Nel nuovo progetto, Trilussa attraversa un percorso interiore fatto di cura, confessione e possibilità, dove l’amore non è il punto di partenza ma l’ultimo approdo possibile. Roma diventa una mappa emotiva più che geografica, l’autunno una metafora di trasformazione e la vulnerabilità una stanza a cui si accede con rispetto.
In questa intervista, l’artista racconta cosa significa imparare a convivere con le proprie ombre, accogliere le fasi più silenziose della crescita e lasciare che le emozioni seguano il loro ritmo naturale, senza forzarle.
INTERVISTA
1️⃣ Consolarsi, confidarsi, innamorarsi: è un ordine naturale o il percorso che vorresti imparare a vivere?
Direi che è un percorso che sto ancora imparando. Non sé se esista davvero un ordine naturale delle emozioni, però per me funziona così: prima devo rimettere insieme i pezzi, poi trovare il coraggio di dirli a qualcuno, e innamorarsi diventa una conseguenza.
Questi tre verbi sono un po’ come tre chiavi: una apre l’altra, e alla fine ti ritrovi in una parte di te che avevi paura di toccare.
2️⃣ In questo disco Roma sembra più emotiva che geografica: cosa rappresenta oggi per te, rifugio o inquietudine?
Roma per me è entrambe le cose, sempre nello stesso momento.
Non è una città, è più uno stato d’animo. Ci sono giorni in cui mi abbraccia e giorni in cui mi mette davanti allo specchio senza filtri. E in quel riflesso ci trovo sia il rifugio che l’inquietudine.
3️⃣ Hai parlato di “autunno dentro di te”: qual è la foglia che ancora non sei riuscito a lasciare cadere?
Quella della colpa. La sensazione di non essere mai abbastanza per gli altri, o di aver deluso qualcuno senza volerlo.
Quella foglia resta attaccata anche quando tutto il resto è già caduto. Forse rimane perché dovrei imparare a lasciarla andare, ma non ho ancora capito come si fa.
4️⃣ Se questo EP fosse una stanza chiusa, cosa diresti a chi entra senza bussare?
Gli direi di fare piano.
Perché in quella stanza ci sono le mie fragilità senza difese, e non voglio mascherarle. Chi entra merita di vederle per quello che sono.


