Domanda 1: Il flamenco è al cuore del tuo album, ma in Tablao Beat riesci a intrecciarlo con sonorità moderne. Come hai affrontato la sfida di mantenere intatta l’anima del flamenco pur spingendoti verso una dimensione contemporanea?
Risposta: Premetto che Tablao Beat non può essere definito un disco propriamente flamenco. Ogni pezzo dell’album è costruito a partire dalla struttura ritmica di un diverso stile flamenco (palo), ma con sonorità indipendenti e attinenti a stili musicali diversi. Da un punto di vista creativo, la sfida più grande del lavoro è stata uscire dai quattro quarti (il tempo a cui siamo abituati dalla musica pop), dal momento che tipicamente le ritmiche del flamenco si contano anche in tre, in sei, in dodici. Con questo progetto ho scoperto che quando l’utilizzo di ritmiche più complesse diventa un’opportunità piuttosto che un ostacolo, si aprono delle prospettive stupende. Ringrazio Filippo, il mio produttore, che pur non conoscendo il genere mi ha seguito con curiosità in questo esperimento.
Domanda 2: La protagonista del disco si allontana dal mito del successo facile e dal consumismo, cercando una connessione autentica con se stessa e con gli altri. In che modo questa ricerca riflette il tuo percorso personale e artistico?
Risposta: Lo stato d’animo della protagonista rispecchia il mio, ma anche quello di una serie di coetanei che ho incontrato negli ultimi anni. Anzi, mi sento di dire che è la condivisione di questa sensazione da parte di una comunità estesa di persone ciò che mi ha spinto ad approfondire la tematica. Viviamo in un’epoca in cui social network richiedono che ogni persona apra al mondo una finestra sulla propria vita; ci sono tante persone della mia età che, tuttavia, vivono questa presenza con malessere, incapaci di amministrare l’intrusione continua di contenuti e modelli disfunzionali nella propria quotidianità.
Domanda 3: Nella focus track Cariños – Farrucas parli di vuoti interiori e relazioni fugaci. Come pensi che la musica, e in particolare il flamenco, possa aiutare una generazione in cerca di significati a ritrovare se stessa?
Risposta: La ricerca per me è la chiave. Prima che uno svago, la musica è uno strumento di ricerca di noi stessi, di ciò che ci piace e di ciò che ci fa stare bene. Nel mio caso, per esempio, la connivenza di complessità e semplicità del flamenco mi ha permesso di inquadrare meglio il campo in cui la mia ricerca artistica si colloca. Penso che la ricerca dei significati sia una cosa molto personale e possa attingere a tutti i genere musicali, non solo al flamenco; il punto è riconoscerla come tale.
Domanda 4: Il tablao è un luogo fisico e simbolico, un palcoscenico di espressione e condivisione. Se dovessi immaginare il tuo “tablao ideale” per questo album, chi vorresti che fosse lì con te e quale messaggio vorresti che il pubblico portasse via?
Risposta: La vita mi ha già regalato il mio tablao ideale, quello che insieme a Carmen García, Ulysse Henensal, Elodie Roubert e Ana María Cornejo (ragazzi del flamenco che hanno preso parte al progetto fin dal principio) abbiamo portato in scena in occasione dell’uscita di Carmona il mese scorso. Lo spettacolo è un omaggio alla vita, e tornerà dal vivo in primavera. Per adesso, correte ad ascoltare Tablao Beat: spero che il disco possa farvi compagnia contro il freddo dell’individualismo in un mondo che si scalda.
