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Con Opopomoz, il suo primo album solista, SANO apre una nuova pagina artistica senza rinunciare alle radici che hanno caratterizzato il percorso con Thru Collected. Un lavoro urgente, viscerale e non addomesticato, nato dalla necessità di raccontare con linguaggi più accessibili senza rinunciare alla propria identità. Nel dialogo con il MEI, il cantautore napoletano approfondisce il concetto di autenticità, il rapporto con la città, la scintilla creativa e la dinamica – intensa e sperimentale – della collaborazione con Drast e Rainer Monaco.


INTERVISTA — MEI

1️⃣ Opopomoz segna un passaggio dall’underground al pop senza rinnegare le radici. Quanto è stato difficile mantenere autenticità pur aprendoti a un pubblico più ampio?
Allora, Opopomoz non segna propriamente un passaggio dall’underground al pop. Può essere visto forse da fuori un po’ così, ma non è esattamente così; semplicemente c’è stata un’intenzione, nemmeno troppo violenta e pensata, di poter fare qualcosa di più fruibile in generale, senza scendere al compromesso di cercare la cosa più strana, diciamo. L’autenticità è sempre la stessa, perché è più un discorso di intenzioni e di finalità, e le mie sono sempre state quelle di provare a raggiungere un pubblico, qualcuno che effettivamente si potesse rivedere o potesse apprezzare le canzoni che scrivo.

2️⃣ Il disco nasce da una scrittura urgente, quasi necessaria. Qual è stata la scintilla che ti ha fatto capire che era il momento di fare il tuo primo lavoro solista?
La scintilla è stata Calore, una canzone scritta un anno fa o poco più che mi ha fatto rendere conto che effettivamente avevo qualcosa da fare da solo; per due minuti, tre minuti di canzone avevo qualcosa da dire, avevo un’idea da proporre. Quindi l’ho fatta sentire a Drast e a Bomba Dischi e abbiamo concordato che da quella cosa poteva partire il progetto di fare un disco.

3️⃣ Napoli è più di un luogo nei tuoi brani: è linguaggio, ritmo, visione. In che modo la città continua a influenzare la tua ricerca musicale?
Napoli influenza la mia creatività, le canzoni, la musica che faccio e la mia ricerca musicale perché è il luogo dove succedono le cose che racconto nelle canzoni o nelle cose che suono. È onnipresente non per scelta ma perché vivo qui e quindi di conseguenza entra da tutte le parti e forse io non ne sono neanche così tanto consapevole.

4️⃣ Lavorare con Rainer Monaco e Drast ha costruito un equilibrio particolare tra mondi diversi. Cosa hai portato tu in questa triade creativa e cosa hai ricevuto?
Lavorare con Rainer e Drast è stato molto interessante, era anche una prova, quasi un esperimento sociale che volevo portare a termine. È stato bello, difficile a tratti ma non troppo. Io fungevo da punto di congiunzione tra due visioni, ero una sorta di filtro, avevo questo scopo nella triade.

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