Con HERE, RBSN firma il lavoro più maturo e intimo della sua carriera: un disco che non descrive un luogo fisico, ma una mappa emotiva fatta di presenza, connessione e scoperta di sé. Tra live che diventano rituali, equilibrio tra luce e oscurità, comunità in costruzione e nuovi sensi di responsabilità personale, RBSN racconta un progetto che nasce da una perdita e si compie in una rinascita. Un viaggio interiore che attraversa fragilità, consapevolezze e un suono che abbraccia, accoglie e trasforma.
Un dialogo sul significato di “esserci davvero”, sulla maturità emotiva e sonora raggiunta con HERE, sul rapporto con la propria comunità e su come un album possa diventare un percorso di crescita interiore.
INTERVISTA — RBSN
In “HERE” parli di una mappa emotiva più che di un luogo fisico: cosa significa per te “esserci davvero”, oggi, dentro la musica e dentro te stesso?
Credo che il momento di assoluto presente sia un sottotesto di HERE, ma soprattutto adesso questo “momento” è il live. Sia da un punto di vista tecnico, quindi un luogo in cui lasciarsi andare, sia per una connessione più spirituale, più presente e meno analitica con la musica.
Il disco alterna luce e oscurità, introspezione e groove: quanto è stato necessario perderti per arrivare a questa nuova maturità sonora e personale?
Quanto? Completamente. Ci sono molte esperienze dentro al disco, sia professionali che non, che al tempo magari mi sembravano insormontabili. Poi le ho messe in una canzone. Ritrovarsi e fare una scelta — di suono o personale — è il modo per capire ed affermare la propria maturità.
Dici che HERE è un segnale lanciato per costruire una community: che tipo di connessione sogni con chi si riconoscerà in questo universo sonoro?
Ho pensato a questa domanda a più riprese e si stanno manifestando, con l’uscita del disco, amici ed estranei con la loro lettura dei brani: è bellissimo. Il fatto che la sua eco sia così personale mi rende molto felice.
L’altra cosa che ho pensato è che vorrei riunire chi è incuriosito da questo mondo sonoro in un luogo tipo studio, per un’esperienza speciale. Chissà che in futuro non si faccia un live in uno studio particolarmente adatto in Italia…
Se questo album fosse un viaggio interiore, quale parte di te senti di aver scoperto per la prima volta proprio durante la sua creazione?
Devo dire che questo album è proprio un viaggio interiore. Con HERE mi sono molto responsabilizzato: ho scoperto un nuovo senso di protezione e di grazia, ho familiarizzato col tema della morte e del lasciare andare, dell’incontro e della costruzione. Una grande porzione di crescita, insomma.


