in “Clessidra” questa è una storia che prevede già una fine, un termine, un orizzonte che appiattisce anche il ricordo e farà male, ma se nel primo caso tutto già è finito e si è consumato, qui siamo nel pieno amoroso e questo è il momento in cui si tesse, delicatamente, la trama di un sentimento. Grazia di Michele, nell’anno in cui è madrina, la sceglie dal repertorio della cantautrice aversana. La versione che ascoltiamo in questo album è quella registrata da Bianca nello studio di Salvatore Prezioso, con ogni probabilità negli stessi giorni in cui registra anche “Come Dorothy”: la chitarra, infatti, è ancora una volta quella di Biagio Felaco. Su questo tessuto musicale, i produttori Spinetti e Beninati hanno cucito un ricamo di archi e percussioni che innanzitutto “impreziosisce” la tela finale, ma soprattutto rende avvolgente e reale questo sogno d’amore. Perché le canzoni sono quasi sempre d’amore a sentire molti esperti della materia. Ma c’è modo e modo di raccontarlo. Quello di Bianca è particolarmente speciale.

10) Straniero

Se “Anima scalza”, con cui si apre il disco, ci rivela subito lo spirito e l’interpretazione del mondo di Bianca, tratteggiandone stile e poetica, “Straniero” è il suo specchio delle brame. Di questa canzone esistono molte versioni e demo, fino al provino realizzato con Oscar Avogadro. In ogni caso sembrava far fatica a trovare il suo andamento, o meglio, la sua natura musicale. Bungaro finalmente l’ha rintracciata, cercandola soprattutto in mezzo alle parole, intuendone il senso più profondo, rallentandola, dandole un ritmo “più leggero,” per parafrasare il titolo di un altro pezzo della nostra cantautrice. Lo “Straniero” del brano è l’alter ego di Bianca, è quello che ha gli “occhi di chi crede e spera che per ogni stella che cade poi ne nasca una nuova”; un clochard che sorride alle monetine lanciate dal passante e che viaggia su un treno col suo cane Nero (di nome e di fatto). Lo stesso treno dove viaggia l’autrice che si sente soffocare, malgrado il treno stesso non le sembri “pieno”: “straniero portami con te” aggiunge la cantante: “nel tuo viaggio, nelle storie, guidami nel mondo che c’è in me”. In lei, in Bianca d’Aponte, anima gitana, scalza e nomade che ancora oggi descrive per immagini suoni e sensazioni, magari con una chitarra e una tazza di tè, nel mondo del Mago di Oz, che, chissà perché e come, ci pare somigli molto al nostro “Straniero”.

Daniela Esposito strategie.de@gmail.com 3388782983

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