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Una reinterpretazione può essere un gesto di coraggio, ma anche un atto profondamente intimo. La nuova versione di Ci vuole un fisico bestiale firmata da TACØMA nasce esattamente da questo incontro tra rispetto, memoria e necessità espressiva. Il brano di Luca Carboni, pietra angolare del pop italiano degli anni ’90, diventa nelle mani dell’artista livornese un territorio da attraversare senza timore, trasformandosi in un’esplorazione sonora che intreccia grunge, shoegaze ed elettronica. TACØMA non cerca di sovrastare l’originale; prova piuttosto a dialogare con esso, a far emergere una sensibilità diversa, più ruvida, viscerale e stratificata.

La malinconia del brano viene ripensata come un’urgenza liberatoria, un impulso che prende forma attraverso chitarre dense di fuzz, atmosfere riverberate e una tensione emotiva costante. L’omaggio non rimane confinato nel rispetto per Carboni, ma si amplia fino a includere riferimenti al Seattle sound, ai Nirvana, agli Smashing Pumpkins e agli Slowdive, senza dimenticare la scuola italiana più affine alle distorsioni, come quella dei Verdena. La scelta di chiudere il pezzo con un accenno al celebre “a denial” è più di un semplice riferimento: diventa una firma emotiva, un ponte tra epoche e linguaggi che TACØMA attraversa con naturalezza.

Il momento di pubblicazione non è casuale. TACØMA si trova in una fase personale e artistica carica di cambiamenti, un periodo in cui la musica diventa ancora più rifugio e dichiarazione. Questo omaggio a Carboni arriva mentre l’artista si prepara a diventare padre per la prima volta, una condizione che amplifica la lettura del brano e ne sposta il senso verso una prospettiva nuova, più ampia e consapevole.

In questa intervista esploriamo il percorso che ha portato a questa reinterpretazione, le emozioni che l’hanno guidata e il significato che TACØMA attribuisce oggi a un classico capace di attraversare generazioni.

  1. Cosa ti ha colpito di più del brano originale di Luca Carboni quando hai deciso di reinterpretarlo? 

E’ un brano che ho sempre adorato fin da bambino e che ritengo attualissimo. Ho dei ricordi in macchina coi miei mentre alla radio passava questo pezzo iconico.

  1. Che importanza ha per te rendere omaggio a un brano iconico della tua generazione? 

Innanzitutto ho deciso di rendere omaggio a me stesso, perché questo è stato un anno da “fisico bestiale” per me e di conseguenza è un brano che mi rappresenta molto. E poi ovviamente a Luca Carboni, artista esemplare nel nostro panorama che ha passato la prova del tempo con grande spessore. Infine unire due mondi sonori, provenienti entrambi dai Novanta, è per me motivo di gratificazione e profonda fascinazione.

  1. Il finale include un richiamo simbolico a Smells Like Teen Spirit. Quanto il grunge americano ha modellato la tua visione artistica?

Beh direi totalmente. Nonostante negli anni le mie ispirazioni siano notevolmente mutate e si siano estese ad ogni genere e contaminazione, le band di Seattle rimangono ancora le mie band del cuore.

  1. Quando hai deciso di pubblicare Ci vuole un fisico bestiale, quali emozioni volevi trasmettere oltre la musica stessa? 

Trasmettere emozioni vere, autentiche, senza alcun secondo fine di “approvazione o arrampicata sociale”. Solo una mia reinterpretazione sincera.

  1. Guardando al futuro, quali esperimenti sonori ti affascinano e potrebbero apparire nei tuoi prossimi lavori? 

A inizio 2026 uscirà un EP che conterrà già sperimentazioni e sound nuovi. Per il futuro, vorrei concentrarmi ancora di più sulla commistione di vari generi, mescolando l’alternative all’elettronica senza manipolare troppo le produzioni ma facendo suonare tutto molto “real” anche se si usano strumenti digitali.

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