C’è un luogo che profuma di infanzia, ma potrebbe non essere mai esistito davvero.
Un campo di papaveri, una corsa, un ricordo che sembra appartenere a qualcun altro o a nessuno.
È da questa immagine sospesa tra realtà e sogno che nasce “Campo di papaveri”, il nuovo singolo di Thaeo, giovane cantautore capace di intrecciare poesia, confessione e sperimentazione in una scrittura personale e liquida, che sembra sempre in bilico tra ciò che è stato e ciò che poteva essere.
Dopo l’EP Adesso tutto sa di te, Thaeo torna con un brano che suona come una chiusura emotiva ma anche come un passaggio di testimone verso qualcosa di nuovo. Una ballata intensa, fragile, onirica.
In questa intervista ci racconta il dietro le quinte del pezzo, il suo modo di vivere la scrittura e le visioni che lo ispirano.
Intervista a Thaeo
1. “Campo di papaveri” nasce da un ricordo che forse non è mai esistito. Quanto conta, nella tua scrittura, la memoria immaginata rispetto a quella reale?
Credo che tutto ciò che riesco a immaginare sia fondamentale, soprattutto per non limitare la scrittura alle esperienze che vivo in prima persona.
Mi dà la possibilità di costruire mondi e dimensioni infinite, che mi servono per poter parlare di quello che voglio. A volte un’immagine inventata riesce a raccontare qualcosa di me molto più di una fotografia reale. E se anche quel campo di papaveri non esiste davvero, il sentimento che ci ho messo dentro è vero.
2. Nel nuovo singolo si percepisce una forte tensione tra innocenza e desiderio. Com’è stato per te dare voce a un sentimento così indefinito ma potente?
È stato molto bello e forte. Questo brano è uno di quelli che nascono velocemente, quasi di botto.
Non penso mai chirurgicamente a quello che sto dicendo, perché è come se la canzone si scrivesse da sé.
Quella tensione che citi non l’ho decisa a tavolino: è semplicemente venuta fuori, come un’emozione che trova da sola la sua forma e la sua voce.
3. Dopo l’EP Adesso tutto sa di te, “Campo di papaveri” sembra segnare un ulteriore passo verso un’identità sonora personale e riconoscibile. In che modo senti che stai evolvendo, anche a livello musicale?
Per me questo brano segna in parte la chiusura di un capitolo, anche a livello sonoro. È come se fosse una sorta di bonus track dell’EP.
In questo momento mi sto concentrando molto nello scrivere il mio primo disco, e l’unica aspettativa che ho è quella di sperimentare, di fare qualcosa che mi sorprenda e che mi metta alla prova.
Ho voglia di cambiare, di rischiare, ma anche di restare fedele a quello che sono.
4. I tuoi testi sembrano sempre sospesi tra poesia e confessione. C’è un’immagine, una frase o un verso che senti riassuma meglio chi è Thaeo oggi?
In questo brano, in particolare, mi piace molto la frase di apertura:
“Ti ho visto correre in un campo di papaveri, aprivamo i boccioli di quei fiori ancora chiusi.”
Ci sento la campagna dei miei nonni, la mia infanzia, un’immagine che mi rappresenta molto.
Mi piace usare il passato e cercare di far immergere chi ascolta nei miei ricordi, anche se magari non sono esattamente ricordi miei.
Credo che oggi Thaeo sia proprio questo: qualcuno che scrive per costruire ponti tra ciò che è stato, ciò che sembra esserlo stato e ciò che potrebbe ancora essere.