É disponibile da venerdì 30 maggio 2025 per Piuma Dischi, il nuovo EP di Desìo, cantautore classe 2003 – cresciuto in una famiglia amante della musica, si è avvicinato presto al pianoforte e alla batteria, sviluppando una passione che lo ha portato a intraprendere la carriera musicale.
“Via”, questo il titolo disco, è un nuovo è importante capitolo di un viaggio interiore, un percorso che attraversa sette canzoni nate in un grande momento buio. Un giorno tutto sembra andare per il meglio, e quello dopo, improvvisamente, crolla ogni certezza. Paure, ansie e dubbi diventano compagni di viaggio inevitabili. Come si supera un periodo del genere? Non esiste una risposta semplice, ma una possibilità è mettersi in movimento: viaggiare, cambiare prospettiva, liberare la mente da tutto ciò che la opprime. “Via” è proprio questo: la ricerca di un’uscita, di una strada nuova, anche quando sembra impossibile trovarla.
Ci ha incuriositi la sua collaborazione con Jurigami, la sua vita ai Phaser Studios, questo nuovo disco che sa di casa, ma parla di andare via.
- In “via” c’è una coerenza sonora evidente, ma rischia a tratti di diventare un rifugio sicuro. Hai mai avuto il timore che questa coesione potesse tradursi in prevedibilità?
In tutta onestà, quando ho scritto le canzoni, non pensavo nemmeno di farle uscire. Era semplicemente un modo per liberarmi da un peso e mettere ordine nei pensieri che mi affollavano la testa. Poi, parlando con Jurijgami, il mio produttore, ho capito che forse pubblicarle poteva avere un senso: non per “fare uscire un disco”, ma per dare una forma a un momento molto buio. Abbiamo scelto di mantenerle piano e voce, non per un’estetica precisa, ma perché tutto il resto sarebbe sembrato superfluo, e perchè pensavamo che l’emozione che c’era nei testi doveva rimanere così, nuda.
- Alcuni testi sembrano sospesi tra l’impulso lirico e un certo pudore espressivo. Hai mai pensato di spingerti più in là, anche a costo di risultare scomodo?
Per me è già stato un passo enorme raccontare le mie fragilità, le ansie, le paure più intime… è qualcosa che non mi viene naturale, soprattutto perché sono una persona molto introversa, ma sentivo il bisogno di farlo. Con il tempo spero di riuscire a scavare ancora di più, ma ritengo che anche solo riuscire a parlare di vita vera e sentimenti reali, per me, sia già un traguardo importante.
- In un panorama musicale sempre più affollato da cantautorato malinconico e sonorità ovattate, cosa credi che distingua davvero desìo da altri progetti affini?
Credo sia proprio la sincerità con cui scrivo. Non filtro quasi nulla, nel bene e nel male, e racconto quello che ho vissuto davvero, senza pensare troppo a come suonerà. E questo EP ne è la prova: non è pensato per piacere a tutti, ma per essere autentico. È nato in un momento difficile e doveva suonare esattamente così, anche a costo di risultare “troppo malinconico” per qualcuno. Non sarà sempre così, e già i prossimi brani saranno più leggeri, anche nel ritmo. Questo era solo il capitolo che dovevo scrivere per andare avanti.
- L’EP gioca molto sulla sottrazione, ma la sottrazione è una scelta rischiosa: come decidi cosa lasciare fuori senza perdere densità?
In realtà non ho mai ragionato davvero su cosa tenere o togliere, è successo tutto in modo molto naturale. In quel momento non avevo né le forze né la lucidità per immaginare arrangiamenti complessi: avevo solo il bisogno urgente di esprimermi, e l’ho fatto nel modo più diretto possibile. Il pianoforte era l’unico strumento che sentivo mio, e la voce era tutto ciò che avevo per comunicare. Ho capito che l’intensità non sta nella quantità di suoni, ma nella verità di ciò che dici, e tutto quello che non serviva l’ho semplicemente lasciato fuori. Credo che in certi momenti, l’essenziale sia davvero l’unica cosa che conta.
“via” suona come un lavoro profondamente intimo, ma a volte sembra parlare più a sé stesso che a chi ascolta. Quanto è importante per te mantenere un ponte con l’ascoltatore?
Io credo che, quando si racconta qualcosa di molto intimo, può succedere che qualcuno non si senta coinvolto perché non ha vissuto quelle stesse emozioni. Tuttavia, ritengo che questo non sia necessariamente un problema, poiché un artista non dovrebbe scrivere per essere capito da tutti, ma per necessità. Detto questo, quando ho portato questi brani dal vivo prima di pubblicarli, mi sono reso conto che non ero così solo come pensavo, e molte persone mi hanno detto di essersi riviste nelle mie parole, anche in situazioni diverse. Credo che il punto di connessione nasca lì, quando qualcuno riconosce che è legittimo fermarsi, guardarsi dentro e fare i conti con ciò che non va. Io ho scritto per me, ma se qualcuno ci si ritrova, allora ha ancora più senso.