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Nel nuovo singolo “Cupido”, Shefi trasforma le sue poesie in versi rap, spingendosi oltre la semplice scrittura per regalare al pubblico una confessione sonora di emozioni autentiche. In questa intervista, l’artista ci guida attraverso le scelte creative che hanno dato vita a una delle tracce più intime della stagione, in bilico tra fragilità e forza, svelando come il contrasto tra desiderio e paura abbia trovato un habitat ideale in un beat notturno e avvolgente.

“Qual è stato il verso di ‘Cupido’ che ti ha convinto a trasformare le tue poesie in un singolo rap?”
Shefi: Il verso che mi ha davvero acceso qualcosa dentro è stato “Ho chiesto a Dio una scusa per farti restare / Ho detto una bugia per non farti più male.”
In quel momento ho capito che le mie parole non erano solo poesie scritte per sfogarmi, ma avevano un suono, un’urgenza, una voce che meritava di uscire. Quel contrasto tra il bisogno di trattenere qualcuno e il dolore che comporta farlo mi ha fatto capire che il rap poteva contenere tutta la mia verità, senza filtri.
Non volevo solo scrivere, volevo sentire ogni parola. E così “Cupido” è diventato il mio modo di fare pace con le mie emozioni, di dare ritmo alle ferite.

“Come hai scelto il beat notturno per dare corpo alle tue emozioni più intime?”
Shefi: Ho scelto un beat notturno perché riflette perfettamente lo spazio emotivo in cui nasce questo brano. Il beat cupo ma avvolgente crea una cornice sonora che permette al testo di respirare e di vibrare. Non volevo che la produzione sovrastasse il messaggio, ma che lo amplificasse.
In “Cupido” racconto una fragilità che non si vergogna di esistere. L’amore qui non è idealizzato: è fatto di promesse rotte, di scuse, di domande sospese. Ma è anche l’unico rifugio in cui trovo qualcosa di buono, di vero. Il beat notturno è stato il veicolo perfetto per dare corpo a questo conflitto interiore, a questa tensione tra il bisogno di essere amato e la paura di perdere tutto.

“In un mondo rap dominato da sfoggio di sicurezza, come ti proteggi restando vulnerabile nelle tue rime?”
Shefi: La verità è che io non mi proteggo, io mi espongo. La mia protezione è proprio la vulnerabilità. In un gioco dove tutti vogliono sembrare invincibili, io scelgo di mostrarmi umano. In “Cupido” non indosso maschere: parlo d’amore, di dubbi, di notti buie e giorni andati a puttane. Racconto le volte in cui ho mentito per non far male, in cui ho chiesto a Dio una scusa per tenere vicino chi amo. Queste non sono debolezze, sono cicatrici aperte che diventano versi.
E quando la gente le ascolta e ci si rivede, capisco che essere vero è l’unico modo per non cadere nel finto. Non c’è niente di più potente di una verità detta piano, ma che arriva forte.

“Che effetto ti fa sapere che ‘Cupido’ uscirà proprio all’inizio dell’estate, stagione d’amore per eccellenza?”
Shefi: Sapere che “Cupido” uscirà proprio all’inizio dell’estate ha per me un significato quasi simbolico. L’estate è la stagione in cui i sentimenti si amplificano, le emozioni diventano più vere, più libere, e l’amore—“in tutte le sue forme”—trova spazio per esplodere o per rinascere.
Questo brano nasce da un’urgenza emotiva: racconta la vulnerabilità, le domande che ci si fa quando si ama davvero, i dubbi, le paure, ma anche la forza che si trova nell’altro. È una dichiarazione d’amore, ma anche una riflessione su quanto l’amore ci cambia, ci insegna, ci salva. Uscire in estate, rende tutto ancora più potente.
“Cupido” non è solo una canzone, è una promessa: esserci, sempre, anche quando è difficile. E forse non è un caso che arrivi ora, quando abbiamo più bisogno di ricordarci che l’amore—quello autentico—può essere ancora una direzione, un rifugio, una cura.

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